Ovunque si parla di matrimonio e della sua crisi
Tempi duri per il matrimonio? La crisi del matrimonio tiene banco nell’attualità. Una famosa coppia di famosi (lei influencer e lui cantante) si lascia. Dopo immagini patinate di case, vacanze, vita sfarzosa, arriva la doccia fredda dell’allontanamento. A mostrare, una volta in più, che il denaro non solo non fa la felicità, ma nemmeno evita il dolore.
La stampa rilancia, probabilmente non in buona fede, le dichiarazioni di un cardinale sulle cause di nullità matrimoniali. E subito vengono interpretate da tanti come un via libera a un “divorzio alla cattolica”. Cosa sta avvenendo al matrimonio?
Quella follia meravigliosa del matrimonio
Il matrimonio è in crisi? È al capolinea? Giurarsi amore eterno eccede i nostri mezzi? Meglio una unione a tempo, rinnovabile con congruo preavviso, come si fa coi contratti di affitto? Davvero vogliamo vivere la nostra vita, abitando un’idea di precarietà matrimoniale inevitabile?
Sia chiaro, il matrimonio non è mai stato una cosa semplice e divertente. Ve lo ricordate lo scambio fra Gesù e i farisei?
Essi gli dissero: «Perché, dunque, Mosè comandò di scriverle [alla moglie] un atto di ripudio e di mandarla via?» Gesù disse loro: «Fu per la durezza dei vostri cuori che Mosè vi permise di mandare via le vostre mogli; ma da principio non era così». Matteo 19,7-8
Già al tempo di Gesù c’era chi divorziava. Lo chiamavano ripudio. Riguardava solo le donne, che venivano a noia al marito. Per Gesù, questa concessione di Mosè non è una conquista. E’ conseguenza della durezza di cuore di certi uomini. Una specie di compromesso negativo. Gesù ricorda ai farisei quale sia la legge di Dio, in merito al matrimonio:
«Non avete letto che il Creatore, da principio, li creò maschio e femmina e che disse: “Perciò l’uomo lascerà il padre e la madre, e si unirà con sua moglie, e i due saranno una sola carne“? Matteo 19, 4-5
Il matrimonio non è stato concepito per essere una unione a tempo, che segue il cuore degli uomini. Oggi sembra un’assurdità, lo so. Ma in un matrimonio cuore, innamoramento e sentimento non fanno la parte del leone. Un matrimonio che dura una vita è un fatto di accoglienza, rispetto, resilienza e determinazione. È una questione di testa, assai più che di cuore.
Il matrimonio non è per tutti
Nel 2005, Benedetto XVI aveva riconosciuto la dimensione del problema dei matrimoni falliti: “Sappiamo tutti che questo è un problema particolarmente doloroso per le persone che vivono in situazioni dove sono esclusi dalla comunione eucaristica e naturalmente per i sacerdoti che vogliono aiutare queste persone ad amare la Chiesa, ad amare Cristo. Questo pone un problema”. https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2021-11/nullita-matrimoniale-magistero-benedetta-xvi.html
Nessuno, dal vertice della Chiesa in giù, ignora o sminuisce l’immenso dolore che si vive in queste situazioni.
Correva l’anno 2011, quando Papa Benedetto XVI, disse una cosa così avanti rispetto ai tempi, che la maggior parte di noi non la comprese. Il Papa disse che:
“nessuno può vantare il diritto a una cerimonia nuziale. Bisogna adoperarsi affinché si interrompa il circolo vizioso che spesso si verifica tra un’ammissione scontata al matrimonio, senza un’adeguata preparazione e un esame serio dei requisiti previsti per la sua celebrazione, e una dichiarazione giudiziaria talvolta altrettanto facile, ma di segno inverso, in cui lo stesso matrimonio viene considerato nullo solamente in base alla costatazione del suo fallimento”. https://www.ilgiornale.it/news/papa-rivolge-appello-sacra-rota-basta-annullamenti-facili.html
Non esiste il diritto al matrimonio in chiesa
Allora non era ancora così forte il tema del diritto a qualunque cosa. Oggi, anni dopo, sappiamo di cosa Benedetto XVI parlava. Siamo immersi in una cultura che rivendica solo diritti. C’è il diritto al matrimonio in Chiesa, il diritto all’aborto. Il diritto a essere genitori a ogni costo, il diritto di porre fine alla propria vita. Dei doveri come: restare insieme una vita, accogliere i figli con amore, fidarci di Dio, nessuno parla.
Nessuno ha diritto al matrimonio sacramentale per il solo fatto di chiederlo. Al matrimonio, come agli altri sacramenti, bisognerebbe accostarsi dopo un percorso di maturazione e di fede. Sposarsi in chiesa non è una questione di tradizione. Non si fa perché la location è più suggestiva. O per far contenta mammà, che ci tiene tanto.
Il matrimonio cattolico è un sacramento che gli sposi devono amministrare per tutta la vita. Senza questa consapevolezza e questa piena volontà, è frequente che ci si perda per strada.
Se i fidanzati non mostrano sufficiente maturità per il matrimonio, questo non dovrebbe essere permesso. Non per cattiveria, ma per il loro stesso bene. Questi sposi dovrebbero essere rimandati a settembre (o a giugno, o ad aprile o a quando serve). Al momento in cui sono pronti. È un discorso delicato, scomodo, può apparire crudele. Tuttavia, preverrebbe molte sofferenze future.
Le ragioni della crisi
Cosa fare se il matrimonio ha seguito il suo corso e, a un certo punto, sembra in un vicolo cieco? La risposta oggi è molto spesso separarsi. Nessuno aiuta le coppie a superare le loro difficoltà. Di fronte a una crisi matrimoniale, spesso amici e parenti spingono per il divorzio. Consigliano un buon avvocato, invece di incoraggiare la coppia ad affrontare le incomprensioni e risolverle.
C’è una ricca narrazione di seconde possibilità, nuovi matrimoni, tagli netti e ripartenze. Il tema del salvataggio del matrimonio è molto meno popolare. Nessuno ne parla. Siamo disposti a investire un anno di tempo e tanti soldi per organizzare un matrimonio. Però sembriamo incapaci di tentare di ricucire una unione sfilacciata e stanca. Eppure, ne vale la pena.
Chi è sposato lo sa: è difficile far funzionare un matrimonio. È un’impresa mettere insieme due creature così costituzionalmente diverse come un maschio e una femmina. A maggior ragione in un mondo ostile. Malattie, problemi economici, piccoli e grandi egoismi, sono buche che rendono la via del matrimonio particolarmente accidentata.
Nella buona e nella cattiva sorte
Richiede un grandissimo lavoro. Anche così, resta al limite dell’umano. Per questo, Dio Padre ci ha dato il sostegno dello Spirito Santo. Non a caso, ci ha messo a disposizione la grazia sacramentale. Il resto, ce lo dobbiamo mettere noi sposi.
Ricordiamo prima di tutto a noi stessi che il matrimonio è indissolubile. Visto che lasciarsi non è possibile, bisogna farlo funzionare. Non parlo ovviamente di situazioni estreme, di coniugi violenti, che facciano uso di droghe, che giochino d’azzardo, che siano pericolosi per i loro cari. Quelli sono casi rari.
Io parlo del novanta e oltre percento di matrimoni fra persone per bene. Cosa succede se il partner si ammala? Oppure perde il lavoro? Se non è più bello, in forma, brillante come quando lo abbiamo sposato? Che cosa fare se la vita gli ha riversato addosso un enorme carico di delusione, dolore, fatica che gli ha cambiato il carattere?
La tentazione sarebbe quella di scappare. Di rifarsi una vita lontano da tanta sofferenza. A noi sembra una soluzione accettabile, perché immaginiamo che i problemi riguardino solo gli altri. Che le cose brutte non capitino a noi.
Se fossimo noi quelli malati, senza lavoro, imbruttiti dalla vita? Accetteremmo che l’altro ci abbandonasse al nostro destino infelice? O vorremmo che ci restasse accanto, che ci confortasse e ci aiutasse?
Perché il senso del matrimonio è proprio questa alleanza solidale. Questo: in salute e in malattia. Nella buona e nella cattiva sorte. A stare insieme in salute e nella buona sorte, non serve l’amore. Basta l’opportunismo.
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