Il ricco

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Il ricco e la fede

È più difficile essere un buon cristiano, per un uomo ricco? Il vangelo di Matteo riporta un episodio:

Un tale si avvicinò a Gesù e gli disse: «Maestro, che devo fare di buono per avere la vita eterna?» Gesù gli rispose: «Perché m’interroghi intorno a ciò che è buono? Uno solo è il buono. Ma se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». «Quali?» gli chiese. E Gesù rispose: «Questi: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso. Onora tuo padre e tua madre, e ama il tuo prossimo come te stesso». 

E il giovane a lui: «Tutte queste cose le ho osservate; che mi manca ancora?» Gesù gli disse: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi ciò che hai e dàllo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguimi». Ma il giovane, udita questa parola, se ne andò rattristato, perché aveva molti beni. Matteo 19, 16-22

Il giovane ricco desidera la vita eterna, ma meno di quanto ami le sue molte ricchezze. Non ha voglia di separarsi dai suoi beni, per questo non può davvero seguire Gesù. Il giovane ricco se ne rattrista, ma non abbastanza da convertirsi.

Il ricco nel regno dei cieli

Gesù è seduto fra gli apostoli, che lo interrogano.

Gesù allora disse ai suoi discepoli: «In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago Matteo 19, 23-24

E poco oltre, amplia il concetto:

Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Matteo 19, 29

Qual è il messaggio di Gesù? La ricchezza è un male e la salvezza è destinata ai poveri? Non proprio. Non è la ricchezza in sé, a creare un problema. Lo diventa solo se l’uomo si attacca ai beni materiali e non riesce più a separarsene. L’ostacolo alla vita eterna non è nascere ricco. Non è nemmeno diventarlo, se ci si guadagna queste ricchezze lavorando onestamente. Il vero problema è l’avidità. Il trasformare il denaro in un idolo e adorarlo, al posto di Dio.

Quando la ricchezza diventa idolo

L’indicazione agli uomini viene dal Deuteronomio:

 Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù in cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a quelle cose e non le servirai. Deut 5,8-9

Nessuna cosa e nessun idolo sostituisce la divinità. L’uomo che si prostra e serve questi idoli sta tradendo Dio. La ricchezza non è negativa di per sé. È l’uomo che può farne un uso cattivo. Il denaro dovrebbe essere solo un mezzo, non un fine. Uno strumento con cui acquistare il necessario per vivere bene, per prendersi cura delle persone di cui siamo responsabili.

San Tommaso d’Aquino ha scritto che “l’avidità è un peccato contro Dio, proprio come tutti i peccati mortali, in quanto l’uomo condanna le cose eterne per il bene delle cose temporali”. 

L’uomo che ha un rapporto sano con la ricchezza la usa a fin di bene. Controlla il denaro, non se ne fa controllare. Proprio perché ne capisce la funzione, non ama l’accumulo, ma è anche capace di donare parte dei suoi beni, a chi ne ha bisogno. Chi ama troppo la ricchezza, al contrario, diventa avido. Tutta la sua vita è indirizzata ad accumulare e trattenere i propri beni, che diventano l’unico valore.

Il concetto di generosità

Se l’avidità è attaccarsi al denaro, il suo contrario è la generosità. La generosità è una disposizione d’animo, non dipende da quanto si possiede. Esistono persone che sono estremamente generose, pur possedendo poco. E ci sono uomini ricchi, incapaci del minimo gesto di generosità. La generosità è soprattutto dare, donare, mettere in comune. Compiere un atto di generosità implica perdere qualcosa, rinunciarvi, cedendola a chi ne ha bisogno.

Questa rinuncia è una manifestazione d’amore. il più importante esempio di generosità, noi cristiani lo abbiamo davanti agli occhi, ogni volta che fissiamo il crocifisso. Gesù ha donato se stesso per noi. Ha rinunciato a quello che per molti è il sommo bene: la vita stessa. E lo ha fatto per amore. A nessuno di noi viene chiesto di fare altrettanto. Però essere generosi è un dovere. Una specie di requisito essenziale, nel mansionario del credente.

Esercizi di generosità

Come ci si allena alla generosità, al distacco dalle cose materiali? Cercando di donare. Non solo e non necessariamente denaro. Donare il nostro tempo, è un grande atto di generosità. Ascoltare gli altri, confortarli, tenere loro compagnia, offrirsi di aiutarli in qualche necessità pratica, è fare dono di sé. Rinunciare a qualcosa di non essenziale, per farne dono a chi può averne bisogno, è sicuramente un gesto generoso.

Per evitare l’avidità, bisogna poi educare sé stessi alla moderazione. È difficile, in questi tempi di consumismo sfrenato. Tutti siamo portati a desiderare e acquistare molte cose che non ci servono davvero. Per farlo, dipendiamo dal denaro. Abbiamo bisogno di accumularlo, di spenderlo. Molta parte della nostra giornata ruota intorno a questa quotidiana caccia all’oggetto, all’accessorio, al bene da comprare. In questa quaresima, possiamo fare un lavoro su noi stessi. Donando qualcosa a chi ci circonda e imparando a fare a meno di qualcosa.

È bene staccare la spina alla nostra compulsione a comprare, possedere, accaparrare. Chiederci ogni volta, prima di un acquisto, se ne abbiamo veramente bisogno. Se non possiamo, invece, fare fronte ai nostri bisogni, usando meglio le risorse che già abbiamo. In fondo è questo il vero spirito della creatività, non certo comprare cose estrose.

Ne abbiamo parlato qui: https://annaporchetti.it/2023/12/21/la-beneficenza-finta-e-la-carita-vera/

e qui: https://annaporchetti.it/2023/04/28/a-proposito-di-carita-intervista/

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