L’adolescenza è un gran bel posto, ma non ci vivrei. Ci penso ogni volta che ci ho a che fare. Sembra impossibile, ma anche noi abbiamo attraversato l’adolescenza. Ripensarci richiede un grande sforzo di memoria. E comporta un esercizio di stupore, Ma davvero ci vestivamo così? Davvero ci cotonavamo i capelli e li riempivamo di lacca finché non stavano in piedi da soli? Come abbiamo potuto sopravvivere a tutto questo?
Soprattutto, l’adolescenza rievocata nei ricordi è molto più eroica, piacevole, emozionante di quanto non fosse quando la vivevamo. A ripensarci adesso, il velo di nostalgia che la ricopre, rende romantica, edulcorata, idealizzata, la tempesta ormonale ed emozionale che abbiamo vissuto, fra i tredici e i diciannove anni.
Anche io ripenso con tenerezza all’adolescenza, agli anni del liceo, al nostro fardello tutto sommato minimale. Eppure, a concentrarmi bene, mi tornano in mente anche i lati negativi: il perenne senso di inadeguatezza, il non sapere chi si era né dove si voleva andare, la paura di sbagliare.
Va in onda l’adolescenza
Adesso che sono uscita dall’adolescenza da più di trent’anni, mi capita di viverla attraverso le mie figlie. A casa mia l’adolescenza va in onda in ogni sua più piccola declinazione. Non ci facciamo mancare nulla: le crisi di pianto, i mal di pancia pre-interrogazione, le paranoie sul peso. E poi le paranoie sui capelli, le paranoie sull’altezza, sulle gambe, sulla cellulite, sugli occhiali. Continuate pure la lista, con paranoie a piacere. Novanta su cento le abbiamo tutte.
Ormai siamo collezionisti di paranoie adolescenziali di ogni sorta. Gli adolescenti sono creature strane. Lo sono sempre state. Lo sono costituzionalmente, intrinsecamente, intimamente. Ogni generazione convoglia questa stranezza in forme diverse. La generazione odierna, per esempio, si è creata una dimensione parallela.
Le mie figlie e le loro amiche passano venti e più ore al giorno con le cuffie nelle orecchie. Cosa avranno mai da ascoltare per tutto quel tempo? Loro che non ti ascoltano quando gli parli. Al più ti percepiscono come un’interferenza, un brusio indistinto da connessione instabile, un fastidioso rumore di fondo. I ragazzi non leggono, si dice.
O, per lo meno, leggono pochissimo. Perché tutto quello che vogliono conoscere del mondo che li circonda, passa attraverso i loro ear pod. O al massimo dallo schermo del loro cellulare.
Adolescenti in divisa
Le mode sono sempre esistite e i giovanissimi ne sono sempre stati affascinati. È così anche per gli adolescenti di oggi Noi sfoggiavamo spalline da condono edilizio, giganteschi vistosi orecchini e collane in plastica, maglie di lana, felpe, magliette fluo. La nostra moda era colorata, eccessiva, sbrilluccicante. È per quello che io sono rimasta così: pataccara nell’anima. Sono una che si commuove davanti allo brilluccichio di un accessorio glitter. Tutta colpa degli anni della mia formazione estetica.
Gli adolescenti di oggi adottano spesso una divisa molto più sobria. Felpa scura e leggins scuri e il tutto generalmente oversize. Seguono la moda eppure sembrano perennemente in pigiama. Pare che abbiano addosso sempre le stesse cose, vestiti senza forma né bellezza. Tutto, negli adolescenti di oggi, sembra sottolineare che a loro non importa: del fisico, dell’aspetto, delle regole auree dello stile.
L’unico tocco fashion sono le scarpe: anfibi anche d’estate o una qualche variante un poco più femminile: stivali e stivaletti. E poi le scarpe da tennis. O meglio: non scarpe da tennis. Termine che loro rifiutano e reputano antiquato. Oggi si dice sneakers. E le sneakers non servono né per il tennis, né per la corsa, né per nessun altro sport. Perché sembrano scarpe sportive, ma non fatevi ingannare: ne hanno solo l’aspetto, il più delle volte non sono nemmeno comode.
Il linguaggio misterioso degli adolescenti
Il momento in cui ti accorgi che un alieno ha preso in ostaggio il bellissimo bambino (o bambina) generato dalle tue viscere, è quando l’adolescente apre bocca. Io credo che esista una lingua tutta loro. L’adolescentese.
Una lingua che loro capiscono perfettamente, ma tu no. Spesso avresti bisogno del dizionario e altre volte non ti basta nemmeno. Perché per certe espressioni gergali dell’adolescenza, non esiste un corrispettivo nella lingua degli adulti. Allora serve una perifrasi, una contestualizzazione, una spiegazione dettagliata di quello che volevano dire quando hanno detto quello che hanno detto.
E l’adolescente di solito non apprezza affatto la fatica immensa che fai per imparare a esprimerti nel suo idioma. La verità che gli adolescenti, anche quando sono i nostri figli, sotto sotto pensano che siano un po’ tonti.
Non solo che non li capiamo (questo sarebbe anche vero, in fondo). Piuttosto è che non capiamo in generale. Né della vita, né del mondo. Né niente di niente. Per loro siamo dei marziani che fluttuano nella contemporaneità come un pallone in mare. Galleggiamo appena, spinti alla deriva dalla corrente.
L’autorevolezza dei genitori
Non è facile essere autorevoli, con i figli che attraversano l’adolescenza. Per lo meno, non lo è per me. Lo trovo anzi difficilissimo. Per essere autorevoli bisognerebbe sapere sempre cosa fare. Barra a dritta e cose così. Io certi giorni non ho la forza di mantenere nemmeno i miei, di buoni propositi, figuriamoci quanto mi sento autorevole nel predicare a una figlia adolescente che deve mantenere i suoi.
Eppure, questo sporco lavoro genitoriale qualcuno deve pur farlo. E io penso che tocchi proprio ai genitori. Certo, sarebbe comodo farsi sostituire. Prendersi della genitorialità solo le cose belle: i momenti di gioco, di celebrazione, di divertimento.
Ci sono sempre più genitori che preferiscono delegare ad altri gli aspetti più spinosi dell’educazione dei figli. Alla scuola, ormai un enorme contenitore di tutto quello che la società moderna non sa più dove mettere. E poi l’oratorio, lo psicologo, gli scout, la tata, i nonni. Qualunque figura che, per dovere o amore, si prenda un pezzo del duro lavoro di stare coi giovani, mettendo qua e là qualche paletto, senza abbandonarli allo stato brado.
Spesso gli unici momenti normativi per i nostri figli sono quelli della vita di comunità. Un esercito di selvaggi che solo a scuola o in oratorio o nello spogliatoio della palestra vengono richiamati a qualche regola del vivere civile: parlare uno alla volta, chiedere il permesso, ringraziare, tenere in ordine le proprie cose, stare al proprio posto.
Navigare nell’adolescenza con scopi educativi
E invece questo a noi tocca, come dice San Paolo:
Certo, ogni correzione, sul momento, non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo però arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati. Ebrei 12, 11
Per questo mi cimento nella estenuante opera di educazione dei figli. Una cosa che richiede l’astuzia della volpe, l’abilità di un ambasciatore in zona di guerra, una capacità di comprensione al limite con la lettura del pensiero.
Educare un adolescente è uno dei compiti più faticosi di sempre. Figuriamoci due, tre, quattro, più adolescenti. Navigare l’adolescenza con scopi educativi è la vera sfida. Perché a loro, cuffiette nelle orecchie, il più delle volte appari come un pesce nell’acquario: una che muove labbra da cui non esce alcun suono. Ma anche ammesso che ti sentano, di solito non ti capiscono.
E allora come si fa? Con la strategia della goccia. Quella che scava la roccia. Lo dicono anche i Proverbi.
Abitua il giovane secondo la via da seguire; neppure da vecchio se ne allontanerà. Proverbi 22,6
L’adolescenza è un bel posto, ma non ci vivrei. Al massimo mi ci fermo ogni tanto.
Avevo parlato di simboli religiosi qui: https://annaporchetti.it/2022/11/08/le-dimensioni-contano/
e anche qui: https://annaporchetti.it/2023/06/26/montagna-croce-e-delizia/
e infine qui: https://annaporchetti.it/2023/04/08/sono-anticonformisti-i-cattolici-romani/
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