Biancaneve e l’amore che salva da sé stessi

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Giù le mani da Biancaneve

Biancaneve è salita alla ribalta della cronaca. Un’attrice e regista, autrice di una pellicola che s’intitola, se non sbaglio: “il film della Cortellesi”, ha guadagnato discreti numeri al botteghino. Quindi è stata incoronata opinion leader, maestra di vita e conferenziere ufficiale dell’impero.

Sempre così: se fai una cosa e ti va bene, diventi immediatamente super esperto universale di qualunque argomento dello scibile. Noi siamo così, purtroppo, la tuttologia è un campo al cui fascino non sappiamo sottrarci.

La massima aspirazione, oggi giorno, per chiunque guadagni il suo quarto d’ora di celebrità, è di ricevere la fascia, lo scettro, l‘investitura di tuttologo del momento. In questa nuova carica, si possono esprimere opinioni randomiche e non necessariamente motivate. Perché, se uno è tuttologo, in fondo, non dovrà mica rendere conto dei titoli che lo rendono adatto a fare quel che fa. Né dire quel che dice.

E così può permettersi anche di dire che Biancaneve, la nostra Biancaneve, era una povera sfigata da compatire.

Biancaneve è la favola più moderna

Io amo Biancaneve. Come Cenerentola (di cui ho parlato qui: https://annaporchetti.it/2023/04/21/lunga-vita-a-cenerentola/), io la trovo una favola estremamente positiva. Dirò di più. Non ha alcun bisogno di essere attualizzata. Fra le favole è forse l’unica a essere  moderna. Moderna in un modo sconcertante. È la fiaba più vicina alla nostra sensibilità.

Biancaneve viene al mondo con un privilegio di nascita. Suo padre è messo bene, pare che sia re. Sua madre, povera donna, muore che la bambina è molto piccola. E questa è la prima grande verità che la favola contiene. Molte delle disavventure che attendono la nostra, dipendono dal fatto che cresce senza la protezione e la figura accogliente di una madre. A Biancaneve manca proprio la mamma. Non un concetto antropologico sostitutivo, che in realtà ha: la matrigna. Non basta un concetto antropologico per fare una madre. Segnatevelo.

Infatti, le cattiverie che le saranno inflitte dalla pseudo figura materna che le si affianca, sarebbero impensabili per una madre naturale. Dunque, Biancaneve si ritrova con una matrigna che la odia.

Il padre non è pervenuto, in alcune varianti della favola muore presto anche lui, in altre è così debole da non riuscire a opporsi alla potenza ammaliatrice della seconda moglie. In questo somiglia molto al modello di marito che la società attuale propone: senza carattere, succube di una moglie prepotente, incapace di prendere una posizione e tenere il punto. Persino di fronte a questioni importanti.

Nella famiglia reale di Biancaneve, avviene quel che avviene in molte famiglie allargate di oggi. Quelle in cui legami naturali e legami acquisiti non sempre si armonizzano.

Forever young: donne di mezza età sull’orlo di una crisi di nervi.

La matrigna di Biancaneve è una donna assolutamente moderna. Una di quelle signore di mezza età, che non accettano l’idea del tempo che passa. Non avendo coltivato alcuna interiorità, lei punta tutto sull’estetica. Oggi sarebbe la cliente tipo di un qualche chirurgo estetico, pronto a rimpolpare, re-fillare, botulinizzare ogni minimo segno di cedimento.

Perché la signora non può accettare sé stessa per quello che è. Invece, è perennemente insoddisfatta del suo aspetto, a cui dedica attenzioni maniacali. La matrigna è una donna di mezza età sull’orlo di una crisi di nervi. E, a un certo punto, sbrocca.

Fa una di quelle cose penose che capitano sempre più spesso: donne negli anta che si mettono in competizione con ragazze che potrebbero essere le loro figlie. La matrigna, comprendendo che nemmeno il più bravo chirurgo al mondo (versione moderna degli incantesimi delle fiabe) può renderla migliore di una poco più che ventenne, decide di eliminarla. Assolda un killer. Il killer, però, lascia scappare Biancaneve.

Biancaneve nel mondo del lavoro

La ragazza ha quindi salva la vita, ma non ha un posto dove stare, né nulla di cui vivere. Mica si mette a frignare. Non si lamenta che lei non può lavorare perché ha studiato da principessa. Allora, cosa fa? Vende il suo corpo, intero o a pezzi? Pratica il mestiere più antico del mondo, o a una sua versione più moderna: onlyfans o le webcam porno? Assolutamente no.

Affitta il suo utero e la sua rigogliosa capacità riproduttiva di ventenne al miglior offerente? Nemmeno questo.

Si mette a rubare? No. Si apre un account tik tok o Instagram e fa l’influencer, irretendo sprovveduti a cui promette di devolvere in beneficenza il sovrapprezzo pagato per merci dozzinali?

Nulla di tutto ciò. Biancaneve si trova un lavoro onesto. Un lavoro di cura. Qualunque cosa i progressisti di oggi sostengano, non c’è nulla di male nel prendersi cura di una casa e di chi la abita.

Sia che lo si faccia gratis (per amore per la propria famiglia), sia che lo si faccia di mestiere. Chiamatela governante, ragazza alla pari o colf, non c’è niente di vergognoso o degradante nell’opera che presta. Biancaneve si rimbocca le maniche: è l’unica protagonista delle favole che abbia un lavoro.

Le altre sono principesse. Cenerentola lavora sì in casa, ma, a differenza di Biancaneve, il suo ha tutto l’aspetto di uno sfruttamento e di maltrattamenti familiari.

Biancaneve no. Biancaneve non è sfruttata. Lei ha un ottimo rapporto amicale coi sette nani. Un rapporto basato sulla lealtà, sul rispetto reciproco. Tutti durante il giorno lavorano, ognuno nel suo campo. Nessuno sfrutta nessuno. Ciascuno contribuisce secondo le sue possibilità e la sua capacità di lavorare.

E la sera si ritrovano a cantare, suonare e ballare, come veri amici. E attenzione, amici e non famiglia queer o altro. Perché Biancaneve, come si capirà in seguito, sulla famiglia ha idee abbastanza tradizionali.

Il rischio dell’egoismo

Ad un certo punto della sua fiorente giovinezza, Biancaneve corre un rischio tremendo. Quello di essere avvelenata dallo stesso sentimento che ha reso la matrigna un mostro: l’egoismo. Non a caso, il frutto che l’avvelena, è proprio la mela. Oggetto del desiderio che, da Eva in avanti, rappresenta il rischio di perdere sé stessi, per avidità e velleità di onnipotenza.

Biancaneve potrebbe cascarci, ma qualcuno la salva. Non il tanto vituperato bacio non consensuale. Biancaneve si risveglia dalla sua apatia egoistica grazie a un giovane, che è pronto a offrirle tutto il suo amore. Uno che la prende per quella che è. Senza proporle convivenze di prova, poliamore o trombamicizie.

Siccome anche lei decide di amarlo, mette da parte l’egoismo. Il bacio è un simbolo di due anime che si riconoscono e decidono di unire i loro destini. Solo un beota o qualcuno in mala fede ci vede una molestia.

Biancaneve in salsa femminista

Secondo la narrazione femminista odierna, probabilmente Biancaneve avrebbe dovuto fare una vertenza ai nani, per presunte irregolarità retributive. Poi, per metterci il carico da cento, avrebbe potuto accusarli di molestie sul posto di lavoro, dando vita al primo #metoo delle fiabe.

Il passo successivo sarebbe stato trascinarli in tribunale e portargli via la miniera di diamanti. E, una volta divenuta ricca a qualsiasi costo, avrebbe fatto una pernacchia al principe azzurro. Perché lei era auto-determinata e non aveva bisogno di nessuno. Coi miliardi dei nani, si sarebbe comprata una colonia di gatti. Si sarebbe creata un account Instagram dal quale postare selfie pieni di filtri, versione virtuale dello specchio magico della matrigna.

Anche lei, dalla mezza età in poi, avrebbe fatto tagliandi mensili dal chirurgo plastico. E forse avrebbe avuto in odio la figlia adolescente di un qualche compagno, fidanzato, amante. Nella versione più esistenzialista, avrebbe passato i pomeriggi dispari della settimana a raccontare i fatti suoi all’analista. Continuando a chiedersi dove avesse sbagliato.

La morale di Biancaneve

Invece, l’amore, soprattutto quello sponsale, è un antidoto al veleno dell’egoismo. Biancaneve incontra il suo principe. Decide di continuare la sua vocazione di cura, non più come lavoro, ma come missione. Cosa sempre più strana, oggi. È una donna che ha trovato la sua strada.

Bisogna essere in malafede, per non vedere in questa, come in ogni favola, una storia di riscatto e di redenzione. Un percorso di salvezza dall’abisso della meschinità che è in ciascuno di noi. E che rischia di prendere il sopravvento.

Biancaneve non si perde. Sceglie la forza salvifica che solo l’amore per qualcuno ti fa sperimentare. Senza l’amore per gli altri, che siano nani bisognosi di aiuto domestico o un uomo con cui dividere la vita, il rischio è passare la vita ad ammirarsi l’ombelico. O l’effetto dell’ultima seduta di botox.

Credetemi, Biancaneve non è una sfigata, ma una eroina positiva. Come tutte le protagoniste delle fiabe

l’importanza di affidarsi a Dio: https://annaporchetti.it/2022/10/31/fidarsi-e-bene-affidarsi-e-meglio/

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