Neonati e salvezza
Lo hanno trovato così, vicino a un cassonetto, il neonato che deve la sua salvezza a un passante. Era avvolto in un sacchetto di plastica, con una temperatura rigida. È un miracolo che lo abbiano trovato e prontamente soccorso.
Non ha ancora un nome, questo piccino trovato a Villanova canavese, paesino di mille e duecento abitanti, in provincia di Torino. Una storia di disperazione iniziale, che si conclude con la salvezza. La storia di ognuno di noi, afflitti nelle difficoltà e salvati dalla speranza.
Natività e salvezza
Sono passate solo poche settimane dal giorno di Natale. Tutti ci siamo fermati ad adorare un neonato, nato in una notte freddissima di dicembre, in una grotta di Betlemme. Non un neonato qualsiasi, ma Dio fatto uomo, venuto al mondo per assicurare la salvezza agli uomini e sancire una Nuova Alleanza fra l’uomo e Dio. Un neonato destinato ad esercitare una immensa influenza sull’umanità e nella storia.
Eppure, probabilmente, a prima vista, anche Gesù era un bambino come tanti. Anzi, un bambino nato in una situazione più complicata del normale. I suoi genitori erano in viaggio e non erano riusciti a trovare un riparo adeguato per la notte. Mentre si trovavano lontani da casa, senza parenti e senza aiuti, Maria aveva partorito. Serviva un rifugio di fortuna.
Quello che la Bibbia chiama: Gesù Cristo, beato e unico Sovrano, Re dei re e Signore dei signori, il solo che possiede l’immortalità e abita una luce inaccessibile. (1 Timoteo 6, 15-16) viene deposto in una mangiatoia. È facile intenerirsi, di fronte al figlio di Dio, portatore di Salvezza, che accetta di nascere senza onori, al freddo, nel disagio.
Spesso il nostro mondo moderno non ha uno sguardo altrettanto amorevole verso altri piccoli. Bambini che non vengono messi al mondo, sacrificati in nome della nostra presunta libertà, del nostro presunto diritto di vita o di morte sugli altri.
Una storia a lieto fine
Non sappiamo nulla del bambino ritrovato sabato nel cassonetto. Non conosciamo la storia dei suoi genitori. Né cosa abbia portato la sua mamma alla dolorosa decisione di separarsene. Sappiamo però che quel bambino, che avrebbe potuto non nascere, o essere ucciso dopo la nascita, invece è vivo e vegeto. Per lui adesso si apre la strada dell’adozione. Lo attende una famiglia che lo accoglierà e gli vorrà bene. La sua piccola storia di speranza e di salvezza riguarda tutti noi.
È lì a ricordarci che la vita, qualunque vita, ha un valore immenso, agli occhi di Dio. Forse, negli ultimi decenni, ha perso la stessa sacralità, per noi uomini. Questo è il risultato del lavaggio del cervello operato per anni. Campagne di comunicazione per affermare che un feto non fosse un essere umano. Che potesse essere sacrificato per decisione altrui. Qualcosa di non ancora pienamente vivente, una specie di abbozzo, privo del diritto di vivere la sua vita, se chi lo aveva concepito non voleva o non poteva prendersene cura.
Nell’aborto non esiste salvezza
Tutta questa libertà, tutti questi diritti di cui si sente parlare, ci hanno resi una umanità migliore? Ci hanno fatti felici? Non proprio. Invece hanno messo in luce che nell’aborto c’è solo disperazione. Nell’aborto non c’è gioia o trionfo. Non è una soluzione facile, veloce, priva di conseguenze. Nella morte inflitta al frutto della propria carne non esiste salvezza.
Per questo, molte donne ingannate dalla propaganda, dopo aver abortito, cadono in depressione. Quando la retorica libertaria svanisce, queste mamme mancante si ritrovano sole con sé stesse. E con una sofferenza per cui spesso non trovano consolazione.
Non oso immaginare il dolore, la paura, la disperazione di una donna che partorisce da sola, chissà come e dove. E sa già che dovrà abbandonare il figlio. Eppure, lei si è fidata. È andata avanti nella gravidanza. È arrivata fino in fondo.
Il bambino di Villanova è lì a ricordarci che ci possiamo salvare, se abbiamo il coraggio di confidare in Dio. Se speriamo in Lui. Se affidiamo a Lui noi stessi e le persone che ci sono care. Persino i figli che non possiamo tenere con noi.
Il problema dei bambini non voluti
Questa storia, per fortuna a lieto fine, spinge a riflettere. Forse non tutti ancora lo sanno, ma una mamma che non può allevare il figlio, può partorire in modo anonimo e sicuro in qualunque ospedale. Le viene garantita igiene, riservatezza, cure adeguate per lei e per il piccino. Può darlo in adozione e uscire di scena. Nel frattempo, il bambino ha chi provvede ai suoi bisogni e si accerta della sua buona salute. Questo gesto può salvare delle vite e rendere l’intera vicenda meno straziante.
Mi auguro che sempre più mamme in difficoltà, decidano comunque di mettere al mondo i loro figli e di affidarli alle cure di ci non ha potuto essere fertile, ma può essere molto fecondo.
l’importanza di affidarsi a Dio: https://annaporchetti.it/2022/10/31/fidarsi-e-bene-affidarsi-e-meglio/
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