Riflessione teologica e riflessioni tuttologiche
In tanti mi hanno chiesto di esprimermi su una certa riflessione teologica recentemente pubblicata e molto dibattuta. Io non lo farò. Non sono teologa e né tuttologa. Preferisco sottrarmi all’isteria imperante di avere una opinione su qualunque cosa. Se mai mi venissero di queste manie, vi autorizzo a darmi un colpo in testa o ad ammazzarmi di solletico.
Non ho, in questo caso specifico, alcun commento di merito. Perché fare una riflessione su una riflessione? A meno di ritenere il proprio pensiero fondamentale per le sorti del mondo, è meglio lasciar perdere.
Una cosa però la voglio dire. Forse anche due. Non sulla riflessione teologica (che non conosco a fondo né sarei in grado di commentare) ma su quello che so e che vivo da credente.
La Chiesa è universale
Per prima cosa dirò che non dobbiamo curarci molto di chi sostiene che la Chiesa si dovrebbe modernizzare. La Chiesa non ha alcun bisogno di essere moderna. È già universale.
Il Magistero non va riformato. Non deve seguire le mode. Il fatto che sia immodificabile non è un limite. È, al contrario, un grandissimo dono. Perché il Magistero raccoglie, codifica ed esprime il deposito della nostra fede.
Cos’è il deposito della fede? È un’autorimessa? Un magazzino? Una cantina, un solaio, uno spazio a vario titolo adibito a conservare cose vecchie? Niente di tutto questo. Il deposito della fede è la legge di Dio, così come Gesù l’ha rivelata agli apostoli. Questo fa capire perché non può essere cambiata, per adeguarsi ai tempi.
Riflessione sul Magistero
L’immutabilità del Magistero è un gran bene per noi. Pensate se l’insegnamento della Chiesa si potesse cambiare a piacere, secondo le ultime tendenze o le turbolenze del pensiero. Saremmo tutti soggetti alla fallacità, alla debolezza, all’instabilità della natura umana. E alla sua ineliminabile peccaminosità.
Potrebbe accadere che un papa, svegliandosi al mattino, inciampi, batta la testa e per effetto di questo, sancisca che è lecito per una donna sposare un cavallo, o per un uomo una quercia. Oppure, decidere di rimpiazzare il sacrificio eucaristico con un’apericena con tartine e prosecco. O decretare che rubare o uccidere non è più peccato. In fondo, lo fanno in tanti e ladri e assassini sono sempre esistiti.
Oppure, un papa potrebbe mutare il Magistero per venire incontro a interessi particolari. Fare una moratoria per un cugino, un amico di famiglia, una nipote.
Se il Magistero fosse una legge umana, si potrebbe modificare a maggioranza, come il Codice civile o la Costituzione. E come ogni legge umana conterrebbe degli errori. Invece, per nostra grande e immensa fortuna, il Magistero non è legge umana. È sottratta all’arbitrio degli uomini. E non c’è garanzia migliore e più concreta della sua veridicità.
Riflessione sugli ultimi
A questo punto prevedo già l’obiezione. “ma come, e agli irregolari non ci pensi? Loro soffrono e in più la Chiesa li tiene ai margini.” E qui mi viene da sorridere. Davvero. Per coloro che ritengono che Dio non si curi degli irregolari. Meno male che ci sono loro, così sapienti! Così possono tirare Dio per la giacca (o per il mantello) e fargli presente che lui si è dimenticato di chi, non rispettando il Magistero, non osservando i comandamenti, non essendo in stato di grazia, non può partecipare ai sacramenti. Il fatto è che Dio non si è mai dimenticato degli irregolari. Mai.
Gli irregolari: il figliol prodigo
Ve la ricordate la parabola del figliol prodigo? Ne parla Luca, l’evangelista più pragmatico e razionale. Un uomo aveva due figli. Uno resta con lui, l’altro se ne va e sperpera i beni paterni in una vita dissoluta. Poi però, constata lo stato di miseria in cui si è messo con le sue mani e si pente. Torna dal padre e gli chiede perdono. E il padre che fa? Gli mette il broncio? Proclama: questa casa non è un albergo? Gli ricorda che gli ha già dato la sua parte e adesso non gli deve più nulla? Godiamoci l’episodio:
E il figlio gli disse: “Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te: non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai suoi servi: “Presto, portate qui la veste più bella e rivestitelo, mettetegli un anello al dito e dei calzari ai piedi; portate fuori il vitello ingrassato, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato”. E si misero a fare gran festa. (Luca 15, 21-24).
Dio è esattamente come il padre del figliol prodigo. Quando il figlio si pente e ritorna, lo accoglie a braccia aperte. Lo riveste di grazia. Lo riammette alla sua mensa. Dio gioisce sempre quando un figlio che si era perso, è stato ritrovato. Quando era morto spiritualmente e infine si è salvato. Dio spera sempre nella nostra redenzione. Ed è in prima fila a fare il tifo per noi, perché tagliamo il traguardo della salvezza.
Irregolarità senza pentimento
Non possiamo ottenere il perdono, se non ci pentiamo e non ci convertiamo. E se il figliol prodigo non si fosse pentito? Il padre gli avrebbe serbato rancore? Se anche perseveriamo nell’errore -qualunque errore – Dio ci odia? Decide di chiudere con noi? Ci manda a quel paese? No.
Continua ad amarci teneramente come un padre. Lui spera che ci ravvediamo. Dio ha assoluto e completo rispetto del nostro libero arbitrio. Della nostra totale libertà di scegliere se perderci o salvarci. Ma in tutto questo, che ci pentiamo o no, che ci convertiamo o no, che ci redimiamo o no, Dio continua ad amare ciascuno di noi. Non ci mette da parte, nemmeno se lo deludiamo. Non ci dimentica. Mai. Continua a ricolmarci della sua misericordia. Ricordiamoci del Vangelo di Luca (sempre lui!):
Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. (Luca 12, 7)
Nessun sarà salvato a forza, suo malgrado, contro la sua volontà. Ci dobbiamo salvare da soli. Se lo vogliamo. Se ci convertiamo e ci impegniamo a non peccare più. E la Chiesa ci deve invitare al pentimento che apre le porte alla salvezza. Non può chiudere tutti e due gli occhi davanti ai nostri errori. Non può suggerirci che va bene tutto. Chi ci ama, vuole saperci salvi.
Piantiamola di comportarci come se dovessimo rimediare a una mancanza di un Dio smemorato o permaloso. Per questo la Chiesa non può abbozzare, ammiccare, sorvolare. La Chiesa non può temere di non essere moderna. Non dobbiamo modificare il Magistero per accogliere chi è irregolare. Dio ha sempre amato tutti e accolto chi volesse tornare.
La modernizzazione della Chiesa
“Modernizzare” la Chiesa. Stravolgere il Magistero. Tutto per la stramba idea di colmare una lacuna di Dio, sarebbe un pensiero quasi blasfemo, se non sembrasse invece pura superficialità.
E mettiamo da parte anche la preoccupazione che le chiese si svuotino. La messa non funziona come l’abbonamento a teatro o allo stadio. Non serve riempire posti ed esaurire i biglietti. Né dobbiamo adattarci, per piacere a tutti. Non vendiamo batterie di pentole.
Siamo partiti in dodici. I milioni – forse miliardi – di fedeli nella storia del cristianesimo, non sono stati conquistati con concessioni speciali agli usi del loro tempo. O ai desideri umani. Loro sono stati conquistati dalla purezza del deposito della fede.
I martiri hanno trovato l’insegnamento di Cristo così folgorante, da sacrificare la vita per testimoniarlo. Davvero ammorbidirlo ci renderà più popolari fra la gente? Al contrario, allontanerà molti. Tutti quelli che sono irresistibilmente affascinati dalla Verità.
di affidarsi a Dio: https://annaporchetti.it/2022/10/31/fidarsi-e-bene-affidarsi-e-meglio/
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