San Sebastiano e la lotteria dei santi
Quest’anno, il mio santo è San Sebastiano. Adesso vi racconto. Nelle messe dell’inizio dell’anno, il parroco ha introdotto la “lotteria dei santi”. Lui non la chiama così, ovviamente. Il nome è stato affettuosamente affibbiato da alcuni parrocchiani. Al termine della Messa, il parroco distribuisce ai partecipanti l’immagine di un santo, per meditare sulla sua figura e sulla sua vicenda spirituale. E trarne spunto.
La chiamano “lotteria dei santi” perché non si può scegliere. A ciascuno viene assegnato un santo pescato a caso, da un mazzo di immaginette. Non necessariamente ti capita un santo vip, uno famoso. A volte ricevi il un santo poco noto, antico, semi dimenticato. Qualcuno di cui ignoravi l’esistenza. Questa è una delle due cose più belle di questa tradizione della lotteria dei santi.
Insta saint
L’altra cosa bella di questa idea, è che scopri storie di fede, che mai avresti avuto occasione di conoscere. Perché il novero dei santi funziona un po’ come Instagram. Spero mi perdonerete il paragone: non vuole essere irriverente. È che i miei tentativi di evangelizzazione delle adolescenti di casa, talvolta mi prendono la mano. Non sono ancora arrivata a recitare le orazioni in corsivo (e spero non ci arriverò). Sul resto, cerco un terreno e una lingua comune.
L’esempio più semplice per spiegare a una generazione Z il novero dei santi, è trattarlo come un social qualunque. E dunque ci sono santi influencer, con milioni di milioni di follower. Vere e proprie icone della santità, piene di stories che riportano ogni episodio della loro agiografia.
E poi, ci sono i santi della strada. Quelli che hanno lo stesso numero di follower della madre di famiglia che posta reel sui suoi lavori di decoupage. O del cuoco dilettante che allieta i vostri occhi con le sue bizzarre creazioni culinarie.
Infine, ci sono i santi sconosciuti. Quelli con la bio ridotta all’osso. Quelli di cui non si conoscono le stories e nemmeno la storia. Quelli che, in tutto l’account, hanno solo una foto a figura intera, presa da lontano. E che hanno pochi, pochissimi follower. Insomma, esiste un insta saint, o almeno, così me lo immagino.
Il mio santo della lotteria
Quando è stato il mio turno, alla lotteria dei santi, mi è toccato San Sebastiano. Un santo ben noto. Uno con vari milioni di follower. Uno che può vantare mille mila immagini, a opera dei migliori pittori della storia dell’arte antica e moderna.
San Sebastiano è: quello delle frecce. Avrete visto sicuramente qualche quadro che lo raffiguri quasi nudo, con le braccia legate dietro alle spalle, trafitto da moltissime frecce. Ci sono pittori che non hanno esitato a ritrarlo, esaltandone la bellezza e la giovinezza, pure nel martirio. D’altro canto, Sebastiano era giovane, sportivo, abituato dalla vita all’aria aperta, per la professione di sodato romano. Niente spalle curve da abuso di PlayStation, niente pancetta da vita sedentaria alla scrivania. Pensarlo di bell’aspetto è verosimile.
Era originario di Narbona, un comune dell’attuale Francia. Visse probabilmente dal 256 dC al 288. Era un soldato valoroso e un cristiano. Sebastiano si era conquistato la fiducia dell’imperatore Diocleziano. Fu prima ufficiale dell’esercito e poi fu tribuno della corte pretoria a Roma. Era responsabile della difesa dell’imperatore. All’epoca imperversavano le persecuzioni contro i cristiani, che venivano incarcerati e martirizzati. Grazie al suo ruolo, protesse i cristiani incarcerati. Si occupò della sepoltura dei martiri.
La seconda possibilità di San Sebastiano
Un giorno due giovani cristiani, Marco e Marcelliano, figli di un certo Tranquillino, furono arrestati su ordine del prefetto Cromazio. Il padre fece appello a una dilazione di trenta giorni per il processo, per convincere i figli a sottrarsi alla condanna sacrificando agli dei. I fratelli erano ormai sul punto di cedere.
Sebastiano fece loro visita, persuadendoli a perseverare nella loro fede e a superare eroicamente la morte. Mentre dialogava con loro, il viso di San Sebastiano fu irradiato da una luce miracolosa che lasciò esterrefatti i presenti. Era presente anche una donna di nome Zoe, moglie di Nicostrato, capo della cancelleria imperiale, muta da sei anni. La donna si prostrò ai piedi Di Sebastiano.
Egli, invocando la grazia divina, le pose le proprie mani sulle labbra e fece un segno di croce, ridonandole la voce.
Il prodigio di Sebastiano portò alla conversione i presenti: Zoe col marito Nicostrato e il cognato Castorio, il prefetto romano Cromazio e suo figlio Tiburzio. Cromazio rinunciò alla propria carica di prefetto e si ritirò con altri cristiani convertiti in una sua villa in Campania. Il figlio invece rimase a Roma dove patì il martirio. Tutti gli altri neocristiani morirono per aver abbracciato la nuova religione.
Il primo martirio di San Sebastiano
Quando Diocleziano scoprì che Sebastiano era cristiano, s’infuriò. Lo condannò a morte. Sebastiano fu trafitto da moltissime frecce e abbandonato sul luogo del martirio.
Una vedova cristiana, Irene, andò sul posto per recuperare il corpo di Sebastiano e dargli degna sepoltura. Con sua grande sorpresa, Sebastiano era ancora vivo. Lo portò a casa e gli prestò ottime cure. Inaspettatamente Sebastiano si riprese completamente.
Irene lo pregò di fuggire da Roma e mettersi in salvo. Vista l’enorme grazia di essersi salvato dal martirio, tutti gli consigliavano di beneficiare della seconda possibilità, che Dio gli aveva offerto. Ma Sebastiano aveva altri progetti.
Il secondo martirio di Sebastiano
Sebastiano decise di proclamare la sua fede al cospetto dell’imperatore che gli aveva inflitto il supplizio. Il santo raggiunse Diocleziano e lo rimproverò per le persecuzioni contro i cristiani. Sorpreso di vederlo ancora vivo, Diocleziano ordinò che Sebastiano fosse flagellato a morte. Il corpo fu gettato nella Cloaca maxima.
Di fronte a questa vicenda è inevitabile interrogarsi. Verrebbe da chiedere: ma come, benedetto uomo, hai ricevuto un miracolo inimmaginabile, e invece di gioire perché ti sei salvato, vai a cercarti il martirio, consegnandoti nelle mani del nemico? Chi te la fa fare a subire volontariamente non un solo martirio, ma addirittura due?
Questa decisione sfida la nostra capacità di comprensione. È davvero coraggio, testimonianza eroica della fede? O si tratta di un atteggiamento da sprovveduto, da imprudente, da persona che non apprezza i doni che ha ricevuto?
L’insegnamento di San Sebastiano, per i moderni
E noi? Che insegnamento possiamo trarre, da una decisione così estrema, così controintuitiva?
Ci ho messo un po’ e forse alla fine ho capito. Forse. Ho capito che San Sebastiano è lì a mostrarci che è giusto che ciascuno di noi rimanga esattamente dov’è. Al suo posto, per conquistarsi la santità. Il cristiano non sfugge alla sua vocazione, anche se si tratta di una vocazione dura da onorare.
Non siamo chiamati al martirio, per fortuna. Ciascuno di noi però ha una sua vocazione, una sua postazione di combattimento nel mondo. Lì deve restare, per onorare la sua missione.
Per me è portare avanti la mia famiglia al meglio di quello che posso. Magari resistendo, ogni tanto, alla tentazione di scappare in Patagonia. Al cambio di stagione dell’armadio dei figli. A ogni maratona di Sky, con cui mio marito requisisce il telecomando. Oppure ogni sera prima del rientro dalle vacanze, quando scopri che i figli non hanno finito i compiti.
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