Quella strana, misteriosa benedizione che è l’amicizia
L’amicizia è una benedizione. Ed è anche un mistero. Perché non necessariamente gli amici si somigliano. A volte, al contrario, sono persone molto diverse. Hanno gusti, idee, caratteri, differenti. In certi casi, non hanno nemmeno la stessa età. Eppure, sono legati da profonda lealtà e affetto reciproco. L’amicizia è un sentimento nobile, perché è una conquista.
L’amore per i familiari ci riesce naturale. Chi non vuole bene ai genitori, ai figli, ai fratelli, anche se hanno un carattere difficile, abitudini diverse, idee politiche o fedi calcistiche lontanissime dalle nostre? Fra amici invece, ci si sceglie. Si crea un legame che non ha a che fare con il sangue, con la natura, con l’istinto, ma con l’affinità, con la vicinanza emotiva, coi valori.
L’amicizia nasce dalla libera scelta. È una forma di amore razionale, matura, meditata. Il sentimento dell’amicizia è così prezioso, che Gesù stesso ne dà ampia testimonianza, attraverso l’amicizia con gli apostoli.
Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Giovanni 15:13
Essere amici vuol dire esserci per l’altro. Sostenerlo, confortarlo, incoraggiarlo. Senza entrare nel merito delle sue ragioni, delle sue idee dei suoi difetti. Esserci comunque, a prescindere, amarlo senza pretendere che l’altro ci assecondi. E senza sentirci in obbligo di assecondarlo, sempre e comunque.
Come si legge nel Libro dei proverbi: Un amico vuol bene sempre, è nato per essere un fratello nella sventura. (Proverbi 17:17)
Per questo, sperimentare profonde e sincere amicizie è una benedizione di cui essere grati, e un privilegio che va coltivato. Proprio di questo volevo scrivere oggi, che ricorre la memoria liturgica di due pezzi da novanta. Gregorio di Nazianzo e Basilio di Cesarea, detto Magno. Entrambi santi, Padri e Dottori della Chiesa. Ma soprattutto, intimi amici.
Un’amicizia che supera le differenze
Eppure, i due avevano storie personali molto diverse. Basilio è di famiglia cristiana di lunga data. I suoi nonni sono stati perseguitati, durante il regno di Diocleziano. Oltre a lui, la sua famiglia ha donato numerosi santi alla Chiesa: i genitori, due fratelli e una sorella.
Nella famiglia di Gregorio, invece, in principio solo la mamma è cristiana. Il padre si convertirà solo in seguito. Basilio è energico, si spende per i poveri, organizza opere di beneficenza.
Gregorio ha un animo più lirico e una spiccata sensibilità. Basilio ama la vita comunitaria e fonderà una regola monastica in un proprio possedimento, sulle rive dell’Iri. Gregorio ha ambizioni più contemplative e ascetiche.
Il primo lotta con tenacia contro l’eresia ariana, il secondo mostra grandi attitudini alla mediazione e alla conciliazione. I due si conoscono da ragazzi. Sappiamo tutti che le amicizie della gioventù sono spesso le più salde.
Questo sentimento di affinità li accompagnerà per tutta la vita e rimarrà saldo. Malgrado i due, in apparenza, non abbiano molto in comune. Cosa li unisce? Cosa attrae l’uno verso l’altro due caratteri così diversi? I due santi sono fratelli in Cristo e amici nella fede. È il valore della fede che smussa ogni asperità e colma le distanze.
Sperimentare la benedizione
Pensavo a loro oggi, e non vedevo l’ora di scriverne. In questi giorni, la nostra vita familiare è stata scossa. Abbiamo avuto una di quelle notizie che non si vorrebbero ricevere mai. Perché pensiamo sempre che le malattie non ci riguardino. Certo, tutti sappiamo che esistono, ma non ci sembra possibile che tocchi proprio a noi. E quando è così, oltre che spaventati, forse anche più che spaventati, siamo tramortiti dalla sorpresa.
La vita che ci immaginavamo prima, coi suoi alti e bassi e il suo disordine, ci pare all’improvviso straordinariamente ordinata, rispetto al caos di un presente che ci turba futuro che non sappiamo immaginare.
In questo strano stato di semicoscienza, ho bruciato praticamente tutto quello che ho provato a cucinare, ho perso le chiavi di casa e quelle della macchina e probabilmente altro, di cui non mi sono resa conto. Ho dimenticato cose importantissime.
Mi sono addormentata ovunque di giorno e ho vegliato di notte. Ho riso, ho pianto, ho ripercorso con la mente gli ultimi trent’anni. Ho pensato di scrivere un libro di memorie o un testamento. Invece, a stento sono riuscita a fare la lista della spesa. E non mi è riuscita del tutto neanche quella. Per questo stiamo da tre giorni senza zucchero e senza pane, anche se ci consoliamo dicendoci che ci giova, per fare detox dopo le feste.
In tutto questo turbine di eventi, di pensieri, di guai, la sola cosa che ci ha tenuti a galla è stata l’amicizia. La benedizione di tanti amici che stanno pregando per noi. Per chiedere a Dio di allontanare da noi questo calice. E di aiutarci ad accettare la sua volontà.
Domani, nella tempesta, prega per me
Amici vicini e lontani, coetanei, più giovani, più grandi. Milanisti, interisti, juventini e persino chi non ama il calcio. Stanno pregando per noi in Italia, in Francia, in Svizzera, in America. Una compagna di studi di mia figlia, cattolica, sta pregando per noi nella sua lingua, il cinese. C’è che ci ricorda nelle preghiere di ogni giorno, chi ci porta a Messa, chi ci dedica il rosario.
Una marea di persone a cui ci lega questa amicizia personale nella fede, sta tirando fuori tutto l’arsenale da combattimento per noi. È proprio questa l’essenza dell’amicizia, quell’esserci per l’altro che ti salva la vita, fisica e spirituale.
Un amico fedele è rifugio sicuro: chi lo trova, trova un tesoro. (Siracide 6:14)
Ed è proprio nelle avversità, nei momenti difficili, che il rifugio dell’amicizia è un conforto fondamentale. È quando starci vicino è penoso, triste, disperato, che i veri amici restano. Parafrasando Shakespeare: domani nella tempesta, prega per me!
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