Natale… il momento di vedere con gli occhi

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Natale e il presepe

Qualche giorno fa ho avuto la grazia di partecipare, nella mia università, ad un convegno celebrativo sugli 800 anni del presepe di Greccio. Tantissime informazioni interessanti di cui mi piace ricordarne una.

Nella sessione dedicata all’allestimento del presepe napoletano, il relatore faceva notare che il punto di maggiore luminosità è la grotta dove risiede il Bambinello. Egli è la ragione d’essere di tutto l’allestimento scenografico. Una luminosità che ha anche un fondamento teologico: «Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9) e che contrasta con il buio del palazzo di Erode. Dove, invece, regnano le tenebre.

Sicuramente tutti i nostri presepi, oggi, Santo Natale, sono completi, considerato che il Personaggio principale, l’Ospite tanto atteso, ha preso posto nella greppia, dopo che, nella notte Santa ha vagito per la prima volta tra le braccia della sempre Vergine Madre Maria.

Perché il presepe

Mi pongo però una domanda: «perché il presepe?»… o meglio «a cosa serve il presepe?».

Da questo punto di vista è interessante notare il motivo per cui il Poverello di Assisi, San Francesco, volle, per la prima volta, mettere in scena il momento della natività a Greccio. Richiestogli da un tale Giovanni, uomo buono della zona, di fermarsi a celebrare il Natale in quella cittadina allora sconosciuta, Francesco disse: «Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme. Vorrei in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello» (Tommaso da Celano, Vita Prima).

Francesco voleva vedere con i propri occhi cosa avesse patito e vissuto il Signore dell’universo nel momento in cui veniva al mondo. «Vedere con gli occhi», di questo si trattava.

Tutte le volte in cui allestiamo un presepe, grande o piccolo che sia, ricco o povero, arrangiato o raffinato, non possiamo fare a meno – e non dobbiamo fare a meno – di ricordare che stiamo richiamando alla nostra e altrui memoria, il “fatto” che ha diviso la storia a metà. Da quel momento si contano gli anni, prima e dopo la nascita di Cristo. E non solo!

Per non correre il rischio di essere accusati di eccessivo filosofeggiare ed inopportuna superficialità, aggiungiamo che con il presepe ricordiamo che l’Amore per essere vero ha bisogno di essere visto.

Il presepe dà fastidio

Ad alcuni il presepe dà fastidio, questo ce lo diciamo con chiarezza. E dà fastidio proprio per questo rimandare ad Altro.

In fondo sono tutte scuse quelle con cui si dice che è un segno offensivo verso chi non crede.

Io, ad esempio, sono un consacrato, vado sempre in giro con il mio abito religioso, che è, il mio, un chiaro segno di appartenenza (appartengo a Cristo e alla Chiesa). Con ciò non ho la minima intenzione di offendere chi non crede in Cristo e nella Chiesa. Personalmente, non mi sento offeso da un carabiniere che gira in divisa (segno di appartenenza ad uno Stato, quello italiano, e con un compito ben preciso, garantire l’ordine). anzi, mi sento protetto. E la divisa di un carabiniere è un segno.

Eppure a molti dà fastidio… ed io mi chiedo: perché?
Il carabiniere dà fastidio a chi vuol delinquere, a chi non vuole rispettare le regole.

Il presepe dà fastidio perché è un richiamo, ed essere richiamati non piace a nessuno.

Anche il mio abito religioso è un richiamo. Lo è per me e lo è per gli altri.

Lo è per me perché mi richiama alla mia dignità, lo è per gli altri perché richiama ad una Presenza.

Molti non mi credono quando racconto che grazie al mio abito religioso ho avuto modo di incrociare sofferenze e gioie in luoghi impensabili. Grazie al mio abito religioso ho ascoltato la confessione di persone nei luoghi più impensati, anche in aereo e non una sola volta.

Un segno rimanda sempre ad una realtà. Un segno rimanda a qualcosa d’altro che c’è e che solo apparentemente non è manifesto. O almeno non lo è per chi non vuol vedere.

La rappresentazione che il Verbo si è fatto carne

Il presepe, la sua rappresentazione, vivente o fissa che sia, serve a noi per comprendere che l’Amore, altrove detto “Verbo” «si è fatto carne» (Gv 1, 14). E’ un amore che vuol essere amato ed è un amore che soffre perché non riamato.

Molte volte, in molte case, il presepe si fa per i bambini perché possano essere coinvolti, impegnati e distratti nella sua costruzione

Il presepe, invece, serve soprattutto agli adulti.

Nel presepe c’è tutto, non manca niente.

E solo coloro che non sono in grado di fermarsi a contemplarlo non ne comprendono la bellezza, la profondità, l’umanità.

Quello che mettiamo in scena non è un gioco.

Quello che mettiamo in scena è pura verità.

Una verità che vuol essere “vista”, che vuole essere accolta, non dimenticando che anche allora «Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto» (Gv 1,11).

Nell’epoca dell’immagine e della frenesia, nel tempo natalizio a Lui dedicato e nel quale sembra, invece, non si abbia tempo per fermarsi, il presepe richiama al silenzio, alla calma, alla quiete e alla contemplazione.

Chissà che oggi, nel giorno di Natale, prima ancora di stare con le persone che amiamo, abbiamo la possibilità di fermarci davanti alla grotta. Perché no, scandire insieme una parola, dato che è da lì che la Parola ha iniziato a vagire.

Il presepe è silenzio e preghiera, si diceva, ma è anche da dove Gesù tiene le vere lezioni di umiltà, dalla cattedra di Betlemme. Il presepe è tra i più straordinari strumenti di catechesi e formazione mai inventati, capace di impregnare di cultura cristiana ogni angolo del mondo. Non deve essere tralasciato.

Per dirla con le parole di Papa Francesco, il presepe è un admirabile signum e sta solo a noi accoglierlo.

Buon Natale!

Qui ho parlato:

del carico mentale: https://annaporchetti.it/2023/08/24/conciliazione-lavoro-e-affetti-una-sfida-possibile/

della gestione del tempo: https://annaporchetti.it/2022/11/05/unora-vita/

di affidarsi a Dio: https://annaporchetti.it/2022/10/31/fidarsi-e-bene-affidarsi-e-meglio/

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