Il cielo in uno smartphone

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La rivoluzione silenziosa degli smartphone

Che rapporto abbiamo con il nostro smartphone? È solo uno strumento? Oppure è una specie di appendice del nostro corpo? Un organo esterno, di cui non sappiamo più fare a meno? In principio, era il mondo analogico. Quello in cui tutti noi adulti di oggi siamo cresciuti. Un mondo fatto di cose.

Telefoni per telefonare. Agende per prendere appunti. Rubriche telefoniche, per memorizzare i numeri. Sveglie per alzarci al mattino, orologi da polso. Torce elettriche portatili, per affrontare il buio. Cartine geografiche e mappe per orientarci. Radio e giradischi per ascoltare la musica. Macchine fotografiche per fare foto. Televisione per guardare programmi. Vocabolari, per cercare il significato delle parole. Registratori portatili, per registrare.

Oggi, tutte queste cose (e molte altre) sono compattate negli smartphone. Telefoni sempre più minuscoli. Essi racchiudono in sé tutte le funzioni che prima erano assolte da un gran numero di oggetti. Oggetti che non esistono praticamente più. Quanti di voi hanno comprato una rubrica telefonica o una sveglia, di recente?

Negli ultimi quindici anni c’è stata una rivoluzione silenziosa, attraverso gli smartphone. Quasi tutte le azioni della nostra quotidianità passano dal telefonino. Com’è cambiato il nostro modo di vivere la realtà? Come siamo cambiati noi?

Socrate e la tecnologia

Socrate è stato un filosofo anticonformista. Di solito piace molto agli studenti. Forse, non avendo lasciato niente di scritto, non li obbliga a estenuanti traduzioni? Socrate aveva uno strano rapporto con la tecnologia. Quando ho provato a dirlo a una delle mie figlie, si è fatta una grassa risata. “maaa, ma che tecnologia vuoi che ci fosse nel mille mila avanti Cristo?”.

E invece non è esatto. Intanto non era il mille mila, ma il V secolo a C, quando il nostro eroe calcò le scene del mondo. E poi non era vero, che nell’antica Grecia non ci fosse tecnologia. Gli smartphone non c’erano, ma la tecnologia sì. E Socrate ce l’aveva con un particolare tipo di tecnologia che si stava affermando in quegli anni: la scrittura. Prima di allora, molta parte della conoscenza si tramandava a voce.

Gli aedi, o rapsodi, erano artisti: giravano per la Grecia. Vivevano declamando ad alta voce (a pagamento) i versi di Omero. Era un intrattenimento simile a una serie di netflix, raccontata a voce, episodio dopo episodio. In quell’epoca non c’era televisione, abbonamenti a pay TV, cinema. Un modo avvincente -l’unico -per passare il tempo libero (che in Grecia non mancava) era ascoltare brani dei poemi epici, che questi professionisti del racconto conoscevano a memoria. Considerando le dimensioni dell’iliade e dell’Odissea, si capisce l’impegno.

Socrate sosteneva che l’introduzione della scrittura avrebbe indebolito la memoria degli uomini. Per lui era una innovazione tecnologica che avrebbe impoverito l’umanità. Cosa direbbe oggi Socrate degli smartphone?

Lo smartphone ha cambiato il nostro modo di vivere

In principio lo smartphone era solo un mezzo comodo per fare delle cose. Poi, un po’ alla volta, ha cambiato il nostro modo di affrontare la vita. Abbiamo perso alcune abilità. Quanta gente sa ancora consultare una cartina stradale? Quanti potrebbero recuperare i numeri di telefono di amici e partenti, se perdessero il telefono?

In compenso ne abbiamo sviluppate altre. Abbiamo sperimentato nuovi usi dei pollici opponibili. Abbiamo appreso la tecnica del trial and error. Ovvero dell’imparare per tentativi, che è quello che facciamo con gran parte delle app. Abbiamo imparato a registrare vocali, a scrivere testi dettandoli al telefono. La lista potrebbe continuare.

Ci sono indubbi benefici. Per esempio, reperire rapidamente informazioni, che in passato avrebbero richiesto ore, giorni o settimane di ricerca. Questi lati positivi portano anche qualche svantaggio.

Gli esperti dicono che la tecnologia ha modificato il nostro approccio al mondo esterno. Si è abbassata la soglia di attenzione. Si è ridotta la nostra capacità di concentrazione. Il nostro cervello è così bombardato da stimoli, che spesso va in affanno. Ma il principale svantaggio è la distanza che si è creata fra noi e gli altri.

Il muro invisibile

Da giovane, prendevo il treno d’estate e d’inverno. Era un terribile Sibari-Crotone- Taranto che arrivava fino a Milano, fermandosi in tutte le stazioni della repubblica. In quei viaggi, mai meno di dodici ore, si finiva per socializzare coi compagni di scompartimento. Persone mai viste, con cui si finiva con il condividere la propria storia. Si parlava, si scherzava, ci si raccontava. Eravamo un po’ come ai tempi di Socrate. Avevamo del tempo da passare e nessun mezzo tecnologico che ci intrattenesse.

Oggi sarebbe impensabile fare lo stesso. I vagoni dei treni e delle metropolitane sono pieni di gente con lo sguardo fisso al piccolissimo schermo dello smartphone. Ogni circostanza che ci richiami alla realtà è spesso percepita come una fastidiosa interruzione. Dallo smartphone passano le informazioni, ma anche l’intrattenimento e la socialità.

C’è gente che viaggia per chilometri, senza muoversi dal divano di casa. In troppi siamo pronti a interagire su social con sconosciuti, invece di prestare attenzione agli esseri umani che occupano il mezzo metro quadro a fianco a noi.  Ciascuno è nascosto all’altro, da un muro invisibile. Nessuna barriera fisica ci separa, eppure, è come se non ci vedessimo gli uni con gli altri. La solitudine è nascosta dall’illusione di una vita sociale piena, che però è spesso un inganno.

Questo tutto istantaneo, tutto gratis, tutto a portata di mano, ha spento la nostra curiosità. Ovvero quella tendenza naturale a esplorare luoghi e relazioni, che ha permesso all’uomo di costruire la sua civiltà. Adesso questa solitudine abitata dalla tecnologia ci dà l’illusione di avere tutto, quando ci manca la cosa più importante: la capacità e la volontà di guardarci intorno, di cercare l’altro, il diverso da noi. Di indagare l’ignoto.

Usare la tecnologia responsabilmente

La tecnologia ha preso il suo spazio e non è immaginabile tornare indietro. Malgrado le perplessità di Socrate, la scrittura si è comunque affermata. Allo stesso modo, non si può pensare di fare a meno degli smartphone, delle connessioni, delle realtà virtuali. Dobbiamo però educare noi stessi a usare questi mezzi a nostro beneficio, invece che a nostro danno. Occorre usarli come strumenti. Evitare che siano i protagonisti delle nostre esperienza di vita. Con la tecnologia dovremmo fare come con l’alcol, assumerla responsabilmente. Sapendo che ogni eccesso ci danneggia, anche se sul momento sembra straordinario.

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