Se il figlio tanto desiderato non arriva?
Cosa succede a degli sposi di fronte alla più grande prova che possa capitare a una coppia: un figlio che non arriva? Questa settimana mi sono cimentata nella lettura del libro di Simona Arcidiacono: Montagna, maestra di vita (sottotitolo: spiritualità per coppie in cerca di figli).
Un libro breve ma intenso, che ripercorre le tappe della sua vita di coppia. La storia comincia col matrimonio e il suo enorme seguito di sogni, aspettative e speranze. Primo fra tutti, quello di avere un figlio. Qualcosa che ogni coppia considera la naturale evoluzione dell’amore reciproco, una tappa fondamentale nel cammino insieme. Questo è anche il desiderio di Simona e di suo marito Andrea.
Nel loro caso, l’aspettativa non si realizza. Il libro raccoglie questa storia di vita, modellandola nella immagine al tempo stesso concreta e poetica di una escursione in montagna.
Un cammino in quattordici tappe
L’autrice racconta questo viaggio metaforico alla ricerca di un figlio, come un itinerario spirituale per tappe, che ricorda una lunga camminata in montagna. Quattordici soste, ciascuna con le sue conquiste, ciascuna sempre più vicina alla vetta.
Per partire per questo viaggio, serve un kit essenziale: Vangelo, matita e rosario. Come ogni camminata in montagna, la strada ha alti e bassi. Momenti in cui si cade e ci si rialza. Percorrendo questo sentiero di vita, Simona e Andrea capiscono che la destinazione finale di questo viaggio non è necessariamente la nascita del figlio tanto desiderato, ma il trovare la propria vocazione.
Il tempo di Dio
La prima grande difficoltà, per Simona, è abbracciare l’idea del tempo di Dio. Ovvero abbandonare quell’ansia del tempo umano che fuggendo, rende sempre più arduo l’obiettivo di avere un figlio.
È un’ansia che comprendiamo bene, tutti immersi come siamo nella cultura contemporanea, che cerca di dominare natura, tempo, biologia. Il libro descrive in modo molto intimo ed efficace la frustrazione che sorge e che cresce nel cimentarsi con un figlio che “gioca a nascondino”, per usare le parole dell’autrice, mentre i mesi e gli anni trascorrono, un un’attesa che non si concretizza. Inseguire quest’ansia, farsene sopraffare, allontana da sé stessi, dal matrimonio, dalla vita vera.
Il tempo biologico, il tempo della carne, non è il tempo di Dio. Chi non accetta il tempo di Dio, rimane intrappolato, schiacciato nel suo dolore, perdendo di vista quello che Dio realmente ci chiede. Questo sperimenta Simona. Fino a che, a un certo punto capisce di poter trovare un saldo rifugio nella preghiera e nel silenzio, davanti al tabernacolo.
Il dono della fecondità
Simona ogni giorno prega e si interroga su quale sia la sua strada. Chiede a Dio che le dia dei segni. Il segno arriva, in una vacanza in montagna: Simona e Andrea comprendono che si può essere immensamente fecondi, pur non essendo fertili. Se un figlio è un dono, lo è anche la fecondità. Questa è una grande svolta, che permette pian piano di partire, di rimettere insieme i pezzi, seppur fra continue difficoltà, problemi di salute, momenti di scoraggiamento.
Gli sposi imparano a guardare la culla vuota con sguardo d’amore. Così inizia un capitolo nuovo, in collaborazione con una casa-famiglia. Arriva l’esperienza dell’affidamento di una ragazza: Alice. Anche in questo caso, ci sono alti e bassi e difficoltà. La pandemia imperversa, rendendo ogni cosa più ardua. Ma, pur in mezzo a tanti ostacoli, finalmente arriva quella pienezza così a lungo cercata.
Quando il figlio non è scritto nel nostro destino
È confortante la storia di questi sposi, per tutti coloro che si trovino nella difficoltà di non avere figli. La mancata genitorialità è una esperienza così dolorosa e totalizzante, che rischia di distruggere la felicità delle coppie e dei singoli. Un pericolo che si può scongiurare solo grazie a una forte crescita spirituale, fatta di preghiera, di buone guide spirituali e di compagni di cammino. Una storia, quella di Simona e Andrea, che insegna che non si genera solo nella carne, ma soprattutto nel cuore.
Un messaggio di speranza che mostra che un figlio può non essere iscritto nel nostro destino, ma questo non toglie la possibilità di vivere la nostra vicenda umana in modo profondo e appagante. A volte la volontà di Dio non è dare un figlio, ma offrire un percorso d’amore diverso, a tratti più impervio -come certi percorsi in montagna – ma pieno di una grande ricchezza.
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