Il destino di ogni oggetto perso
Mia figlia ha perso l’ennesimo paio di cuffie per il cellulare. Quelle piccoline. L’equivalente tecnologico dell’ago nel pagliaio. Dove saranno? Dove le avrà messe? Dopo una caccia al tesoro di squadra, in ogni angolo della casa, ci siamo arresi all’inevitabile evidenza. Ovunque fossero, le cuffie erano irreperibili, ormai scomparse. Ingoiate dal nulla. Un ennesimo oggetto perso.
È sempre così. La vita è così piena di oggetti ingoiati dal nulla. Al punto che quasi ci sorprendiamo, quando riusciamo a ritrovare qualcosa. Di solito è già troppo tardi. Perché, nella granitica certezza che quello che è perso è perso, noi di solito mica aspettiamo che salti fuori. mica ci aspettiamo di poterlo ritrovare davvero. Al punto che, se mai insperatamente recuperiamo l’oggetto dato per perso, di solito non ci serve più. Generalmente lo abbiamo già sostituito. E lo dico con una certa cognizione di causa. Io, in quanto a perdere le cose, sono una vera professionista. Io smarrisco reiteratamente tutto: chiavi, libri, vestiti, orecchini.
Ogni (oggetto) lasciato è perso?
Ma dove finisce tutto quello che perdiamo? Ci pensavo proprio ieri. Sfinita dalla caccia all’ennesimo oggetto perso, mi sono messa a riflettere. Io che la sera non ricordo cosa ho mangiato a pranzo, sono stata folgorata da un ricordo dei tempi di scuola. Mi sono rammentata di Astolfo sulla luna.
Dicono che sia un equivocabile segnale di vecchiaia avere poca memoria a breve termine e tanta memoria su cose che risalgono a decenni prima. Ciò mi porterebbe a convincermi che sto invecchiando. Se non fosse che io sono sempre stata così. Anche da giovane. Ho sempre ricordato cose inutili e dimenticato altre importantissime. A ogni buon conto, ero semi svenuta sul divano e intanto mi tormentava la storia di Astolfo.
Astolfo, il senno perso e altre amenità della vita
Ve la ricordate la storia di Astolfo? È un brano stranamente sottovalutato dell’Orlando Furioso. Astolfo deve salire sulla Luna per recuperare il senno che Orlando ha perso per amore. Perché proprio la luna? Perché nel cinquecento, quando Ariosto scrive l’Orlando furioso, non ci sono ancora navette spaziali, satelliti artificiali, astronauti. La luna è un luogo lontanissimo, irraggiungibile, incontaminato, una specie di acconto della vita soprannaturale, forse del paradiso.
Nella fantasia di Ariosto, la luna è il luogo magico in cui finiscono tutte le cose che gli uomini hanno perso sulla terra. Sia i beni materiali che morali. Astolfo ritrova cose insperate: il tempo perso nel gioco, le lacrime, i desideri irrealizzati.
Astolfo si trova davanti a un monte dov’è accumulato il senno perso dagli uomini. Il senno è racchiuso in ampolle, poiché si trova allo stato gassoso. Proprio su una di queste ampolle c’è scritto “Senno d’Orlando”. Astolfo lo riconosce e riporta all’eroe Orlando il senno che ha perso per i begli occhi di Angelica.
Il paradiso delle cose dimenticate
È una idea meravigliosa, pensare che non c’è nulla di veramente perso per sempre. Che esiste un luogo in cui ogni cosa trova un suo posto. Un luogo in cui ritroveremo tutto quello da cui ci siamo dolorosamente separati. E fra tutto quello che davamo per perso, quel che ha più valore di tutto: noi stessi e le persone che sono venute a mancare.
La luna di Astolfo, le cose perdute, le ampolle del senno, altro che non sono una metafora poetica della Salvezza. L’idea consolante che neanche noi ci perderemo. Quello che ci sta a cuore lo ritroveremo, in un luogo che per ora è irraggiungibile.
La salvezza
Come ce lo immaginiamo, il luogo della salvezza? Forse non è un luogo fisico. Non è sicuramente la luna di Astolfo. Luna che ormai conosciamo, che ha perso ai nostri occhi il suo mistero e la sua magia. Sfera di terra e roccia che i nostri piedi umani hanno calpestato.
Il luogo della salvezza forse è come lo hanno immaginato i poeti. Pieno di riflessi di luce, e trasparenza. come lo racconta Dante. O forse è ancora diverso. Perché in verità, l’uomo non sa immaginarsi una cosa così straordinaria. Non basta l’esperienza che facciamo della vita, per pensare il paradiso.
Eppure, importa davvero chiedersi come sia? L’importante è sapere che c’è. Questa certezza è talmente dolce, che ci compensa di ogni perdita. E a quel punto non ha più nessuna importanza addolorarsi per le cose perdute su questa terra, cuffie, chiavi, libri, persone amate, se nulla di quello che conta è davvero perso per sempre. Se un giorno ci ritroveremo, grazie a quella promessa che dà un senso a tutta la nostra vita e a ogni nostra perdita: “il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” Lc, 19:10
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