La felicità (riflessione di Padre Enzo Vitale)

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Parliamo di felicità?

Parliamo di felicità. A me, Raffaella Frullone sta simpatica… anche se non la conosco di persona. Perché? Semplice! In questi giorni si è scatenata una battaglia mediatica a causa di una pesca. In un passato abbastanza lontano il problema fu un pomo che causò discordia tra tre importanti matrone e, andando a ritroso fino alla notte dei tempi, scopriamo che il problema dei problemi è rintracciabile in una mela… (che poi non si è neanche sicuri dato che alcuni hanno parlato di fico). Fatto sta che per un frutto siamo qui tutti a subirne le conseguenze.


Mele, pomi e pesche a parte, la questione (molto seria!) della felicità, si gioca attorno alla pubblicità di una nota catena di supermercati. Essa ha mandato in giro uno spot pubblicitario strappalacrime. Ad alcuni ha fatto aggrovigliare le budella. E questo perché – a detta dei difensori del pensiero unico
politicamente corretto – si discrimina! Chi? Beh, le coppie che hanno divorziato.

La felicità non esiste!

Ma non è ovvio perché, come dice Raffaella: «chi lo ha detto che i due erano sposati?». E in effetti, chi lo ha detto? Fatto sta che la pubblicità, in questo caso, ha fatto un servizio straordinario. Perché ha fatto venire fuori quello che non si vuole ammettere, anche se indirettamente: tutti vogliamo la felicità. Ma bisogna imparare che la felicità non esiste!
Sì, proprio così! Lo ripeto: non esiste la felicità.

Il messaggio

Esiste il fare il possibile per stare bene, per sperimentare la gioia, per vivere e godere di quello che si ha, ma se si ricerca la felicità ad ogni costo, si rischia di andare a sbattere.
Per quella bimba, è meglio che i genitori siano assieme… questo il messaggio trasmesso.
Eppure, quella bimba rischia, allo stato attuale, di finire incriminata all’Aja perché desidera, con il suo comportamento, la gioia del vedere uniti coloro che per lei sono papà e mamma.


Mente, come sanno mentire i bambini: nel modo che fa sorridere Colui che la dovrebbe accusare e che non lo fa perché è Lui per primo che ha pensato, da quando ha creato il mondo (anche prima del frutto proibito), che un uomo e una donna formano una famiglia.
Ed è una cosa naturale, non è una cosa tradizionale: attenti alle parole.

La famiglia composta da un uomo e da una donna non è un concetto tradizionale che in qualche modo si può pensare di superare perché si possa raggiungere la felicità attraverso il divorzio.
Non è tradizione, fa parte del nostro essere più intimo: lo abbiamo scritto dentro.
Inoltre: se è vero che ci sono situazioni in cui per il bene (e non per la felicità!), i coniugi arrivano al punto di separarsi, questo non comporta il superamento di un dato di natura che non c’entra niente con la tradizione.

Chiamare la famiglia per nome


Se a tutti i costi vogliamo continuamente ripiegarci sulle categorie “discriminazione” e “tradizione”
finirà che a Natale non potremmo più mangiare gli struffoli. Saremo accusati di discriminazione perché
teniamo al Napoli e non alla Juve.
Calcio a parte (come il frutto di cui sopra, causa di divisioni ataviche) i pubblicitari, probabilmente senza prevederlo, hanno suscitato un vespaio. Soprattutto, ci hanno costretti, ancora una volta, a prendere atto della difficoltà di chiamare le cose per nome. E anche del fatto che la libertà di pensiero e di espressione non è ammessa. La povera bimba non può, non deve, star male perché i suoi genitori si sono separati: deve accettare la loro volontà divisiva a scapito di una unione che, con o senza matrimonio, le ha dato la vita.


Così facendo, pian piano, ai piccoli sarà assolutamente vietato mostrare i propri sentimenti nel momento in cui rischiano di discriminare l’altro.
Concludendo con le parole della Frullone sopra citate e completate: «…ma chi lo ha detto che i due dello spot erano sposati? Nessuno. Ma guarda caso l’equazione famiglia=matrimonio è scattata nella mente di tutti. Perché è naturale. Come il desiderio dei bambini di una famiglia unita».

Aneliamo alla felicità (anche nel matrimonio!)


Purtroppo, di famiglie separate e divorziate ce ne sono tante. Nessuno, io credo, abbia messo su un’unione con il pensiero che fosse a tempo determinato. Una unione per la quale, in partenza, già si conosceva la scadenza. Tutti partono con l’idea del per sempre. Perché, vuoi o non vuoi, siamo fatti per l’infinito. Sì, aneliamo alla felicità, ma per un gioco assurdo, la sfioriamo, senza mai farla nostra, nel momento in cui ci rendiamo conto che non possiamo farla nostra… almeno in questa vita perché – e questa è la “fortuna” di chi crede – si sa di poterne godere per l’eternità.


In definitiva: a me sta simpatica anche la bimba della pubblicità. Perché, con il suo modo di fare, è stata
capace di ricordarci da dove veniamo e cosa davvero desideriamo.

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ho già parlato di questo spot: https://annaporchetti.it/2023/09/27/la-pubblicita-ci-racconta/

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