L’ABBANDONO A CUI CI STIAMO ABITUANDO

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I miei articoli:

L’abbandono

 “L’abbandono è come uccidono i vigliacchi”: bellissima sta frase!

Mi ha colpito mentre giravo per Roma, lungo Tevere, nel caldo del traffico urbano, su uno di quei maxischermi di decine di metri quadrati.

Ovviamente, per l’attenzione dovuta alla guida nella giungla urbana, non ho capito subito di cosa si trattasse. Poi, rientrato in comunità e ristoratomi dalla tempesta di caldo, ho interrogato l’informato mister Google. Lui mi ha subito chiarito che si trattava di una campagna di sensibilizzazione del comune per contrastare l’abbandono estivo di animali (cani e gatti, soprattutto).

Sulla fonte ufficiale ho poi letto: «Un messaggio forte e chiaro, pensato per raccontare e contrastare un fenomeno che ha numeri impressionanti, con oltre 50 mila cani e circa 80 mila gatti abbandonati in media ogni anno in Italia…». Al che, mi sono chiesto: se sono 130mila in tutta Italia, su Roma quanti saranno? Difficile dare numeri precisi.

Riflessioni intorno a una frase

Per l’impossibilità di tenere a bada il pensiero, tra l’attimo in cui, in auto, ho letto la frase e il momento in cui Google ha soddisfatto la mia curiosità, la mia memoria è andata a mille nel riflettere su una frase che ritengo – forse l’ho già detto – bellissima. E che mai avrei immaginato riguardasse cani, gatti e – perché no? – anche pappagalli…

Dove abito io, siamo invasi da questi esseri verdi (sembra ne siano stati avvistati anche di colore rosso) che fanno un simpaticissimo casino. Oltre a mangiarsi tutta la frutta direttamente dagli alberi senza chiedere il permesso. Cosa che, a quanto mi risulta, gli ha dato direttamente il Padrone di tutto. Padrone che sembra si preoccupi dei passeri del cielo e, quindi, anche di loro, evidentemente.

L’abbandono come atto di vigliaccheria

Ma, tornando alla frase, è vero che un vigliacco, incapace di controbattere o di battersi, abbandoni. Qualsiasi sia l’arma nel contendere. Se poi il contenzioso implica l’uso della dialettica, l’unica cosa che potrà fare è, per l’appunto, abbandonare. Dove però, l’abbandono si palesa, soprattutto, nelle vesti dell’ignorare: “ti ignoro perché non ho altra possibilità di battermi con te… la tua capacità dialettico-discorsiva è nettamente superiore”.

Pensieri e parole che fanno paura

Mentre scrivo mi vengono in mente le scene di un celeberrimo film degli anni ’60, vincitore di più premi Oscar, “Un uomo per tutte le stagioni”, in cui è tratteggiata, in un modo magistrale, la figura, attualissima, di un santo martire, Tommaso Moro. In questo film si arriva all’assurdo di togliergli i libri mentre è in carcere. Questo per non permettergli di continuare a fare qualcosa in cui lui si dimostrò essere un maestro: pensare.

E qualcosa di simile succede anche nella triste vicenda del Battista a cui, una poco di buono fa tagliare la testa, perché quando parlava diceva cose troppo vere per passare inascoltate.

L’epoca dell’abbandono

Uno dei problemi più grossi dei nostri giorni, a mio avviso, sta proprio in questa impossibilità, sempre più diffusa, di avere a che fare con persone capaci di argomentare dialetticamente. Persone animate dallo stesso desiderio. Non è tanto quello di imporsi su chi hanno davanti, ma, con chi hanno davanti, cercare la Verità. Altro che oscuro Medioevo, epoca in cui si viveva e si progrediva con l’uso della razionalità dialettica.

Viviamo in un’epoca di abbandono sotto ogni forma di vista.

L’abbandono del padre e della madre

Non me ne abbiano coloro che potrebbero interpretare le mie parole come una non attenzione verso il regno animale: dove vivo, oltre a pappagalli e passerotti, ci sono merli, cornacchie, invadenti gabbiani, timidi fagiani, introversi istrici, prudenti scoiattoli, scaltre volpi, civette notturne e tanto altro…

Di questo ne ringrazio, diuturnamente, il Creatore, oltre che i confratelli che permettono tutto questa grande varietà di fauna.

Le forme di abbandono a cui ci stiamo abituando, senza batter ciglio, sono quelle paterne e materne. Non voglio fare una battaglia di numeri. Solo condividere quella che è la conseguenza di pensiero causato dall’assenza dell’aria condizionata! Mi veniva in mente  l’abbandono che porta il nome di “aborto”. Abbandono in cui una madre (a volte con la complicità di un padre) sceglie di rifiutare l’unica possibilità di cui mai si pentirà in vita propria: quella di abbandonare la vita che si sta formando nel proprio ventre.

Che bello sarebbe se, un giorno, su quel maxischermo leggessi la frase: “Non te ne pentirai mai” (campagna di sensibilizzazione all’accoglienza di ogni vita umana).

Dite che sto sognando?

Sarà, ma potrebbe essere il mio piccolo contributo all’inversione di tendenza all’inverno demografico, in attesa di una primavera di speranza.

Riflessione di Padre Enzo Vitale.

Padre Enzo, era stato intervistato sul tema della gratitudine: https://annaporchetti.it/2023/05/19/intervista-sulla-gratitudine-a-padre-enzo-vitale/

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