Calli e figli

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Figli, calli e storie di vita vera

Cosa c’entrano i calli coi figli? Più di quello che si potrebbe pensare. Ieri sono andata a farmi grattugiare un callo. Sì, lo so, una vera signora bene non direbbe mai così. Non lo direbbero quelle signore ben vestite, moderate ed eleganti. Quelle signore che indossano il filo di perle e il rossetto colorato e la camicia di lino d’estate e il twin set pastello in inverno. Loro, al massimo si sottopongono a un trattamento estetico. Le più audaci avranno un appuntamento per la pedicure. Io, che sono un caso irrecuperabile di sciatteria, anche nel pensiero, dico invece che sono andata a farmi grattugiare i calli.

La ragazza del centro estetico ci si era già data da fare. Li aveva grattugiati per benino settimane fa. Sembravano scomparsi. Poi, i fedifraghi si sono riformati. Non proprio identici a prima. Più piatti, meno coriacei, meno giallastri. Hanno le sembianze di calli depurati, imbelliti. Ma sempre calli sono. “A volte ritornano”. Scherza la ragazza. Eh sì, i calli sono per sempre, altro che i diamanti. “Comunque un po’ alla volta vedrai che li sconfiggiamo.” Mi mormora lei, con aria complice. Siamo alleate nella comune battaglia di far fuori i calli. Calli che, osserva lei, “Sono migliorati molto” (forse andranno nel paradiso dei calli, fra qualche seduta di pedicure).

Huston, c’è un problema

Mi rendo conto che l’evoluzione dei miei calli non è proprio un argomento maistream. E non voglio inaugurare una nuova stagione di blogger egoriferiti e autoreferenziali. Non solo perché io nemmeno riesco a dire: egoriferiti e autoreferenziali, senza che mi si annodi la lingua. Ne abbiamo già abbastanza di coloro che scrivono guardandosi l’ombelico- Non intendo scrivere rimirandomi i calli. I calli mi danno però lo spunto di parlare di come cambia il corpo, la vita, la psiche nel corso del tempo.

Qualche giorno fa ho letto una notizia, su una testata nazionale. Due signore, neomamme, hanno delle rivendicazioni assai particolari. Il messaggio è più o meno: “abbiamo DIRITTOH a riavere la nostra vita di prima, dopo i figli”. (Nota bene: l’acca non c’era, l’ho aggiunta io, come licenza poetica). “Huston, c’è un problema”. Pure abbastanza grosso.

Ho avuto figli, ma niente di serio!

Ve lo ricordate il film: tre uomini  e una gamba? Quando si crea attrazione fra Marina Massironi e Giacomo, che è in procinto di raggiungere la fidanzata per le nozze. Marina gli chiede: “e così ti sposi?” e lui: “si, ma… niente di serio”. (vero che non ve l’ho spoilerato? Ha 125 anni questo film, se non lo avete visto fino a ora, non ci credo che fosse nella vostra wishing list per questo mese).

Ecco, questo dialogo mi ricorda tanto la dichiarazione di cui vi parlavo. La dichiarazione in base alla quale la vita, dopo i figli, possa tornare esattamente quella di prima. Perché ho avuto figli gente, ma niente di serio. Un evento poco importante nella vita. Nulla che debba cambiarne il corso. Questa non è una rivendicazione libertaria. A me sembra una cosa insensata. Dopo i figli non smettiamo assolutamente di essere donne. Ma come possiamo pensare di avere la vita che avevamo prima?

Mamy, i figli e la taglia del busto

Altra scena di film celeberrimo (prego notate che per voi sto attingendo al mio risicatissimo bagaglio culturale cinematografico). Questo non ve lo spoilero di sicuro: è uno degli imprescindibili vecchi film che ogni donna ha visto almeno una dozzina di volte. Ci troviamo a Tara. La residenza di campagna della famiglia O’Hara. Rossella la abita col marito, Rhett Butler. Lei ha da poco dato la luce alla figlia Diletta. Tenta di strizzarsi nel terribile busto con stecche di balena, che dovrebbe conferirle una circonferenza vita di quarantacinque centimetri. Ma la sua vita ne misura cinquanta.

Di fronte ai cinque centimetri in più, Rossella si dispera. A nulla serve che la tata Mamy le spieghi: “Avere abuto bambino mia cara, non botere biù avere vida sottile come brima”. Mamy, con buon senso e pragmatismo, mette Rossella di fronte al fatto che dopo avere avuto un figlio non può tornare tutto come prima. Io aggiungo: meno male! (avevo parlato dei cambiamenti alla coppia dopo i figli qui: https://annaporchetti.it/2023/07/26/finche-i-figli-non-ci-separino/

Le esperienze della vita ci cambiano

Le esperienze della vita ci cambiano. Inevitabilmente la nostra esistenza è piena di fatti importanti. Fatti che hanno un “prima” e un “dopo”. Se, dopo ogni evento saliente, tutto tornasse come prima, a cosa servirebbe aver vissuto? Se desiderassimo sempre le stesse cose a quindici come a cinquant’anni, se le nostre vite restassero uguali in tutto il dispiegarsi del loro corso, varrebbe la pena averle vissute?

Possiamo davvero pensare che avere figli, sposarsi, diventare adulti, non ci cambi? Che passato il momento, tutto torni esattamente al punto di partenza? Possibile che queste esperienze non ci facciano coltivare altri sogni, nuovi desideri, obiettivi diversi? Davvero possiamo immaginare di restare impermeabili a tutto? Ma se nemmeno i calli sono più gli stessi, dopo essere stati grattugiati – e parliamo di  calli – figuriamoci se la vita di una persona potrà mai essere la stessa, dopo un figlio.

Quando un adulto diventa genitore

Avere figli non è un obbligo. Nel fare questa scelta, bisogna essere pronti ad accettare la discontinuità col passato che un figlio inevitabilmente porta, per ogni genitore. Un adulto può avere lo stile di vita che meglio lo soddisfa: una esistenza molto ordinata e metodica, o una vita spericolata, come le star.  Finché non ha responsabilità, se non verso sé stesso, può scegliere la forma da dare alla sua vita. Nel momento in cui diventa genitore, deve accettare che non potrà più fare tutto quello che vuole. Dovrà tenere conto dei bisogni e delle caratteristiche della persona che gli è stata affidata. Questo comporterà inevitabilmente delle modifiche nel suo stile di vita.

Il nuovo corso dei figli

È impensabile fare vacanze transoceaniche su un atollo in mezzo al nulla, a sedici ore di volo da casa, con un lattante. Non si può andare in discoteca, portando con sé il passeggino. Non si può uscire tutte le sere, come se fossimo liberi e belli e a caccia di chissà quali emozioni. Questo voler continuare a fare tutto quello che si faceva prima, come se nella vita non fosse successo nulla, come se non occorresse fare spazio ai figli, come se non dovessimo nulla a nessuno e nella nostra vita soddisfattissimo solo noi stessi, è di un egoismo incredibile. I figli sono la fine della vita? assolutamente no.

Sono però un fattore determinante, che guida le scelte dei genitori. Non vuol dire che non ci si potrà più divertire, uscire, andare in vacanza. Probabilmente si dovrà farlo in un modo diverso. Un modo che sia rispettoso dei tempi, degli orari, delle necessità dei figli. Se non si è pronti a farlo, se non si è disposti a rinunciare nemmeno alla più piccola delle abitudini della vita precedente, allora perché si mette al mondo un figlio?

I figli nella check list della vita

I figli sono, da sempre, un obiettivo importante nella vita di un adulto. Non sono solo un punto da smarcare, nella check list degli obiettivi di realizzazione personale. Qualcosa che stia dopo il lavoro a tempo indeterminato e prima della seconda casa, rigorosamente in mezzo al mutuo prima casa, se possibile non oltre i quarant’anni. E invece i figli sono un fine, non un mezzo per gratificare noi stessi. Soprattutto, non sono una tacca, smarcata la quale, possiamo continuare a vivere come prima. Un figlio è per sempre. Come i calli.

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