Quel che resta del femminismo
C’era una volta il femminismo. Ma questa non è una favola. Non c’è il lieto fine. Nessun “e vissero felici e contente”. Eppure, questa era la promessa all’inizio. Avevano promesso alle donne che sarebbero state libere e felici. Ma era tutto un trucco. A due secoli di distanza, forse è tempo di fare bilanci. E ammettere che quasi nulla è andato come previsto.
Il luogo comune della presunta superiorità femminile
Il femminismo non ha liberato definitivamente le donne dallo sfruttamento. Non ha evitato nuove forme di schiavitù. In compenso, ha instillato nella cultura occidentale il luogo comune della presunta superiorità femminile. Un pregiudizio che, come ogni altro, è infondato. Offende la nostra intelligenza. E ci tradisce. Prescinde da quella che dovrebbe essere l’essenza vera del femminismo: la parità. L’essenza che predica che -uomini e donne – siamo persone. Indipendentemente dal sesso. Come tutte le persone, possiamo essere buoni o cattivi. Dire che le donne sono superiori agli uomini è una idiozia. Ed è anche una forma di sessismo. Però le femministe non se ne sono accorte. Forse erano distratte.
Le femministe si sono battute per il diritto di voto. Da allora votiamo anche noi donne, ma non per questo il mondo è diventato un mondo migliore. Con questo non voglio sminuire un diritto che tutti consideriamo fondamentale. Dico però che non è bastato che le donne votassero perché, come per magia, il mondo della politica diventasse idilliaco. Le donne non sono migliori della loro contro parte maschile, per definizione.
Le promesse del femminismo
Il voto femminile non ha migliorato il mondo, né il femminismo ha migliorato la qualità della vita delle donne. Possiamo lavorare, è vero. In alcuni casi dobbiamo, alla faccia della libera scelta. Ciononostante, continuiamo a essere pagate meno degli uomini, a parità di mansione. E le possibilità di carriera – per quelle a cui interessa- sono minori.
Le donne oggi possono essere sessualmente libere, ma la schiavitù sessuale non è sparita. La prostituzione, il mestiere più antico del mondo, è ancora estremamente diffuso, nella nostra epoca moderna. Le forme di sfruttamento della donna sono sempre gravissime. Basti pensare alla pornografia. Si affermano nuove schiavitù, come l’utero in affitto. Una pratica barbarica che mercifica la capacità riproduttiva di donne fragili, per soddisfare i conati di genitorialità di chi non si rassegna a non poter avere figli.
Basta accendere la TV, o farsi un giro su qualsiasi social, per rendersi conto che il corpo delle donne non è mai stato più oggettificato, (s)venduto, esposto in vetrina, in attesa di acquirenti.
Il fine o la fine dell’autodeterminazione?
Le donne sono così plagiate da questa cultura, che c’è chi fa dell’esibizione del proprio corpo (più o meno coperto) un mestiere, o, per lo meno, una fonte di reddito. Si va da patinate influencer in tanga https://annaporchetti.it/2023/06/04/il-nudo-non-ci-rende-libere/ alle maestre che si offrono su onlyfans https://annaporchetti.it/2022/12/14/solo-per-amore/. Si spogliano davanti a un obiettivo, a beneficio di un pubblico pagante. Ma sempre e solo per una rivendicazione libertaria, che si sappia, ché non c’è forma di libertà più ampia che scoprire le terga. Guai a trovarci qualcosa di male o a eccepire.
Queste signore e signorine saranno sì imprenditrici (forse si poteva dire lo stesso di Al Capone), faranno sì molti soldi, ma questo non attenua di una briciola il fatto che tutto questo passi dall’uso dei loro corpo per scopi commerciali.
Non credo che, nelle intenzioni delle femministe storiche, quella di spogliarsi e rendersi oggetto del desiderio altrui fosse una vittoria. Che tristezza se tutte le battaglie per l’autodeterminazione, si riducono al vendersi al miglior offerente.
Come il femminismo ha tradito le donne
Il femminismo moderno è uno zombie autocompiaciuto. Intellettuali arroccate in castelli ideologici, che hanno perso qualunque contatto con le donne. Quelle vere. Quelle che vorrebbero avere un trattamento lavorativo equo. E che, a monte, vorrebbero che la decisione di lavorare o no, fosse una libera scelta. Vorrebbero che la maternità fosse un’opzione. Senza essere sempre dipinta come un ostacolo alla realizzazione femminile.
Le donne vere, in molti casi, se aspettassero un figlio e fossero in difficoltà economiche, vorrebbero vero supporto. Non qualcuno che cerchi di convincerle che rinunciare al figlio che aspettano sia una meravigliosa attestazione di libertà.
L’autodeterminazione che il femminismo rivendica, non ha nulla della vera autodeterminazione. Se così fosse, le casalinghe non sarebbero dipinte come delle sfigate, che non hanno capito nulla della vita. La maternità non sarebbe demonizzata. Il lavoro non sarebbe considerato l’unico metro su cui misurare la compiutezza delle nostre vite. Il femminismo si comporta come se le avesse inventate lui, le donne. Come se fossero cosa sua, e ne possedesse i desideri, le vite, i valori.
Invece le donne, quelle normali, non vogliono il sesso libero e anaffettivo. Sognano un compagno che le ami in modo esclusivo e generoso. Non vogliono guidare la Apple o Google. Preferirebbero conciliare un onesto guadagno con gli affetti. Non vogliono cenare d’asporto sul divano, sole con Netflix ogni sera. Invece vogliono farsi una famiglia e tornare alla giusta ora a casa dal marito e dai figli. Questo pretendere di parlare per noi, è di una arroganza inconcepibile.
Il femminismo non sa giudicare sé stesso
Il problema del femminismo è che non sa fare autocritica. Non è l’unico problema, ovviamente, ma forse è quello più grave. Un movimento di critica sociale che non sa fare autocritica è destinato all’impasse, che è precisamente quello che sta avvenendo sotto i nostri occhi. Qualunque critica al femminismo viene bollata come effetto del “patriarcato”. Tutto secondo la moda ormai diffusa di inventare nemici immaginari, pur di non affrontare quelli veri. Questo patriarcato è un po’ come gli UFO. Tutti ne parlano, ma nessuno ha trovato prove definitive della sua esistenza. Si tratta di un grande fenomeno di distrazione di massa.
Le quattro ondate del femminismo ormai sono come l’onda sul bagnasciuga: incapaci di lasciare segni durevoli. Ne è prova il fatto che, da decenni a questa parte, sento ripetere: “bisogna combattere la discriminazione di genere”, “bisogna battersi per eliminare il sessismo, il gap salariale, i licenziamenti post maternità”. Ma signori e signore, dopo decenni che bisogna combattere, possibile che i soliti temi restino sempre sul tavolo, ancora irrisolti?
Ci sono gruppi che hanno ottenuto molto di più, in molto meno tempo. Basterebbe pensare alla comunità LGTB che, in pochi anni, ha dettato la sua agenda e portato stati e governi ad accettare una serie di istanze. Mentre l’annosa questione femminile rimane irrisolta. Anzi, si annoda su sé stessa. Il femminismo ha fregato le donne.
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