Intervista sull’Umiltà

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Parliamo di umiltà: come possiamo definirla?

Prendo in prestito le parole di S. Teresa di Gesù che l’ha definita in un modo molto sintetico ed efficace: “L’umiltà è verità”. Definizione che, evidentemente, tiene conto di ciò che scrive San Paolo nella lettera ai romani: “Non valutatevi più di quanto sia conveniente valutarsi, ma valutatevi in modo da avere di voi una giusta valutazione” (Rom 12, 3).

Chi non è umile non conosce i propri talenti e i propri difetti, i propri punti luce e le proprie ombre, le proprie cose buone e i propri punti deboli.

Se, però, dovessi usare una definizione un po’ più estesa, direi che l’umiltà è la capacità di vedersi alla luce di Dio.

Praticando l’umiltà, non si rischia di apparire deboli? Non c’è il pericolo che qualcuno ne approfitti?

È naturale che in una realtà segnata dalla ferita del peccato originale, e quindi dall’esaltazione del proprio ego, l’umiltà non sia un valore secondo il mondo, ma bensì una debolezza. Ma l’umiltà è alla base della mitezza. Qualcuno disse “beati i miti perché erediteranno la terra”. Quindi non credo sia una debolezza. Diventa una debolezza quando, con la scusa di voler essere umili, si diventa pusillanimi. Così mettendo a tacere quei moti interiori che, ad un discernimento attento (e, per chi crede, guidato dallo Spirito Santo), sono dettati da un dover difendere “la verità nella carità” (Ef 4,15). Per paura di conseguenze personali o di deludere l’altro.

Che ruolo ha l’umiltà, nella vita di un credente?

Sarebbe riduttivo esaurire l’argomento in poche righe, ma cercherò di offrire una sintesi. I maestri dello spirito sostengono che l’umiltà è la base, il fondamento della vita del credente, al punto che San Francesco di Sales dice che “dalla misura dell’umiltà, si conosce il nostro progresso spirituale”. Non a caso la parola deriva dal latino humus, “terra”, per cui si può pensare che essa sia il terreno in cui possono sbocciare le altre virtù. Potremmo dire anche che è quella condizione necessaria per poter seguire veramente il Signore. Perché Lui dice che “se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”.

D’altronde è la virtù che abbiamo visto esercitare dal Verbo di Dio nell’incarnazione. Proprio per questo San Paolo ci rivolge questo invito nella lettera ai filippesi: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce.” (Fil 2, 5-8).

Non si può vivere un abbassamento del genere se non a partire dall’amore. Non si può rinunciare a qualcosa di sé se non vi è un amore superiore al proprio ego. Senza l’umiltà non c’è santità! Per fare un esempio: Padre Pio, un santo a cui sono molto legato, l’hanno fatto santo più per l’umiltà con cui ha sempre obbedito che per le stimmate.

Una volta un’anima santa mi disse: “ricordati che all’inferno puoi trovare i vergini, ma non gli umili”.

Praticare l’umiltà può renderci più sereni? O fare di noi persone migliori?

C’è un salmo che può aiutarci a rispondere a questa domanda, il salmo 131(130) che si apre con queste parole: “Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze”. Guardarci alla luce di Dio ci aiuta a comprendere qual è il nostro vero posto nel mondo e a non essere assillati dal desiderio di arrivare a posti di privilegio che sono al di là delle nostre capacità e dei nostri meriti. Per forza di cose poi si riesce ad essere persone più serene perché appagate. Non tormentate da desideri che non fanno bene.

c’è qualche esempio di comportamento o persona umile, descritti nelle sacre scritture, a cui è particolarmente affezionato o che ritiene particolarmente interessante?

Beh, mi piace vincere facile e cito la Beata Vergine Maria. Colei che è Madre umilissima e che si è custodita immacolata proprio perché umile. Nel Vangelo vediamo come la sua umiltà traspaia ogni volta che viene menzionata: all’annuncio dell’Arcangelo Gabriele si definisce “schiava” del Signore (come una traduzione possibile suggerisce) e nel Magnificat dice “grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente perché ha guardato l’umiltà della sua serva”. 

Il termine greco usato per umiltà è ταπείνωσιν che ricorda un termine che in italiano non usiamo quasi più: “tapino”, misero; se colei che è l’Immacolata si definisce misera, cosa dovremmo dire noi di noi stessi. Ciononostante lei ammette che grandi cose sono avvenute in lei per opera dell’Altissimo. Quale migliore esempio di lei, no?

Che consigli darebbe a chi voglia perfezionarsi in questa virtù?

Beh, il consiglio pratico più immediato, probabilmente non il più facile, ma di certo il più efficace è quello di accettare le umiliazioni quando arrivano, soprattutto se immeritate, e magari offrirle al Signore secondo la parola di quel salmo che dice: “Bene per me se sono stato umiliato, perché impari ad obbedirti” (Sal 119, 71). È uno di quei consigli che non si vorrebbe seguire perché non lo si comprende, ma, come i consigli dei genitori, si comprende solo dopo averli seguiti; è necessario compiere un atto di fede.

Oltre all’aspetto di valore per l’individuo, l’umiltà ha anche una dimensione sociale?

Sì, a maggior ragione in un contesto che esalta l’”io”. Se vogliamo cambiare il mondo, una società come quella odierna, possiamo farlo a partire da quella parte di mondo che dipende da noi, ovvero noi stessi.

Umiltà e matrimonio: è una dote che può aiutare gli sposi a vivere meglio il loro rapporto e il Sacramento? ci può fare qualche esempio di comportamento umile che porta beneficio al rapporto di coppia?

Certo che può aiutare! Nel dare delle indicazioni agli sposi, San Paolo scrive, nella lettera agli Efesini: “Nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri” (Ef 5,21). Cioè essere a sostegno l’uno dell’altro. Solo così il matrimonio diventa il rimedio all’egoismo dei singoli. Si smette di stare insieme tra individui e si vive una relazione tra persone per la costruzione della coppia. Questo, per quanto possa sembrare difficile, diventa fattibile con l’auto della Grazia.

Se posso condividere un’esperienza personale: prima di entrare in seminario sono stato fidanzato per sei anni. E’ stato un periodo benedetto sotto diversi punti di vista. Quello che voglio condividere è che la ragazza con cui sono stato fidanzato mi ha sostenuto facendomi sentire amato e stimato anche e soprattutto nei miei errori. Questo mi ha aiutato tanto e mi ha fatto crescere. Poi che le nostre strade si siano divise è un’altra storia.

Don Francesco Pio Morcavallo è un sacerdote. Di origini pugliesi, ora vive nella provincia di Ferrara.

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