Perché il nudo non ci renderà libere
Tutti o quasi parlano di nudo. Nello specifico, di quello di una nota influencer della moda, che ha postato una foto di quasi nudo sul suo profilo Instragram. Lo scatto viene criticato. L’influencer non la prende bene. Si potrebbe riflettere su questa autoreferenzialità un po’ talebana, così lontana dalla presunta inclusività che piace tanto a questi personaggi pubblici. Evidentemente non è contemplata la possibilità di ammettere un errore, uno scivolone, una scelta opinabile. Ma questo non è il peggio.
La risposta è ancora più sguaiata dello scatto. Riporto la frase che mi ha colpito: “ci hanno insegnato che le donne non possono osare e questo è uno dei tanti modi che io utilizzo per prendermi la libertà che tutti dovremmo avere”. La chiosa si chiude con un: “faccio incazzare i puritani? Allora Missione compiuta”. E qui si apre un mondo di considerazioni da fare.
Ma la prima domanda è: la nudità è davvero scandalosa?
Quando il nudo faceva notizia
Correva l’anno 1922, quando un’attrice italiana comparve nuda per la prima volta in un film. Lei era Francesca Bertini, diva del cinema muto. Il film s’intitolava: La donna nuda. Sì, avete capito bene. Il primo nudo cinematografico risale a cent’anni fa. All’epoca si trattava certamente di qualcosa di inusuale. Probabilmente era scandaloso, ma parliamo di cent’anni fa. L’attrice, per inciso, non aveva particolari rivendicazioni femministe. La Bertini recitò nuda semplicemente perché il ruolo lo prevedeva. La Bertini fu la prima diva italiana. Non per quell’unico nudo, girato quando era già abbastanza conosciuta. Divenne famosa per gli oltre cento film, girati nella sua breve carriera. Carriera che interruppe a ventinove anni, per sposarsi. Oltre cento film e un’unica scena di nudo. La Bertini non costruì il suo successo sulla nudità. Eppure aveva interpretato protagoniste sensuali e storie d’amore burrascose.
La cultura e il costume sono molto cambiati in questi cento anni. Abbiamo visto nudo al cinema, nudo in televisione, nudo sui giornali. Il nudo occhieggia ogni tanto persino sulle passerelle dell’alta moda. Nn solo. Molte donne comuni prendono il sole in topless. Sulle nostre spiagge vediamo costumi così succinti, da lasciare poco all’immaginazione. C’è davvero qualcuno in Italia che oggi pensi che una foto con pochi vestiti addosso scandalizzi i puritani? Ma dove sarebbero esattamente, questi puritani?
Puritanesimo o buon senso?
Ci siamo lasciati alle spalle l’idea che il nudo sia trasgressivo. Se il nudo non è più bandiera di trasgressione o simbolo di libertà, perché spogliarsi in pubblico? Sicuramente un nudo attrae l’attenzione. Non necessariamente una attenzione positiva. Perché il nudo è in qualche modo democratico. Solletica la curiosità di uomini raffinati, così come di soggetti volgari. D’altro canto, se si lancia l’immagine nuda del proprio corpo su un social media, non si può più controllare l’uso che ne verrà fatto. Né si può escludere che quel corpo, pubblicamente offerto, catalizzi attenzioni morbose. O rappresenti l’oggetto di fantasie libidinose.
Lo scatto senza veli diventa oggetto del desiderio. Invece che manifestazione di libertà, il nudo diventa strumento di mercificazione Il buon senso e non il puritanesimo sconsiglierebbe di posare senza veli. Se proprio non si riuscisse a evitare di spogliarsi, forse sarebbe più onesto dire che lo si fa per vanità, per esibizionismo, per bisogno di clamore. Sarebbe meglio ammettere l’intenzione di monetizzare la propria immagine. Senza ammantare il gesto di chissà quale rivendicazione libertaria, femminista o progressista.
Tocca dare ragione a Gramellini, che sull’argomento si è pronunciato in un testo piuttosto critico. Cito la sua frase: “[l’nfluencer] chiama in causa la libertà di espressione, che è l’alibi con cui i capitalisti dei social giustificano qualsiasi contenuto pruriginoso consenta loro di fare più soldi”
L’anacronismo di alcuni millennial
La rivendicazione della bionda influencer arriva fuori tempo massimo. È anacronistico spogliarsi nel 2023, come se fosse un atto rivoluzionario. Noi che abbiamo passato i cinquanta, di fronte a questo tipo di affermazioni, sorridiamo. E scuotiamo la testa.
È un comportamento usuale, per molti millennials. Ovvero quei giovani, nati fra il 1980 e il 1996, che con ingenuità e arroganza, si comportano come se prima di loro ci fosse il nulla. Agiscono come se volessero infrangere tabù già messi in discussione dalle generazioni precedenti. Così è per il semi nudo su Instagram di questi giorni. Idem per le dichiarazioni di una segretaria di partito recentemente eletta. Entrambe usano un linguaggio che era già trito quando eravamo ragazzi noi, nei decenni precedenti. Figuriamoci adesso.
Assistiamo dunque allo spettacolo di una generazione incapace di abbracciare sfide proprie. Giovani perennemente alle prese con un nemico immaginario. Un nemico sconfitto o superato dal tempo e vivo solo nella realtà distorta e autoreferenziale di una certa fetta di trenta-quarantenni. Gente che vive in una bolla tutta sua. Persone che si sentono minacciate da schiere di puritani o capitalisti o fascisti o patriarchi o altre varietà di antagonisti ormai estinti. Tutto ciò, invece di confrontarsi con nemici e minacce reali.
Il nudo non è una rivendicazione credibile
Il nudo non ci rende più libere. Una donna che si denudi pubblicamente sta lanciando un chiaro messaggio. Sta dicendo: guardatemi, sono nuda, sono bella, sono desiderabile. Un gesto che azzera immediatamente la sua credibilità. Non si sta facendo valere per le sue idee, per i suoi argomenti, per i suoi pensieri. Perché da un nudo -anche fosse bellissimo- nessuno può misurare il quoziente di intelligenza. Né valutare la cultura, la preparazione, la personalità. Il nudo non dice niente di noi come persone. Mostra solo che abbiamo un corpo che può suscitare desiderio. Io non vorrei più vedere donne che si spogliano, per far parlare di sé. Vorrei invece vedere donne che fanno parlare di è, pur rimanendo vestite.
La vera battaglia di libertà per una donna, è che, quando parliamo, ci guardino negli occhi. Non che ci guardino le natiche, la scollatura, lo spacco vertiginoso della gonna. Se vogliamo che ascoltino quello che abbiamo da dire, concentriamoci su quello. Se non vogliamo essere viste come oggetti sessuali, smettiamo di proporci come oggetti sessuali. Inutile lamentarci poi che il mondo ci giudichi secondo il metro che noi stesse abbiamo stabilito, spogliandoci.
Donne che osano davvero (senza il nudo)
Spazziamo via l’idea antiquata e sessista che “osare” per una donna significhi solo togliersi i vestiti. Abbiamo di meglio da mostrare. Il nostro corpo non è un oggetto da sfoggiare, per darci autorevolezza. L’autorevolezza dovrebbe derivarci dalle nostre qualità profonde, dalle competenze che abbiamo, dalle nostre capacità. Osare dovrebbe significare ambire a traguardi alti, raggiungere obiettivi finora mai conquistati dalle donne. Chi osa supera i suoi limiti e vince su sé stesso. Non mostra il sedere.
Non c’è nessun merito, nessuna conquista, nel togliersi il reggiseno o indossare un micro tanga. Maria Curie, premio Nobel per la chimica e per la fisica, prima docente donna della Sorbona non si spogliò mai pubblicamente. Non si spogliò Maria Montessori, prima donna italiana a laurearsi in medicina. Non si è mai denudata Rita Levi Montalcini, anche lei premiata con il Nobel, per le sue ricerche sul cervello.
Né abbiamo mai visto Margherita Hack nuda, prima donna a dirigere un osservatorio spaziale in Italia. Non ci sono foto senza veli Margareth Thatcher, prima donna capo di governo in Inghilterra. Né ricordo foto osé di Angela Merkel, prima donna a ricoprire il ruolo di cancelliera (primo ministro) del governo tedesco. Queste sì che sono donne che hanno osato. Donne che hanno sfidato veri tabù dei loro tempi. E hanno vinto.
E poi, gli uomini non lo fanno mai. Gli uomini non si spogliano, per conquistare i loro traguardi. Non ricordo un singolo scienziato, statista, scrittore, che, per rivendicare la propria libertà di espressione, abbia deciso di fotografarsi nudo. Se vogliamo essere rispettate e considerate credibili, facciamo come gli uomini. Piantiamola di comunicare attraverso la seduzione. Agiamo senza trucchetti o scorciatoie.
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