L’amicizia (intervista a Don Stefano)

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Buon giorno Don Stefano, parliamo di Amicizia: cosa caratterizza questo rapporto?

Libertà. Se io non me ne posso sempre andare, non è detto che resti volentieri accanto a te. La dico meglio: se tu non te ne puoi sempre andare, non è vero che ti amo per quel che sei. Certo, non è che il fatto che l’amico stia o non stia accanto a me sia la stessa cosa, ci mancherebbe! Però lo spazio della libertà è quello qualificante l’amicizia. Una libertà che responsabilizza, che crea legami, non che lascia a piedi. Io personalmente disprezzo il concetto di “migliore amico”, per due motivi: innanzi tutto quasi non ti concede di deludermi, perché se sei il migliore è perché non puoi farmi male. Ma io voglio lasciarti libero di deludermi!

E poi perché io non so chi incontrerò da qui alla mia morte, per cui, se trovo una persona con cui mi apro più facilmente che con te, se c’è qualcuno che mi intrippa di più, perché deve prendere il primo posto a discapito di un altro? Nell’amicizia l’amore si espande, non si ridestina. Non è mica il catasto! Nella Bibbia il Signore per bocca di Isaia raccomanda al suo popolo: “Allarga lo spazio della tua tenda, stendi i teli della tua dimora senza risparmio, allunga le cordicelle, rinforza i tuoi paletti, poiché ti allargherai a destra e a sinistra.” (Is 54,2-3a). Credo che questa dinamica sia propria anche dell’amicizia.

Quando si parla di rapporto fra uomini, si pensa più spesso alla fratellanza, in che cosa questi due sentimenti si somigliano e in cosa si differenziano?

Ritengo che l’unica sostanziale differenza tra queste due categorie della relazione umana sia da riscontrare nella loro sorgente di senso: nell’amicizia la libera elezione, nella fratellanza la riconoscente ricezione. Fratello è chi mi è dato come tale. Il legame con lui è sempre dipendente dal datore, di una dipendenza che non dice soltanto che quel legame sussiste in virtù di questa comune origine, ma piuttosto circa la natura di questo legame, poiché dall’origine esso trae la natura prima ancora che la relazione. E penso alla fratellanza di sangue come a quella nella fede, dove il padre è risignificato nel volto del Padre che è nei cieli (cfr. Mt 6,9).

In virtù di questa dinamica, forse, la fratellanza risulta più onerosa, meno leggera, eppure oltremodo degna, sicura, liberante. L’amicizia è qualcosa che apre alla vita insieme ad un altro, e non solo un luogo nel quale condividerla. I fratelli camminano accanto anche se lontanissimi, qualcosa dell’uno fa parte delle fibre della paura e della speranza dell’altro. Un fratello si può anche rifiutare, ma sarà sempre interrogativo di realtà per la mia coscienza umana. Un fratello si può addirittura uccidere, ma non smettiamo di esserne responsabili: “Allora il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?».” (Gen 4,9)

Che posto ha l’amicizia nella vita degli uomini e in particolar modo dei cristiani?

Da celibe per scelta, l’amicizia risulta essere la forma di relazione umana più alta che ho scelto di vivere e che, proprio nella fede cristiana. A me pare consistere nella concreta possibilità di sperimentare la forma umana possibile dell’amore di Cristo: “Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.” (Gv 15,15) Qualche tempo fa -racconto un episodio- sono andato al cinema a vedere “Le otto montagne” con una coppia di amici sposi con cui condividiamo da anni un cammino di fede nel movimento delle Equipes de Notre Dame.

Non avevo né letto il libro da cui il film è tratto. Né mi ero informato troppo, sapevo solo che il film parlava di amicizia e questo mi bastò. Bene, da metà del primo tempo ho iniziato a piangere, sempre e sempre più forte, durante l’intervallo, durante il secondo tempo, durante i titoli di coda, mentre uscivamo dal cinema, mentre mi accompagnavano a casa, mentre ci salutavamo, mentre chiudevo la mia chiesa… I miei due amici non hanno quasi battuto ciglio. Sapevano che quel film aveva toccato le corde più profonde di me, risuonando potentemente. Hanno rispettato quel sentimento, accogliendolo e accogliendomi. Perché solo nell’amicizia l’amicizia risuona liberamente.

Quali rapporti amicali nell’AT e nel NT rappresentano esempi/modelli significativi a cui tendere?

Per brevità -perché credo si sia notato che su certi temi sono tutt’altro che sintetico- faccio riferimento ad una sola relazione a parer mio emblematica: l’amicizia tra Gesù e i tre fratelli Marta, Maria e Lazzaro. Mi piace tratteggiarne due dettagli a partire dall’episodio che viene solitamente definito come “Unzione di Betania” e che troviamo nel capitolo dodicesimo del Vangelo di Giovanni (cfr. Gv 12,1-11).

Gesù pochi giorni prima di morire va a casa di questi tre amici di cui era un habitué e -dettaglio non di poco conto!- tra cui uno era già stato morto: Lazzaro. Gesù ha “bisogno” di visitare una casa, di frequentare un’amicizia nella quale non abbia bisogno di spiegare la sua preoccupazione, il suo dolore, perché sa che lì verrà capito. La morte di Gesù non è uguale a nessun’altra morte. Eppure è identica a quella di ciascuno di noi. Sulla morte Lazzaro e Gesù stanno 1 a 0 quella sera. 

Amicizia allora è non temere la tua esperienza di vita, ma anzi appoggiarmici volentieri. Inoltre, quella sera, Maria, innamorata amica di Gesù, compie per lui un gesto scellerato, da spaccona, con tutto quell’olio versato sui suoi piedi. Però l’amicizia è anche questo: amare in modo sovrabbondante. Non per legare di più a sé, ma perché si spanda il profumo del bene, perché tutti vedano l’amore, anzi: lo annusino. Dice Gesù: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri.” (Gv 13,35)

Si può nutrire una sincera amicizia anche nei confronti di persone molto diverse da noi? Ad esempio, è immaginabile un’amicizia fra un credente e un ateo o fra un cristiano e un fedele di un’altra religione? Ci sono elementi a cui prestare attenzione o specifici rischi?

Certo che è possibile, e direi che in qualche modo è doveroso almeno provarci! Amicizia non significa totale e sempiterno accordo sul tutto. E’ invece libertà di camminarsi accanto anche e soprattutto condividendo tutto ciò che ci dà da pensare, che ci perplime, che non ci garba. Volersi bene non vuol dire che tutto quel che vivi o fai mi va bene, che lo farei e vivrei anche io solo perché lo fai te che sei importante per me. 

Amicizia non è mai cieca accondiscendenza. In una logica quindi di disparità di culto credo che questo vada a configurarsi come una reciproca stima nella sincera ricerca della verità. Là dove il mio andare a fondo possa servire da sprone e stimolo al tuo, sapendo che la verità non la si possiede, ma da essa siamo posseduti. Il cristiano non deve temere le amicizie con chi ha un’altra fede o non l’ha affatto: se sorgono dei dubbi, possono diventare occasioni per approfondire, magari accompagnati da una buona guida. Se invece dal confronto si viene rinforzati nella propria posizione, ecco allora l’occasione di crescere nell’umile servizio alla verità, che per noi è la persona stessa di Gesù.

Che consigli dare a un cristiano, rispetto ai suoi amici?

Consiglio che li senta sempre come donati e mai come dati una volta per sempre e che ami più il loro bene che il loro consenso. Che non si attardi mai nel fare il primo passo, soprattutto qualora avesse ragione. Infine, che preghi per loro, per vederli sempre come li vede Dio.


L’amicizia fa bene? ci rende persone migliori?


Direi che l’amicizia fa(bbrica) il bene, è come una fucina di benevolenza reciproca nel quale la cosa peggiore che ti possa capitare è.. migliorare!


Amore e amicizia: qual è il rapporto fra questi due sentimenti? Due sposi che si amano, sono anche amici?

Questa domanda conclusiva aprirebbe a tante altre riflessioni, che non offro per non ammorbare ulteriormente. Se per amore si intende l’amore sponsale, allora direi che nell’amore c’è bisogno di alcuni tratti dell’amicizia perché esso possa risplendere maggiormente. Occorre una certa complicità, il culto del destino altrui, la franchezza mai irriverente. Però, nell’amore sponsale abbiamo la possibilità di vivere alla stregua dell’amore tra Cristo e la sua Chiesa, dove la complicità risplende nell’alleanza. Dove il destino dall’essere un’avventura “mia” diventa una storia “al noi”. Infine dove la sincerità si compie nel dono totale di sé.

Gli sposi cristiani sono anche amici, certamente, almeno quanto siano devotamente fratelli, perché figli donati l’uno all’altra da Dio per far risplendere in mezzo al mondo l’amore fedele dell’unico Padre.

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Don Stefano Papini, prete cattolico, cristiano felice. Vicario parrocchiale in una parrocchia della città di Grosseto, insegna Religione Cattolica nel Liceo Classico statale della città. Tra le altre cose belle, sta con i giovani in oratorio, per strada, dove capita. “Loro stanno con me, insieme stiamo nella vita, perché Gesù ci vuole fare santi insieme, ne sono certo”. Chi vuole frugare trova qui un po’ di cose più

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