Cellulare: arma letale in amore

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Il cellulare, questo aggeggio infernale!

Mi scrive una mia lettrice, a proposito del cellulare nelle questioni di cuore. Sì, avete capito bene: il cellulare è il terzo incomodo in molte storie d’amore. Se la cosa vi risulta strana è solo perché, molto probabilmente, appartenete come me a una generazione in cui i telefoni erano così ingombranti da non poter stare in una tasca o in una borsa. Per noi nati fino agli anni Settanta, il telefono era quel coso appoggiato su un mobile, con una cornetta. Uno per ogni casa.

Poi sono arrivati i cordless. Ci sembravano l’estrema frontiera della tecnologia, perché potevamo parlare al telefono, intanto, che sfaccendavamo per casa. Per gran parte di noi, il telefono è stato un elemento marginale, specie ai tempi del corteggiamento. La linea telefonica di casa era una, non si poteva tenerla occupata troppo a lungo. Comunque, non c’era privacy sufficiente a incoraggiare le confidenze al telefono. L’apparecchio era solitamente in uno spazio comune. Le norme della buona educazione impedivano di chiamare a tutte le ore, quando c’era il rischio di disturbare.

Poi i telefoni sono stati rimpiazzati dal cellulare. Al punto che in tanti, oggi, nemmeno lo hanno più, un telefono fisso. Il cellulare ha influenzato la nostra vita quotidiana in tanti aspetti, inclusa la comunicazione di coppia.

L’onnipresente cellulare

M., la mia lettrice, mi interroga sul comportamento più utile, in una relazione sentimentale, rispetto al cellulare. Come e quando usarlo. Quali errori evitare. Un compito per me difficile, per le questioni anagrafiche di cui dicevo. Tuttavia, non sia mai che mi rifiuti di dare consigli sentimentali a qualcuno. Quindi ecco ii miei tre suggerimenti sull’uso responsabile del cellulare.

Regola numero 1: il cellulare non è una microspia

L’amore può rendere gelosi. Specie con una nuova frequentazione. Non sappiamo se l’uomo (o la donna) che abbiamo cominciato a vedere sia affidabile. Non sappiamo dov’è, con chi è, cosa fa, quando non siamo insieme. E sì, esiste la possibilità che frequenti altre persone, che abbia un’altra fidanzata o delle amicizie affettuose. Questa possibilità è sempre esistita, dal pleistocene in avanti.

Solo il cellulare ha introdotto l’illusione di poter controllare le persone a distanza. Così, c’è chi usa la messaggistica del cellulare per sapere in ogni istante dove sia e cosa faccia l’altro.

C’è chi si innervosisce, se l’amato tarda a rispondere. Qualcuno viene travolto da una crisi d’ansia, quando l’amato non è raggiungibile. O se l’ultimo accesso a WhatsApp risale a molte ore prima. O, peggio, se la persona ha avuto accesso a WhatsApp, ma non ha letto i suoi messaggi. Oppure, se li ha letti e non ha risposto.

Questo genere di paranoie causa un sacco di tensioni inutili in un rapporto sentimentale. Può essere vero che lui (o lei) non risponda perché ha effettivamente dimenticato il cellulare a casa. O perché ha esaurito la batteria. Magari è stato davvero impegnato al lavoro o in palestra e non ha usato il cellulare per qualche tempo. Tutto questo può essere realmente accaduto.

Il punto è che non lo sapremo mai. Perché se la persona in questione è in mala fede, ci mentirà. Non sarà sufficiente chiedere spiegazioni o monitorarne gli spostamenti. Oppure, se ci dice la verità, la nostra ansia ci porterà a dubitarne. In entrambi i casi, ci creiamo delle preoccupazioni per situazioni che non sono sotto il nostro controllo. Qual è il consiglio? Il cellulare non è una microspia! Cara M (cari tutti) dovete decidere se fidarvi della persona o no. E, se vi fidate, allora dovete rinunciare a questi tentativi di controllo.

Regola n2: il linguaggio non verbale non si può scrivere

Quando comunichiamo in presenza con una persona, utilizziamo molte risorse espressive. Il tono della nostra voce, l’espressione del volto, la postura del corpo. Tutto questo si chiama linguaggio non verbale e prescinde dalle parole. Certo, comunichiamo anche le parole. Ma non solo le parole. Soprattutto non le parole.

Una stessa frase, a seconda del tono di voce, della nostra espressione, in definitiva del nostro non verbale, può assumere significati diversi. Dire: “ti odio” facendo l’occhiolino, non ha lo stesso significato che dirlo con tono bellicoso. Quando però decidiamo di usare il cellulare (e quindi i messaggi) per comunicare col corteggiatore, non abbiamo più a disposizione il linguaggio non verbale. Abbiamo solo il verbale. E il linguaggio verbale si presta a interpretazione. Perché io magari ho scritto quelle parole con una certa intenzione, che non riesco a far passare. E tu le leggi, attribuendole la tua intenzione, che magari è molto diverso.

Ciascuno tende a integrare le informazioni non verbali mancanti in un messaggio. Lo fa in base al suo vissuto, al suo stile, alle sue esperienze passate. Magari anche in base all’umore del momento. E si creano così equivoci giganteschi. Specie se si affida alla messagistica un testo complesso, pieno di sfumature, di implicazioni, di emozioni, il rischio di fraintendimento diventa enorme.

Qual è allora il consiglio? Utilizziamo la messaggistica del cellulare solo se e quando indispensabile. Solo per trasferire informazioni pratiche. Sì, lo so, è comoda e veloce. Ma è meglio usarla solo per frasi a basso impatto. Cose come: “passo a prenderti domani alle otto”. “ci hanno invitati a cena i Bianchi”. “c’è un rallentamento per incidente in tangenziale”. Mai per comunicazioni più profonde o problematiche. Per quelle, è meglio un colpo di telefono o parlarne di persona.

Regola n 3: L’amore passa, il cellulare resta

Un altro motivo per cui sarebbe prudente evitare di raccontarsi troppo attraverso i messaggi del cellulare, è che questi poi restano. Le parole d’amore scambiate, le litigate via messaggio, le foto eccetera, restano lì a inchiodarci al passato. Anche dopo che la storia è finita.

Ho amiche che, mollate dal fidanzato, hanno passato giorni a rileggere tutte le conversazioni avute su WhatsApp, sciogliendosi in fiumi di lacrime nostalgiche. Altre che le hanno inoltrate a ventisette amiche, per far vedere loro quanto l’ex fosse un maledetto doppiogiochista, pronto a riempirle di complimenti, per poi lasciarle poco tempo dopo. O per farsi compiangere: “guarda qua cosa gli avevo scritto, al fedifrago! Come lo amavo”.

Ci sono poi persone specializzate nell’arte masochistica dell’auto-macerazione. Quelle che vivisezionano ogni singola parola che era stata scritta, per attribuirle a posteriori un significato o un intento, che in origine non c’erano. E che le fanno soffrire. Quelle che riguardano tutte le foto scambiate con l’ex, per ricordare quanto erano stati felici in quel posto quel giorno .

E poi c’è la categoria delle pubblico ministero, quelle che intentano un processo al passato. Eleggono a giuria le solite amiche. Con loro rianalizzano ogni frase delle conversazioni dell’ex. E magari si convincono del fatto che sia stata proprio quella frase scritta il ventisette gennaio del duemila venti, a segnare l’inizio dell’irreversibile rottura.

Inutile dire che si tratta di tempo sprecato e dolore inutile. Il problema è che è più difficile lasciarsi alle spalle il passato, se possiamo farvi incursione in qualsiasi momento. Perché i ricordi almeno, pietosamente sbiadiscono, mentre i messaggi no, per quelli scripta manent, rimangono scritti, come dicevano gli antichi.

Meglio vivere una vita più autentica

Per questo il cellulare ci impedisce una vita di relazione più autentica, con meno filtri e meno distorsioni. Il consiglio che do a M e a chiunque sia incerto sul ruolo da dare al cellulare in una storia d’amore è utilizzarlo il meno possibile. Utilizzarlo soprattutto per lo scopo per cui è stato inventato: ovvero per telefonare. E ricordare che Romeo e Giulietta, ma pure i nostri nonni, hanno vissuto grandi amori in epoche in cui tutta questa urgenza di comunicare a distanza non c’era.

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