Maria, le madri, la maternità

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Madri d’oggi

Tempi duri per le madri. Secondo il pensiero moderno, la maternità non ha nulla di naturale. Le madri -dicono i progressisti- sono solo un concetto antropologico. Una costruzione culturale, qualcosa che gli uomini si sono inventati a loro uso e consumo.

Oppure, le madri esistono, ma solo in quanto agente biologico. Per mettere al mondo un essere umano, ci vuole un ovulo, uno spermatozoo e infine un utero. Le madri esistono biologicamente, ma sono poco più che contenitori. Strumenti che si possono affittare, noleggiare, ricevere in comodato d’uso. Oggetti animati in grado di portare a termine una gestazione. Per carità, non la si chiami maternità. Perché la madre non esiste.

Cosa resta della figura materna, al netto di questa opera di polverizzazione culturale e ideologica? Davvero le madri sono inutili, pleonastiche, al massimo opzionali, condizione necessaria ma non sufficiente (e nemmeno desiderabile) per sviluppare una creatura umana?

La Vergine, madre per eccellenza

Qualcuno ironizza, dicendo che la Vergine Maria sia stato il primo esempio di utero in affitto. Un’idea che non arriva nemmeno a essere blasfema. Si ferma prima. Si limita a essere ignorante e stupida.

Non che valga la pena ribattere – mai farsi trascinare in un confronto, se i toni sono così bassi e in mala fede – basterebbe aver letto il vangelo, per vergognarsi di tanta superficialità.

I Vangeli non sono la biografia di Gesù. Di lui dicono in realtà molto poco. Non sappiamo quali fossero i suoi hobby, le sue frequentazioni giovanili. Non sappiamo quasi nulla della sua vita, prima dei tre anni, dall’inizio della predicazione alla morte. Eppure, in quel poco che sappiamo, Maria è sempre presente.

Maria e l’autodeterminazione

Gesù viene al mondo grazie a un libero atto di volontà di sua madre. Lei che fa una cosa coraggiosissima: si fida di Dio, senza capirlo. Si fida di cose che non possono accadere nel mondo, perché “nulla è impossibile a Dio” (Lc 1, 36). Lei all’angelo dice sì. Accetta questa incredibile, strampalata proposta. Avrebbe potuto dire no. Così ci offre un vero esempio di autodeterminazione femminile. Una autodeterminazione che, per una volta, non significa aborto e contraccezione. Il mondo moderno ci ha abituati a sentir parlare di “autodeterminazione” quando una donna decide di rinunciare al figlio che aspetta. Maria, invece, si autodetermina a metterlo al mondo. Lei che ha capito che il vero girl power è avere figli, non sbarazzarsene.

Maria non è un contenitore biologico. La sua maternità non somiglia affatto al ruolo meccanico a cui si vorrebbero ridurre le madri. Ha una interiorità profonda, in cui alberga il Divino. Lei si fida di Dio, ma non è passiva. Sappiamo che intanto medita, nel suo cuore, tutte le cose straordinarie che sta vivendo. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19). 

Una madre in ansia

Maria è una figura tutt’altro che opzionale, nella vita di Gesù. Troviamo la sua sollecitudine dodici anni dopo. Secondo il vangelo di Luca, un Gesù non ancora adolescente sparisce senza lasciar tracce per tre giorni. Finché, i genitori preoccupati, lo trovano che discorre con i sacerdoti nel tempio. Sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». (Lc 2,49).

Altro che utero in affitto, altro che concetto antropologico! Maria si spaventa e si angoscia come tutte le madri del mondo. La paura di perdere un figlio o il timore che gli accada qualcosa di male non ha nulla di antropologico né di biologico, è volere il bene del figlio, un segno della relazione d’amore, costruita fra i genitori e il ragazzino.

Le madri pensano sempre a tutti

Di nuovo, è lei che invita il figlio ad agire, alle nozze di Canaan, nel vangelo di Giovanni. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora». (Gv 2,3-4)

Un Gesù che è riluttante, che dice che il suo tempo non è ancora venuto, ma poi opera il miracolo che gli ha chiesto sua madre. Perché Maria è la madre che ama, di cui si fida, la donna che si è amorevolmente presa cura di lui. Una voce che lui ascolta. Una persona che rispetta, lui che è il figlio di Dio, ma si sente anche il figlio di sua madre. La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà». (Gv 2,5)

Una missione di intercessione della vergine per gli uomini, che si manifesta per la prima volta in quella occasione e, da allora, non ha mai cessato di operare.

Un amore che va oltre la morte

L’ultimo pensiero di Gesù morente è per sua madre. Nel vangelo di Giovanni (Gv 19, 25’27), un Gesù agonizzante affida Maria al discepolo prediletto. E non si limita a dire: provvedi a mia madre, prenditene cura, falla venire a vivere con te. No, Gesù dice: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi rivolto al discepolo: «Ecco tua madre!». Non serve altro. Non occorre stilare un elenco dettagliato di doveri, un promemoria di necessità da soddisfare. Gesù sa che un figlio farà tutto quello che serve per una madre, così come una madre farà tutto quello che serve per un figlio.

E, dall’inizio del suo martirio, fino all’ultimo momento della sua vita, con lui c’è sua madre. C’è Maria, ai piedi della croce, quando depongono il corpo morto del figlio. Chissà come avrà sofferto, a vedere le sofferenze che gli hanno inflitto. Chissà che pena nel cuore, ad assistere alla sua fine. Eppure, si è fatta coraggio. Non è scappata via, non lo ha abbandonato. Non ha esaurito il suo ruolo di madre mettendolo al mondo, né è stata una suggestione antropologica. Ha amato e accompagnato suo figlio, dal primo all’ultimo respiro. Questa è essere madri, nella sua essenza più profonda: né cultura né biologia, ma amore incondizionato.

Maria e il ruolo di tutte le madri

Maggio è il mese dedicato a Maria e, con lei, a tutte le madri. Racconterò questo mese storie di madri e di figli, che si sono amati e hanno combattuto le loro battaglie per la fede.

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