San Marco evangelista, un grande santo.
Oggi, 25 aprile, la Chiesa ricorda un santo estremamente importante: San Marco evangelista. Non sappiamo molto di lui. L’informazione principale è che, con tutta probabilità, egli fu autore di uno dei quattro vangeli. Si ritiene che Marco, come Paolo di Tarso, avesse un nome ebraico (il Vangelo dice che si chiamava Giovanni) e un nome in Latino (Marco).
Secondo le ricostruzioni correnti, doveva essere nato nel 20 dc. Egli quindi apparteneva alla generazione successiva, rispetto a Cristo agli apostoli, così come era più giovane di Paolo di Tarso, di cui fu stretto collaboratore. Non sappiamo per certo se San Marco conobbe Gesù. Quando il messia morì, Marco era un ragazzino. Tuttavia, nel vangelo egli parla di un ragazzino che seguiva Cristo. Questo episodio del giovinetto si trova solo nel suo testo. Secondo alcuni interpreti delle scritture, l’evangelista Marco si è voluto raffigurare così, parlando di sé stesso in terza persona.
L’apostolato con Paolo
Più tardi lo troviamo al seguito di Pietro, che lo menziona nella sua prima lettera. Sarà anche con Paolo di Tarso. San Marco era segretario di quell’infaticabile viaggiatore che era Paolo di Tarso. San Paolo lo menziona e sappiamo che a un certo punto Marco se ne separò, per tornare a Gerusalemme. Si ricongiungeranno a Roma nel 62 o nel 64. Pietro lo terrà con sé fino al 66 dC circa, quando sarà Paolo a reclamarne l’aiuto per l’apostolato. San Marco sarà inviato ad Aquileia, ad evangelizzare.
Dopo il martirio di San Pietro, si perdono ufficialmente le tracce di San Marco. La tradizione popolare vuole che in età matura Marco si sia trasferito ad Alessandria d’Egitto. Lì avrebbe fondando lì la comunità cristiana. Fu proprio in Egitto, secondo Eusebio di Cesarea, che San Marco subì il martirio, per opera dei pagani. Lì furono sepolte le spoglie del santo, destinate però a rocambolesche avventure, nei secoli successivi.
La traslazione in occidente
Nel IX secolo (probabilmente nell’828), due mercanti veneziani (Buono da Malamocco e Rustico da Torcello) che si trovavano in oriente trafugarono il corpo del santo. In quel periodo, infatti, Alessandria e altre città d’oriente erano a costante rischio di essere attaccate dai musulmani, che profanavano i luoghi di culto e le reliquie. Per sfuggire ai sospettosi doganieri musulmani, nascosero i resti mortali in due ceste di carne di maiale, certi che i doganieri non avrebbero voluto toccarle.
San Marco arrivò così a Venezia, dove fu ospitato dapprima in una basilica a lui dedicato. Man mano che il prestigio del santo cresceva, la città decise di offrirgli un alloggio sempre più illustre. La prima chiesa, danneggiata da un incendio, fu sostituita da una nuova, nel 978. Nel 1063 il doge Domenico Contarini eresse la basilica che vediamo oggi, che inglobò la chiesa precedente, trasformandola in cripta.
La consacrazione della Basilica di Venezia dedicata a San Marco avvenne il 25 aprile 1094. Nei secoli, il luogo esatto dell’inumazione delle spoglie era stata dimenticata. La leggenda popolare narra che, dopo la messa di consacrazione, una colonna di marmo che le conteneva si ruppe, rivelando le reliquie, mentre un profumo si spargeva per la Basilica.
Il 6 maggio 1811 le reliquie vennero ispezionate. Il 26 agosto 1835 il patriarca Jacopo Monico le trasferì in una posizione più sicura, per preservarle dal rischio di allagamento della cripta. San Marco Evangelista è da secoli il patrono della città di Venezia, che, nel proprio stemma, ha inserito l’immagine che lo raffigura: un leone alato che tiene fra le zampe un libro.
Il vangelo di San Marco
Il vangelo di Marco è il più asciutto. Il Gesù lì raffigurato parla poco e in modo enigmatico. Così enigmatico che spesso i suoi stessi fedeli seguaci non lo capiscono. Tuttavia, il più delle volte sembrano troppo intimiditi e non osano chiedere chiarimenti. Se si confrontano alcuni episodi in Marco, con altri narrati negli altri vangeli, si scopre un Gesù più burbero, spesso accigliato. Talvolta egli appare spazientito, di fronte ai limiti umani.
Il vangelo di Marco è il più breve. Non contiene la genealogia di Gesù e anche l’ultima parte, secondo i biblisti, sarebbe una aggiunta successiva, di altri autori. Gesù sembra apparire quasi dal nulla e sparire molto velocemente. Insomma, il vangelo di San Marco è la fonte più scarna e molti ritengono la più antica. Molti esperti ritengono che Luca e Matteo si siano ispirati a Marco, oltre che alla fonte “Q” (i detti attribuiti a Gesù), per la composizione del loro testo evangelico. Alcuni esperti ritengono che Marco fosse lo stenografo di San Pietro. Da questi avrebbe appreso le notizie relative alla vita e alle vicende di Gesù e degli apostoli.
San Marco era nato a Cipro oppure in Palestina e si comprende dal suo Vangelo che non aveva molta dimestichezza con Gerusalemme e i luoghi citati nel suo stesso testo. Le sue ambientazioni sono molto generiche, come di chi riferisca, senza averci vissuto in prima persona. Il suo vangelo è il più oscuro. Gli altri apostoli aggiungeranno, spiegheranno, renderanno più facile la comprensione a chi legge. Rimane il dubbio che il vangelo di Marco, dettato da Pietro, testimone oculare, rifletta di più le inquietudini e la confusione degli apostoli, di fronte al mistero della predicazione di Gesù.
e.
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