Parliamo di sette peccati capitali
Cosa sono i sette peccati capitali? Dovevo fare un viaggio in treno. Sei ore fra andata e ritorno e questo libro: I sette peccati capitali mi ha tenuto buona compagnia. L’autore del libro è Fernando Savater, docente universitario e filosofo contemporaneo, uno studioso laico, da sempre rispettoso verso le religioni.
In passato avevo apprezzato il suo libro: L’amore che resta, dedicato al tema del lutto e della perdita. (si può acquistare su Amazon: https://amzn.to/4079ZFR)
I Peccati nell’antichità
Il concetto di peccato è recente, esso nasce con il cristianesimo. San Tommaso d’Aquino ne fornisce una ampia sistematizzazione. Per la Chiesa cattolica i peccati sono l’effetto di pulsioni umane disordinate. Tali pulsioni non sono negative in assoluto, il disordine consiste nel loro eccesso, che le rende peccaminose. Nell’antichità, la società, la cultura, la religione condannavano i comportamenti peccaminosi e incoraggiavano la temperanza. Evitare i peccati era utile all’individuo e alla collettività. Un comportamento sobrio proteggeva il singolo da sé stesso e garantiva equilibrio sociale nella comunità.
I peccati capitali nella società moderna
Passano i secoli e la cultura si secolarizza. Per effetto di questo processo di laicizzazione, l’idea di peccato perde di significato. La società moderna fa prevalere l’individualismo, ai danni del bene collettivo. Il singolo insegue i suoi desideri. La società non pone freni e l’uomo non si preoccupa più di quei comportamenti dannosi per il prossimo.
La mentalità moderna si sforza di cancellare il divino, per questo non si parla più di peccati. Al più, si usa la parola vizi. I peccati possono aver cambiato nome e apparenza, ma non sono mutati nella sostanza, perché fanno parte della natura umana.
La cultura attuale dà nuove forme agli antichi peccati. La superbia viene declinata nel rampantismo e nell’ arrivismo. L’avarizia si radica in un mondo dominato ormai dal capitale e dall’accumulo di beni. La gola alimenta nuovi comportamenti disordinati e nevrosi che nulla più hanno a che vedere con il naturale bisogno di nutrirsi. La lussuria sembra un peccato fuori moda. Non se ne percepisce quasi più il valore trasgressivo. Ormai la libidine viene soddisfatta in ogni sua forma e senza freni.
Un punto di vista pluralistico sul peccato
Per analizzare il concetto di vizio e indagare in profondità i peccati capitali, Savater si affida a più voci. Intervista tre interlocutori. Uno per ciascuna delle tre religioni monoteiste. Si tratta di un sacerdote cattolico (Hugo Mujica), un rabbino (Daniel Goldman), uno studioso musulmano (Omar Abboud). Egli li interroga sul concetto generale di vizio. Chiede loro di definire ognuno dei sette peccati capitali. Ne deriva una spiegazione culturale, storica e dottrinaria dei peccati, in ciascuna delle tre religioni. A questi commenti, Savater aggiunge le sue considerazioni, da laico.
I quattro punti di vista non si allontanano molto gli uni dagli altri. Pur partendo da prospettive diverse, essi convergono su valutazioni simili. Dai diversi interlocutori emergono contesti, sfumature, interpretazioni differenti, tuttavia, la condanna di certi peccati è unanime. Tutti evidenziano la necessità di limitare certi comportamenti. La razionalità è lo strumento indicato unanimemente, per dominare le pulsioni e ristabilire l’equilibrio.
Un capitolo alla volta, ciascuno dedicato a uno dei sette peccati capitali, queste quattro voci si intrecciano e si confrontano. Per ciascuno dei peccati esaminati, ci restituiscono una comprensione variegata della debolezza umana e delle insidie dei desideri smisurati.
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