Avete mai sperimentato uno (o più) giorni di dolore? Sono ottimista per natura e non soffro di malinconia. Tuttavia, a me come a tutti, sono capitati momenti difficili. Quelli che il cantante Ligabue ha chiamato: il giorno di dolore che uno ha. (ecco, mi avete scoperta. Mi piace Ligabue. Ebbene sì, non ascolto solo Mozart e Beethoven. E nemmeno sempre e solo i mostri sacri del rock. Ascolto anche questa musica nostrana decisamente pop, adesso toglietemi l’amicizia, se volete).
Inevitabilmente “il giorno di dolore che uno ha” prima o poi ti colpisce. Senza alcuna avvisaglia. Anzi, proprio quando avevi fatto tutto bene e ti aspettavi, piuttosto, qualche soddisfazione.
Da dove nasce il dolore
Da dove nasce il dolore? La sofferenza è come la gramigna. Come una pianta infestante, il dolore può attecchire dappertutto. Non ha bisogno di cure, per crescere. A volte mette radici nel profondo della tua anima. Sembra resistere ai diserbanti più potenti. Altre volte ti riveste, come un muschio o un lichene, che cresce sulla superficie di un sasso. Prospera in modo apparentemente incomprensibile. Senza un briciolo di terra da cui nutrirsi. Talvolta in penombra. Nelle condizioni più infauste alla sopravvivenza, lei, la sofferenza, resiste.
Ogni persona ha i suoi inneschi di dolore. Può essere un sogno che non si realizza. Oppure una situazione difficile che non riesci a risolvere. A volte è la delusione per le tue aspettative, altre volte è una perdita vera, di cose o persone a cui tenevi. Altre volte è la sensazione di aver subito una ingiustizia.
I motivi per i quali sentirsi addolorati sono tanti e profondamente soggettivi.
Siamo tutti uguali di fronte al dolore?
Anche se le cause che lo scatenano possono essere profondamente diverse, le persone che soffrono hanno molto in comune. Il dolore annienta. Chi lo prova, ha la sensazione di non avere le risorse per affrontarlo. Gli sembra di essere in trappola. Senza vie di uscita. Questo senso di impotenza e di paura è comune, ma non aiuta. Il più delle volte abbiamo tutti gli strumenti e le qualità che ci servono, ma non ne siamo consapevoli. La sofferenza ci priva della lucidità necessaria per analizzare le circostanze e agire per il meglio.
Cosa è il dolore?
Il dolore è un sentimento. È il riflesso che hanno eventi concreti della nostra vita. Soffiamo sempre in relazione a qualcosa di specifico. Anche quando non riusciamo a definire l’origine della nostra afflizione, questa origine c’è sicuramente. È su questa che dobbiamo intervenire. La buona notizia è che il dolore sparisce, quando la situazione che lo ha causato, si risolve! Come comportarsi nel frattempo? E cosa fare nel caso in cui non ci sia una soluzione?
Come affrontare il giorno di dolore (ma anche la settimana, il mese, l’anno).
La prima cosa da fare, quindi è chiedersi: che cosa mi fa soffrire? Soffro in relazione a una situazione o a una o più persone? Qui bisogna essere sinceri. Fa male, lo so. Però è indispensabile. E, mi raccomando, bisogna anche essere onesti con sé stessi. Quanta parte di responsabilità abbiamo avuto, in quello che è accaduto? Lo dico per esperienza. Nelle situazioni compromesse, c’è sempre un concorso di responsabilità.
Bisogna evitare la sindrome di Calimero. Ve lo ricordate il pulcino nero? Ce l’avevano tutti con lui. Ripeteva a nastro: non è giusto però. Ed era sempre vittima incolpevole. In tutto quello che gli accadeva. (se non conoscete Calimero, vuol dire che siete giovani. Molto più giovani di me. Praticamente dei bimbi).
Ammettere le proprie responsabilità è un ottimo passo avanti, nelle circostanze spinose. Dopo, dobbiamo chiederci con altrettanta onestà: Sto soffrendo per qualcosa che posso modificare?
Gli eventi che non posso controllare: il vantaggio dell’accettazione
Capiamo che le nostre emozioni negative derivano da situazioni che non sono sotto il nostro controllo. Siamo persone sensibili e la la guerra, la povertà, l’ingiustizia, ci feriscono? In questo caso, non abbiamo mezzi adeguati per risolvere queste situazioni. Ci sono molte circostanze della vita quotidiana che ci disturbano. Eppure, non abbiamo soluzioni.
Una persona cara che viene a mancare, un furto subito in casa, lo smarrimento di qualcosa a cui tenevamo, sono eventi che possono addolorarci, ma non possiamo controllare. Le reazioni di chi ci sta intorno e i loro comportamenti sono un altro esempio di eventi non controllabili. Abbiamo un vicino di casa invadente, un’amica pettegola, un collega maleducato? Non abbiamo modo di modificare queste loro sgradite attitudini. Un lavoro che non ci piace è un altro esempio di situazione dolorosa, ma poco modificabile.
È inutile addolorarsi per le cose su cui non possiamo agire. In questi casi, la sofferenza è senza rimedio. Queste circostanze vanno messe in conto e dobbiamo cercare di accettarle o di evitarle, se ci è possibile. Possiamo allentare i rapporti con persone che ci risultano particolarmente sgradite. Per compensare frustrazioni lavorative, possiamo concederci delle piccole gratificazioni.
La riduzione del dolore passa dalla nostra capacità di accettazione di tutto quello che non si può cambiare. Se lo mettiamo in conto, è più facile ridurre l’investimento emotivo.
La preghiera fornisce un grande aiuto. Là dove come uomini non arriviamo, chiediamo l’aiuto divino. Oltre che per ottenere i cambiamenti che vogliamo, conviene anche chiedere al Signore la serenità per accettare la vita. Coltivare la pazienza è un requisito fondamentale, se la realtà trascende il nostro controllo.
Gli eventi che posso controllare: prendere in mano la propria vita
Ci sono invece situazioni che potremmo affrontare. Almeno provarci. Se soffriamo perché non ci piace il nostro aspetto, possiamo tentare di migliorarlo. Siamo insoddisfatte della nostra cultura o di come parliamo una lingua straniera? Possiamo metterci a studiare. Il giro delle solite amicizie ci ha deluso? Allarghiamo le conoscenze, frequentare luoghi o persone nuove. Se ci preoccupa il futuro, possiamo decidere di essere più parsimoniosi e mettere da parte qualche risparmio. Anche rispetto alle persone, se si sono creati attriti o incomprensioni, possiamo cercare un chiarimento. In tutti questi casi, abbiamo il dovere verso noi stessi di impegnarci a vivere al meglio.
Perché non cambiare ciò che va cambiato
Se quello che ci procura dolore è sotto il nostro controllo, perché abbiamo passato giorni, mesi o anni a soffrire? Non potevamo affrontarlo?
A volte, la soluzione più ovvia ed efficace non è quella che adottiamo. Ci trattiene l’orgoglio. Non vogliamo ammettere determinate cose. Oppure ci fa paura il cambiamento. Intuiamo che potremmo prendere in mano la situazione, ma non sappiamo come. Temiamo le reazioni degli altri. Non sappiamo come comportarci. Nel dubbio, rimaniamo fermi nella sofferenza.
Oppure la sofferenza ha talmente consumato le nostre energie, che non riusciamo a trovare la forza per agire.
Cosa fare?
Per uscire da questo vicolo cieco, è utile guardare sé stessi dall’esterno. Come se osservassimo la scena di un film. Così facendo, vediamo in modo più oggettivo l’intera situazione. L’importante è separare tutti gli aspetti emozionali dalla realtà concreta. Eliminare l’orgoglio, la paura, la stanchezza e individuare le azioni da intraprendere, per risolvere i problemi che ci tormentano. Anche in questo caso, affidarsi a Dio, attraverso la preghiera aiuta a trovare le risorse che ci permettono di affrontare ciò che ci addolora.
Mi piace ricordare la frase attribuita a Tommaso Moro, martire cattolico, sotto il regno di Enrico VIII di Inghilterra:
Signore, dammi la forza di cambiare le cose che posso modificare e la pazienza di accettare quelle che non posso cambiare e la saggezza per distinguere la differenza tra le une e le altre.
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