Riflessioni di Quaresima, sulla vera benevolenza di Dio
E’ interessante la domanda che i discepoli fecero a Gesù all’inizio del lungo brano di Giovanni del cieco nato. “… i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?».
Al tempo di Gesù, ancor prima della sua venuta, il pensiero giudaico-farisaico, era che se una persona che viveva agiatamente, stava bene economicamente e nel corpo, ben vestita, era il segno della sua fedeltà e quindi della benevolenza di Dio, in quanto osservante della sua Legge. Contrariamente, se l’uomo era povero, cieco, disabile, un reietto della società, la colpa era dovuta al fatto che non viveva nella fedeltà; era un peccatore.
Ancora più importante è la risposta di Gesù: Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio.
Le opere e la benevolenza di Dio
Scaturiscono alcune domande: soltanto nel cieco devono manifestarsi le opere di Dio? O in tutti gli uomini? Non siamo noi l’opera di Dio?
Dio si manifesta in tutti noi, quando decidiamo di rispondere alla sua chiamata che è da sempre.
Un tempo eravamo tenebra, ci ricorda S. Paolo nella lettera agli Efesini: “… ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità”. Vivere secondo queste esortazioni, significa manifestare le opere e la benevolenza di Dio.
L’uomo Adamo fatto di terra, disobbedisce, scarica la sua responsabilità sugli altri, egoista, prepotente, che vuole diventare un dio. In questa condizione, diventa la manifestazione di sé stesso. L’uomo ha bisogno della luce che sgombra le tenebre dal suo cuore, permettendogli di vedere ciò che è bene da ciò che è male. Questa luce ci viene donata nel Battesimo, che ci immette nella vita nuova in Cristo, dopo essere stati lavati dal peccato.
Dio è l’unico Signore
Il vangelo di Marco ascoltato venerdì della 3^ domenica, ci offre le coordinate per vivere secondo Dio. Allo scriba che si avvicina per interrogarlo su «Qual è il primo di tutti i comandamenti?», Gesù risponde: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”.
Chi mette in atto questo comandamento, doppio risvolto dell’unica medaglia, non fa altro che manifestare la vita di Dio e del suo Cristo. La conclusione di Gesù, dopo aver avuto il ‘placet’ dallo scriba, sono queste parole: «Non sei lontano dal regno di Dio».
Quante volte ci siamo domandati, dov’è il regno di Dio? Quando viene? Senza accorgercene che esso era ed è già presente in noi, ed è con noi e opera per noi. Ancora S. Paolo ci ricorda: “Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente.
Battesimo, salvezza e benevolenza di Dio
Con la 5^ domenica di Quaresima, si conclude il ‘triduo’ battesimale: Gesù è l’acqua che lava togliendo il peccato e che ci disseta per la vita eterna (incontro con la Samaritana); Gesù è colui che ci ridona la vista (i ciechi, che pur guardando non vedono, siamo noi); la risurrezione di Lazzaro deve farci capire una realtà che spesso ci sfugge e che ci fa pensare, come Marta, la nostra risurrezione che avviene alla fine della nostra vita.
“Gesù le disse”: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». (Gv.11,24-25).
Facciamo attenzione a queste parole: eravamo morti a causa del peccato dei nostri progenitori. Siamo stati Battezzati con l’acqua nella quale è discesa “la potenza dello Spirito santo, perché coloro che in essa riceveranno il Battesimo, siano sepolti con Cristo nella morte, e con lui risorgano alla vita immortale”. (Rito del Battesimo).
Siamo quindi risorti in Lui. Con l’olio del Crisma, veniamo consacrati, cioè non apparteniamo più a noi stessi , ma a Colui che ci ha liberati. Abbiamo indossato il vestito bianco della nostra nuova dignità e ci è stata consegnata la candela, segno del Cristo risorto che deve rimanere sempre accesa nella nostra vita. Infine, il rito dell’Effatà.
Possiamo dire che chi ha ricevuto il Battesimo è salvo? No, ma viene introdotto nel regno di Cristo, che è la Chiesa, e sono i genitori e i Padrini/Madrine chiamati ad accompagnare i Bambini/e, facendoli crescere verso la conoscenza di Gesù, con la stessa cura che un contadino pone per far crescere un alberello, fino a portare i frutti. Anche i battezzati devono portare i loro frutti, per essere ammessi alla benevolenza di Dio.
Il messaggio di San Paolo
Mi piace concludere con le parole di S. Paolo, appena tre versetti, e poiché mi sono dilungato, mi limito a non fare commenti, ma meditiamole perché sono importanti.
“Quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi”(Rm. 8,8-11).
Siamo stati innestati in Cristo, e siamo chiamati a vivere la nostra vita spirituale nella quotidianità per essere segno della Sua presenza.
Un caro saluto don Filippo
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