Devo ricordarmi di fare gli auguri a mio padre e al padre dei miei figli. Bisogna che me lo segni, che mi metta un avviso sul telefono, perché io non sono mai stata brava a ricordare onomastici o celebrazioni, senza un piccolo aiuto esterno. Quando le mie figlie erano piccole, l’aiuto mi arrivava dai lavoretti per la festa del papà.
Le avvisaglie erano evidenti giorni o settimane prima, perché, negli ultimi anni, le loro insegnanti sembravano non dormire di notte, per riuscire a stilare una lista infinita di materiali difficili da trovare, per confezionare il lavoretto della festa del papà.
In quei periodi, le mail di classe (le chat di whattsapp non esistevano ancora) erano un continuo botta e risposta del tipo: “ho trovato la passamaneria verde nella merceria di vita tal dei tali.” “I pezzi di vetro da mosaico li vendono nella cartoleria nella terza traversa dietro la scuola, da sinistra”. Era impossibile sottrarsi al conto alla rovescia per il reperimento di tutti i fondamentali componenti, da consegnare in classe, in tempo utile per l’assemblaggio del lavoretto.
Siamo tutti figli del Padre
Adesso tocca a me ricordare, e voglio sforzarmi di farlo, perché la festa è delle più importanti. Siamo tutti figli di un padre. Per questo non possiamo fare a meno della figura paterna. In principio c’era Dio, un padre amorevole e generoso, ma anche autorevole e giusto.
Un padre che ha dato fiducia all’uomo, ma non ha esitato a cacciarlo dal paradiso, quando gli ha disubbidito. Dio padre manda il diluvio universale sulla terra, per liberarsi dell’iniquità degli uomini. Lo stesso Dio fa piovere la manna dal cielo, perché al suo popolo, fuggito dagli egiziani e riparatosi nel deserto, non manchi di che sfamarsi. È questa combinazione di autorevolezza e tenerezza, di amore e rigore, di severità e di misericordia, che caratterizza il ruolo del padre e più in generale dell’uomo.
L’amore del padre non è inferiore a quello materno
Stabilire chi, fra madre e padre ami di più o meglio, mi è sempre sembrata una idiozia. Anche se a volte vedo padri e madri adulti contendersi a suon di regali e concessioni il favore di figli tirannici di pochi anni di vita, vorrei dire sommessamente che non è una gara. Il padre non ama meno della madre. Ama in modo diverso. Esprime il suo sentimento di affetto con una lingua e dei segni suoi propri. Forse meno immediati, forse meno espliciti, ma altrettanto profondi di quelli materni.
In tutti i vangeli, San Giuseppe appare molto poco e non dice quasi nulla. È un errore dedurre che sia assente. Molto probabilmente, come i padri di ogni tempo, lavora dietro le quinte, nel backstage.
Ogni giorno un padre si sveglia e sa che dovrà affrontare il mondo, che è un brutto posto, per il bene delle persone che ama. Spesso non darà a vedere la fatica, le responsabilità e le preoccupazioni, perché gli uomini sono poco propensi a parlare dei loro sentimenti. Questo non significa che fatica e preoccupazioni non ci siano.
Mentre noi madri ci lamentiamo, parliamo, ci agitiamo, loro, i nostri mariti, padri dei nostri figli, fanno il loro dovere, il più delle volte in silenzio.
Il tramonto della figura paterna
La società contemporanea odia il padre. Cerca di scardinarne il ruolo, di sminuirne l’importanza, di renderlo obsoleto. La nostra cultura teme e detesta il rigore e l’obbedienza all’autorità, professa l’egoismo e l’individualismo e preferisce aggirare le regole, invece che rispettarle.
Il declino è cominciato all’inizio degli anni settanta ed è inarrestabile. Qualunque manifestazione di fermezza viene contestata e demonizzata. Invece abbiamo bisogno del padre e di ciò che rappresenta, il polo tenace e normativo del nostro rapporto col mondo, almeno quanto la mamma rappresenta il polo accogliente e accuditivo.
Due genitori interscambiabili, entrambi accoglienti, emotivi, portati all’accudimento, soffocano i figli di attenzione e di morbidezza, laddove la disciplina e il rispetto per l’autorità aiutano a trovare un equilibrio.
Anche la madre ha bisogno del padre
Anche la madre ha bisogno del padre. Non so voi, ma io non ce la faccio ad avere la razionalità, l’obiettività, la risolutezza di mio marito, nelle questioni coi figli. Io non riesco mai a guardare le cose lucidamente. L’amore mi appanna la vista, mi porta a non essere giusta, a essere unilaterale, a prendere sempre le parti dei miei figli, anche contro ogni evidenza. È mio marito che mi fa aprire gli occhi. Mi fa guardare in faccia la realtà. Lui prende le decisioni impopolari, commina punizioni e mette sotto chiave cellulari e fissa il rientro del sabato sera a un orario decente.
È lui che ha la forza, la risolutezza, la fermezza di mettere le regole e di farle rispettare. Se fosse per me, le figlie l’avrebbero sempre vinta. E non sarebbe un bene per loro. Nel nostro ruolo di padre e di madre ci completiamo, così come in quello di uomo e donna.
Per questo è più che mai importante che le madri per prime rispettino il padre. Che trasmettano questo rispetto ai figli, con l’esempio. Lo dico perché siamo una generazione di donne che tendono a dilagare, a voler controllare ogni cosa, a cercare di imporre il proprio punto di vista nella coppia e nella famiglia. Invece dovremmo coltivare la stima per l’uomo che abbiamo accanto. Riconoscere i suoi meriti e lasciare che occupi il suo posto in famiglia, che eserciti l’autorevolezza che serve a mantenere la direzione. Senza gelosie o usurpazioni, perché ognuno ha il suo ruolo.
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