Le tre capanne e il cammino

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Il cammino quaresimale, tempo forte dell’anno liturgico, ha dei segnali ‘stradali’ inequivocabili: penitenza, astinenza, digiuno. Sembrano difficili da mettere in atto, ma se entriamo nel deserto del nostro cuore, diventano possibili. In questo difficile cammino, siamo sorretti da una forza che percepiamo, e che non è nostra. Sono tanti i riferimenti biblici che parlano del deserto. Non come luogo di morte, ma di vita, perché è proprio là che Dio ci parla ed è proprio là che si fa esperienza di Dio:

16Perciò, ecco, io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore.

17Le renderò le sue vigne e trasformerò la valle di Acor in porta di speranza.

Là mi risponderà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì

dal paese d’Egitto.

21Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto,

nell’amore e nella benevolenza, 22ti farò mia sposa nella fedeltà

e tu conoscerai il Signore. (Osea 2,16-22).

Affrontare il cammino

Ed è la sua Parola che ci dà forza per affrontare il cammino. Oltre questi segnali, ce n’è uno molto più bello, la Gloria, che viene descritta nel vangelo di Matteo della seconda domenica, Ovvero la salita al monte Tabor, luogo della Trasfigurazione e anticipo di quella riservata dal Padre al figlio obbediente. In lui e in lui, a tutti noi, chiamati ad entrare nella gloria.

Il solito Pietro, nella sua spontaneità e generosità prende la parola dicendo: “Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi farò tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Il brano parallelo di Marco e Luca, con delle piccole varianti, aggiungono: “non sapeva infatti che cosa dire, perché aveva paura”.

Una bellezza indescrivibile

Pietro, Giacomo e Giovanni stavano contemplando nel Figlio la gloria di Dio. L’esclamazione di Pietro è comprensibile, anche se noi non possiamo immaginare la bellezza dell’evento. Quando vediamo un tramonto rimaniamo sbalorditi per la sua bellezza, per i colori, le forme, i disegni, le immagini che ciascuno di noi può vedere. Ma ciò che videro i tre Discepoli non può essere descritto né immaginato, (il suo volto brillò come il sole … come la luna). Certamente lo porteranno nel profondo del loro cuore per tutta la vita senza poterla comunicare a nessuno. Fino a quando quel corpo offerto per amore sulla croce, non risorgerà dai morti.

Le Capanne, pur nella fragilità del loro essere, indicano una certa stabilità e sicurezza che potrebbe trasformarsi in tentazione a restare lassù, perché è bello. “Restare lassù” è come essere fermi nelle proprie idee, nei propri pensieri e ragionamenti, senza nessuna prospettiva di cambiamento e rimaniamo ad esse incatenati. Dovremmo avere invece, l’immagine del pellegrino il quale, mentre è in cammino, prega, digiuna, fa penitenza, si converte.

Una comunità in cammino

Gesù non può restare lassù, deve proseguire il suo cammino verso Gerusalemme, verso la sua meta che è la croce. E con Lui dobbiamo camminare anche noi, non solo con i piedi, ma anche e soprattutto con la testa. Non possiamo rimanere prigionieri delle nostre miserie, dei nostri pensieri ormai arroccati in noi. Miserie e pensieri non permettono di liberarci dalle schiavitù che ci portiamo dentro: sete di potere, ricerca sfrenata del dio denaro, egoismo, orgoglio, sfruttamento ecc., Tutte realtà con le quali il demonio si presenta a noi.

Con Gesù dobbiamo imparare ad uscire ‘fuori da noi stessi’ per essere liberi di amare ogni cosa che va oltre noi stessi. Anche Abramo uscì da sé stesso: “Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò…” (Gn 12,1). Abramo non aveva delle doti particolari per essere chiamato. Ma Dio affida a lui un compito importante, “fare di lui una grande nazione”.

La versione di Paolo

Anche Paolo scrive al suo figlio spirituale Timoteo, dicendo: “Egli ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia”. Anche a noi vengono affidati dei compiti particolari da vivere nell’amore; in famiglia, nella propria professione, a scuola, in politica, in chiesa… e non dobbiamo avere la presunzione di pensare “quanto siamo bravi” perché occupiamo una certa posizione sociale. Impariamo che tutti siamo stati chiamati e che tutto è grazia!

Mentre Pietro stava ancora balbettando qualcosa, … ecco una voce dalla nube che diceva: “ Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo”. Chiediamoci cosa vuol dire: “Ascoltatelo?” Capita che quando pensiamo alle cose di Dio, giochiamo sempre a ribasso, non vediamo l’ora di smettere, abbiamo altre cose da fare. E’ vero! Ma se pensiamo all’Amato, la cosa più giusta da fare . è uscire dalle ‘tende’, spegnere ciò che non è interessante, per cibarci “di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio”.

Buon Cammino nella grazia di Dio.

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