Come liberare l’armadio da quello che non serve

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Cosa ho nell’armadio?

Ho l’armadio strapieno, e non ho niente da mettermi. Non so se succede anche a voi. Ogni volta che apro il mio armadio, constato che è stipato di vestiti oltre l’incredibile. Sì, i solidi sarebbero impenetrabili e la densità della materia là dentro non è compatibile con le leggi della fisica. Questo potrebbe far pensare che io abbia più di un abito per ogni possibile circostanza. Eppure, credetemi non è affatto così.

Al contrario, a me sembra di non aver mai niente di adatto. E di non sapere da che parte cominciare. Come ci si veste per una riunione interclasse di una figlia liceale, dalle quattro alle cinque di pomeriggio? E cosa è consigliato, per un aperitivo con le amiche? E per una cena a casa di amici?

Black is the new black

Nel dubbio, io metto sempre le stesse cose. Vale a dire: pantaloni neri e maglione nero s’inverno. Pantalone nero e camicetta nera d’estate. Ogni tanto azzardo con una gonna a tubo nera. Perché black is the new black. Non tanto e non solo perché sia stiloso, anche se, va detto, stiloso lo è di sicuro. Snellisce la figura, da un aspetto elegante. E non solo.

La verità è che il nero è un comfort color. Un colore comodo. Perché va sempre bene. È difficile che un abito nero sia fuori luogo. Non pone problemi di abbinamento, perché il nero va con tutto. È praticamente antimacchia e questo per me è fantastico, perché appena indosso una camicia bianca, mi ci spatacco sopra la cosa più unta, colorata, difficile da smacchiare che ci sia nel raggio di cento miglia. Il problema è che, anche quando mi cambio, sembra che abbia addosso sempre lo stesso vestito. Non che mi manchi abbigliamento di altri colori. Ne ho di ogni tipo e nuance. Ma li lascio nell’armadio, dove, mi rendo conto, non sono di grande aiuto a nessuno, nemmeno a me.

Come ha fatto il mio armadio a riempirsi di tante cose poco o mai indossate?

Devono avermi fatto uno scherzo. Chi ha riempito il mio armadio di cose che non ho mai messo o quasi? Alcune delle quali non mi piacciono nemmeno? Hey, com’è potuto succedere?

L’ho comprato, ma non mi serviva davvero

Ce l’ho dalle medie, mi ci sono affezionata

Non ho il coraggio di ammettere che non mi entra più

Bello è bello, ma questo trionfo di paillettes e lustrini, quando me lo metto?

Lo adoro, ma mi sta malissimo

L’ho preso in saldo, costava pochissimo, l’ho preso, nel dubbio che potesse venir buono, prima o poi (in realtà non l’ho mai messo)

Questo non si usa più da almeno dieci anni (ma se ne aspetto altri dieci, magari torna di moda)

Uh! Non ricordavo nemmeno di averlo!

E cose così. Non so perché, io ho la calamita per attrarre i vestiti che non avrei occasione di indossare, che non mi stanno bene, che sono troppo sbrilluccicanti o troppo colorati o troppo eleganti. O troppo qualcos’altro. Comunque troppo per essere usati davvero. Allora, se so che non ho intenzione di metterli, perché non li metto in un paio di grandi buste di carta e non le porto in parrocchia, dove li raccolgono per chi ha bisogno? Ma chi potrebbe aver bisogno del mio bolerino leopardato in pelliccia ecologica?

In verità, ci si attacca agli oggetti. Anche a quelli inutili. Abbiamo paura di disfarci di qualcosa e scoprire, un giorno, che ne avremmo avuto bisogno. Oppure ci dispiace, perché ha ancora il cartellino del negozio. Ci rendiamo conto che è stato un acquisto inutile, affrettato, causato dal malumore, da un momento di debolezza, da un istinto compulsivo.

Per questo vivo costantemente con un armadio pieno fino quasi a scoppiare, e soli dieci outfit che si alternano, con pochissime varianti.

Il mio buon proposito: ripulire l’armadio

Però adesso basta. Mi sono data il proposito di liberarmi di quello che davvero non serve. Voglio fare piazza pulita di questo marasma di maglie, pantaloni, gonne, giacche che non mi servono. Sogno un armadio ordinato, con gli abiti appesi e ben visibili e non accatastati o appallottolati sul fondo dei cassetti. E la Quaresima mi sembra il momento migliore per farlo. Anche perché c’è il duplice vantaggio di educare sé stessi a una maggiore frugalità e di dare qualcosa di utile a chi ne ha bisogno.

Mi sono data dei criteri. Quattro domande da farmi davanti all’armadio, per decidere cosa tenere e cosa mettere da parte. Eccole qui.

Regola numero 1: Ma questo mi va ancora?

Ti svegli, decidi di  metterti quei bei jeans azzurri. Quelli un po’ slavati, ce li hai da dieci anni, ti stanno d’incanto. Ti fanno dei bei fianchi e la vita alta ti valorizza e sembra che tu abbia un posteriore scultoreo (anche se non è vero). Tenti di infilarli, ma, al momento di allacciarli, ti accorgi che si sono ristretti. O forse ti è cresciuta la pancia. Fatto sta che il bottone non si chiude e lo zip non viene su. Ammettiamolo, gli amatissimi jeans non ti vanno più. Malgrado sia evidente, si tratta di una realtà inaccettabile. la fine di un’era. L’era in cui te lo mettevi, ti stava benissimo, ti sentivi una supersgnacchera.

E tu non ti rassegni. Pianifichi di iniziare la dieta, trattenere il respiro per sempre, comprarti una guaina contenitiva, farteli leggermente allargare. Intanto, li rimetti nell’armadio. Prendi tempo. Perché sei certa che arriverà il momento in cui li indosserai di nuovo. O meglio, non riesci ad accettare l’idea che non li metterai mai più. Vi siete riconosciute? Fino  a un paio d’anni fa avevo ancora nell’armadio il tailleur color crema della laurea. Una taglia così piccola, che nemmeno mi pareva possibile che un essere umano riesca a starci dentro.

Molti dei vestiti che abbiamo nell’armadio, sono parcheggiati lì, in attesa che riprendiamo la taglia che ci permetta di usarli. E ci restano per anni. Allora la regola è: se un abito non mi va più e non mi va più da tempo, ho cambiato conformazione fisica e insomma, mi devo rassegnare all’idea, allora è meglio regalarlo.

Regola numero due: e mi piace ancora?

Ok, andarmi mi va. Ma che me ne faccio di un paio di jeans fluo? C’è stato un momento in cui mi piacevano tantissimo, non lo nego. Ma oggi, mettersi una cosa del genere, ha lo stesso effetto di andare in giro con un grosso cartello sulla schiena, su cui ci sia scritto “guardatemi”. E la maxi-maglia? Quella che ti arriva fino sotto al ginocchio e, quando ti guardi allo specchio, ti pare che ti accorci la figura di diversi centimetri? E le camicie a disegni vivaci? Messe con entusiasmo per anni, ma adesso, a riguardarle, davvero orrende. E quei pantaloni con una vita così bassa che a momenti te li perdi?

Adesso non li metteresti più, sei a rischio di sciatica e ti manca giusto il colpo d’aria alla schiena. E che dire di quella inguardabile salopette? Ti sembrava così carina, quando la mettevi. Però avevi un’altra età e un altro fisico. Ma adesso la metteresti solo se perdessi una scommessa. Perché fa troppo alternativa de noartri. E tu ormai sei una donna di mezza età, che veste sobrio. I gusti cambiano.

Quello che sembrava sublime dieci anni fa, può diventare inguardabile oggi. Succede. La regola è: se un capo di abbigliamento non ti piace più, se non ti ci vedi più, allora dallo via. Senza rimpianti. C’eravamo tanto amati, vestito dello scorso millennio. Ma adesso non mi piaci più.

Regola numero tre: e questo quando lo metto?

Lo confesso, ho l’anima trash. Ho collezionato per anni abiti con piume. Maglioncini bordati di finta pelliccia. Camicette con colletti di perle, tubini pieni di paillettes. Stole piene di brillantini. Tutte cose largamente al di sopra del mio stile di vita. Come insegna Cenerentola, ogni dress code ha la sua occasione d’uso. E al ballo del principe non si può andare con il grembiulino sporco della cenere della stufa. Così come nel tinello non è il caso di indossare un abito da cocktail in organza. E se una è come me, una donna casa, ufficio, chiesa e supermercato, quando mai se la metterà una giacca di pelle dorata? E un abito a sirena con le frange? Proprio per questo, ho deciso eliminerò dal mio armadio di tutti gli abiti che non ho idea di quando potrei usare.

Regola numero quattro: sicura che mi stia bene?

Io sono campionessa mondiale di acquisti inopportuni. Il mio problema si chiama: acquisto d’impulso. Avete presente? Uh, guarda che bello, una tuta di seta! Come ho fatto a vivere finora, senza possedere un capo che mi donerebbe solo se fossi quindici centimetri più alta o dieci chili più magra? Ammettiamo che reperisca accidentalmente nel fondo dell’armadio un vestito acquistato nel pleistocene.

Per pura fortuna mi va ancora. Ma accidenti, non mi metterei mai quel verde acido con una punta di giallo. Santo cielo, mi sbatte di brutto. Potrei forse metterlo con una abbronzatura da due mesi ininterrotti di vacanze al mare. Ma chi ce li ha due mesi ininterrotti di vacanze al mare, per abbronzarsi? Oppure il vestito ha un taglio fuori moda. È un gonnellone informe, con l’elastico in vita. Insomma, ti vergogneresti di mettertela anche solo per andare in cortile a portare giù l’umido, vuoi mai che i tuoi vicini ti vedano? Figuriamoci pensare di andare al lavoro o uscire, conciata con quella cosa lì addosso.

Allora la regola è: se è un vestito di un colore che non ti dona, se è un modello che penalizza la tua fisicità, disfatene senza esitazioni. È terribile sentirsi a disagio, perché hai addosso un vestito che ti sta male.

E adesso, via libera a svuotare l’armadio

Adesso che ho la mia lista di domande, posso procedere a smaltire l’eccesso del mio armadio. Chissà che stavolta ci riesca. Perché la sobrietà fa bene all’anima. Specie in Quaresima!

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