La Mistica della femminilità

Vai al blog

I miei articoli:

La Mistica della femminilità è il mio consiglio di lettura di oggi

Cosa ha da dire La Mistica della femminilità a una donna del duemila e ventitré, cattolica, sposa e madre? Apparentemente nulla. Pubblicato nel 1963, il libro fotografa con occhio critico una intera generazione di donne americane. Mistica della femminilità parla di milioni di giovani donne che, negli Stati Uniti, hanno scelto matrimonio e famiglia e di come la loro ricerca di felicità sia stata delusa.

Il benessere economico, l’accettazione sociale, la stabilità, ottenuti con questi matrimoni, non danno garanzia di felicità. Dal libro emerge che l’animo femminile è troppo complesso, per accontentarsi di soluzioni troppo semplici. È per questo che vale ancora la pena leggerlo. Mistica della femminilità resta attuale nel fotografare la costante difficoltà delle donne di trovare un equilibrio, ora come allora.

Benché non possiamo condividere molte delle analisi e delle soluzioni proposte nel libro, leggere Mistica della femminilità ci invita a una riflessione sulle donne nella società e nella famiglia e alle promesse ingannevoli (e non mantenute) del femminismo.

Il tema centrale di Mistica della femminilità

Betty Friedan parte dalle statistiche dell’epoca. I dati fotografavano una generalizzata infelicità fra le donne americane. Depressione, ansia e abuso di alcol e psicofarmaci erano dovuti a un fenomeno sociale e culturale, che lei definisce: “mistica della femminilità”. Questo stile di vita relegava le donne fra le mura di casa, spingendole a immaginarsi solo come mogli e madri. Giovani donne abbandonavano in massa l’università, per sposarsi.

Solo il 35% delle giovani, in quegli anni, frequentava l’università. Molte meno, rispetto al 47% del 1920. Studiare e lavorare non sembravano essere più una priorità, per le americane. Negli anni cinquanta, l’età media delle neospose era attorno ai vent’anni e scese ulteriormente a diciassette negli ni sessanta.  In media, le donne mettevano al mondo quattro o cinque figli. Dividevano il loro tempo fra i bambini, volontariato, giardinaggio, cucina, ricamo, cura della casa e di sé stesse. Le loro vite procedevano comode e serene.

Spesso queste famiglie vivevano in tranquilli quartieri residenziali e, grazie al boom economico di quegli anni, conducevano una vita agiata e confortevole. Avevano belle case, elettrodomestici funzionali, macchine moderne. Viste dall’esterno, queste donne non sembravano avere problemi. Purtroppo, però si sentivano inquiete, incomplete, insoddisfatte.

Un progetto culturale e antropologico

Betty Friedan afferma che la mistica della femminilità sia un deliberato progetto di persuasione e condizionamento verso le donne. Educatori, giornalisti, professori universitari, avrebbero contribuito ad alimentare l’idea che la sola vocazione per la donna fosse quella della casalinga. Tutto questo era funzionale all’idea di sostenere la crescita demografica, dopo la guerra. Che ci fosse una intenzionalità nell’influenzare le donne o no, il fenomeno era comunque rilevante.

L’aver messo da parte altre ambizioni, come quelle ad una istruzione più elevata o a un lavoro, rendevano queste giovani frustrate. Tutte queste mogli e mamme a tempo pieno, secondo l’autrice, non erano del tutto a loro agio con il ruolo sociale che interpretavano. La Friedan condensa la sua analisi in una frase: “le donne americane vogliono di più”.

La mistica della femminilità vista con gli occhi di oggi

Sono passati sessant’anni esatti dalla pubblicazione del libro. In questi decenni sono successe molte cose. Le donne, qui in Italia come in America, hanno sempre più spesso studiato con profitto e conseguito un’ottima istruzione. Hanno avuto un ruolo nella società e brillanti carriere. Alcune hanno scelto di non avere una famiglia. Come la Friedan auspicava, hanno avuto quello che volevano. Hanno avuto “di più”. Ci si potrebbe aspettare, in base alle tesi della studiosa, che le donne moderne siano finalmente appagate. In realtà, i dati dimostrano che la popolazione femminile oggi è molto meno felice che negli anni Settanta. Inoltre, la loro infelicità è in costante crescita. https://www.theguardian.com/lifeandstyle/2016/may/18/womens-rights-happiness-wellbeing-gender-gap

È vero, abbiamo maggiori diritti. Molte hanno conquistato posizioni di enorme responsabilità. Ci sono donne che hanno ottenuto grande successo professionale e notorietà. Persino in campi  che prima erano esclusivamente maschili: nello sport, nella politica, in azienda, nelle banche e nei gruppi finanziari, nei tribunali.

Eppure, nulla di tutto questo ha avuto un ruolo decisivo nella gratificazione femminile. Forse, non era questo il “di più” che mancava alla loro soddisfazione.

La risposta sbagliata

La Mistica della femminilità pone la domanda giusta, ma poi trova una risposta sbagliata. La domanda giusta è cosa renda una donna realizzata. La risposta è sbagliata, perché ipotizza che il benessere psicologico per la donna sia solo nel mondo esterno: nelle università, negli uffici o nelle aziende. Il libro incarna in pieno quei limiti del pensiero femminista che oggi ci sono molto più chiari che all’epoca.

Ora sappiamo che la famiglia non è una trappola o una rinuncia a maggiori ambizioni per una donna. Abbiamo imparato che mettere una donna nella condizione di dover scegliere fra gli affetti e i suoi progetti di vita crea un cortocircuito doloroso e inutile. Soprattutto, abbiamo capito che la vera felicità non risiede nell’agiatezza economica. Non importa che il benessere sia goduto come casalinga o creato, come lavoratrice. Una donna può ugualmente essere infelice come casalinga modello, così come professionista di successo.

La ricetta per la felicità

Allora, cosa rende veramente felici? Esiste una ricetta universale, con formula soddisfatti o rimborsati? La mia opinione è che la felicità arrivi esclusivamente dall’amore. Amare in modo autentico un uomo, per quello che è e non perché pensiamo di trovare al suo fianco il nostro posto nel mondo. Essere ricambiate, non perché occupiamo la giusta casella, nel quadretto familiare, ma per quelle che siamo come persone.

Le casalinghe della Friedan facevano quello che tutti si aspettavano da loro: le mogli e le madri. Non si parla di amore, nelle loro vite ordinate e tranquille. Si ha la sensazione che quello della casalinga sia uno status sociale, più che una scelta d’amore.

Analogamente, le donne di oggi spesso fanno quello che tutti si aspettano da loro: una brillante carriera, tanti riconoscimenti professionali, gratificazioni economiche. Niente figli, o figli sì, ma solo quando le ambizioni sono state soddisfatte, un compagno sì, ma solo se non distrae troppo dagli obiettivi di realizzazione personale. Anche in questa narrazione, si parla poco o nulla di amore. La vita sembra una successione di punti da smarcare e traguardi da raggiungere.

E invece, quello che conta non è fare, ma perché (o per chi) si fa.

Per essere autenticamente felici, non servono questi modelli imposti dal mondo. Una donna si realizza quando si riconcilia con i suoi valori e i suoi veri bisogni. La felicità non dipende né dall’avere un lavoro, né dal non averlo. E nemmeno da una condizione esterna.

Ci realizziamo soprattutto nella capacità di donarci generosamente alla persona che amiamo e a costruire con questa una unione per la vita. Tutto il resto non sposta l’ago della felicità di un millimetro.

Quanto è più felice la donna dei Proverbi 31? E non lo è perché si dà da fare, ma perché ha buoni motivi per farlo:

Il cuore di suo marito confida in lei,
ed egli non mancherà mai di provviste.
Lei gli fa del bene, e non del male,
tutti i giorni della sua vita.

mistica femminilità

seguimi sul blog: www.AnnaPorchetti.it.

il mio libro si trova qui: https://amzn.to/3VqM5nu