Posso aiutare gli atei?
Il mio libro sul matrimonio, può aiutare coppie di sposi atei? Quando ho pubblicato il libro, una parte consistente dei miei amici tiepidi nella fede o -a loro dire- atei, mi hanno chiesto se i miei consigli matrimoniali potessero essere di aiuto anche a loro. Si tratta di una domanda cui non è facile rispondere. Il mio libro parte da un punto di vista cattolico. Ci può essere, nei miei consigli, qualcosa di trasversale alla fede, di universale? Forse sì, anche se applicare l’aggettivo universale alle mie idee, mi pare davvero esagerato!
Dunque forse qualcosa nel mio libro potrebbe tornare utile anche a chi non crede. Resta il fatto che tutto il libro e i numerosi e preziosi consigli che lo compongono (parlo ironicamente) ruotano attorno all’assunto che il matrimonio sia una unione consacrata. La sua forza è proprio nella grazia che lo spirito Santo infonde nella unione matrimoniale.
La festa, senza il festeggiato
Se un uomo, una donna, una coppia, non credono in Dio, davvero posso aiutarli? Certo posso consigliare loro di volersi bene incondizionatamente, di accogliersi e perdonarsi, perché tutte queste cose, inventate dal cristianesimo, sono diventate valori condivisi da tante culture e comunità umane. Il fatto è che privare questi comportamenti della loro origine e quindi in definitiva del senso che li ispira, li impoverisce inevitabilmente. È un po’ come essere felici a Natale, augurandosi buone feste e dicendosi che l’atmosfera natalizia mette di buon umore, dimenticando che il buon umore scaturisce dalla nascita di Cristo. Insomma, è un po’ come fare la festa, dimenticandosi chi è il festeggiato. E quindi? Il mio libro è esclusivamente per cattolici, astenersi non credenti?
Gli atei sono come i latin lover
Col passare del tempo, mi sono convinta che l’ateismo non esista. A conferma della mia ipotesi, cito anche il fatto che, in cinquanta anni suonati, io un ateo in carne e ossa non l’ho mai visto. Certo, ho conosciuto diversi che si proclamavano atei. C’è stato un periodo, fra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta, in cui un gran numero di personaggi pubblici si è sentito quasi in obbligo di informarci che non credeva in Dio. Di solito non è vero niente. Neanche un po’. Gli atei sono come i latin lover. Chi si definisce latin lover, il più delle volte non batte chiodo. E’ tutto un bluff. Magari in buona fede, ma sempre un bluff. Allo stesso modo, anche i presunti atei bluffano. Perché persino loro credono comunque in qualcosa. Solo che gli fa impressione chiamarlo “Dio”.
Paura di Dio
E un po’ bisogna capirli, questi non credenti. Perché l’idea di Dio è talmente immensa, talmente importante, così tanti ordini di grandezza sopra il nostro metro umano, che un poco può fare paura. Anzi, ne fa moltissima, finché non capisci che a questa potenza benefica ti devi affidare. Senza pretendere di capirla. Rinunciando a negoziare i termini di un vostro accordo. Evitando di cadere in quella trappola terribile di ricatto: Dio io credo in te, ma allora tu dimostra che ci sei. Fai questo e quello per me. Soddisfa i miei desideri. Come tu fossi un genio della lampada qualsiasi. Quando finalmente abbandoniamo la nostra mania di controllo, tipicamente umana, la nostra imperfezione direttiva verso Dio, allora cominciamo a credere davvero. Ma è meglio dirlo sottovoce, ché le minacce del mondo sono sempre in agguato.
Perché non possiamo essere atei
Noi esseri umani siamo portatori sani di anima. L’anima non è un accessorio, è una parte essenziale della nostra natura. Fortunatamente, non è una cosa che vada vinta o meritata. L’anima l’abbiamo tutti, anche quelli che non ci credono. E la nostra anima ha fame di bene. Fame di Dio. Tutti credono in Dio. È un bisogno umano. Un bisogno essenziale, come mangiare, bere, dormire.
Il problema è che spesso finiamo con il confondere la creatura col Creatore. Di questo rischio ci avvisava già San Paolo. E il pericolo c’è anche ora. Il nostro mitizzare le creature, ci porta a quelle cose che vediamo ogni giorno. Pensate alle cose che sono glorificate e scaldano trasversalmente i cuori di tanti. La solidarietà. La pace nel mondo. L’ecologia. La fratellanza fra i popoli. Cose belle, meritorie, che taluni considerano esclusivamente umane, perché si sono dimenticati che sono riflesso di un amore più grande, che umano non è.
L’umanità può essere spregevole
Non vale sempre la pena combattere e morire per gli uomini e i loro ideali terreni. Non possiamo dire: “credo incondizionatamente negli esseri umani”, “credo nella bontà dell’uomo”. L’umanità, se non è illuminata da Dio, può essere spregevole. Di nuovo, vogliamo far festa, dimenticandoci il festeggiato. Spesso i così detti atei bruciano di passione per cause nobili. Scendono in piazza per il cambiamento climatico. Organizzano aiuti umanitari. Manifestano per la fine delle ostilità fra popoli diversi. Tutte cause che derivano da una unica matrice comune. Cause che non esisterebbero, senza quel comandamento nuovo, che le ispira. Quello di amarci gli uni con gli altri, come Cristo ha amato noi. E anche quell’altro comandamento. Quello di non avere altro Dio al di fuori di Dio.
La trappola degli idoli
Abbiamo bisogno di credere. Se non disponiamo il nostro cuore nella direzione giusta, allora rischiamo di credere a tutto. Agli amuleti, ai portafortuna, alle coincidenze, ai tarocchi, alla fortuna cieca e alla sfiga che, invece, ci vede benissimo. Se neghiamo il nostro bisogno di assoluto e tentiamo di chiuderlo fuori dalla porta, lui rientrerà dalla finestra. Invece di farci del bene, di aiutarci a salvarci l’anima e si sprecherà ad adorare mille idoli ingannevoli. Imitazioni di Dio nella versione povera, fallace, imperfetta. Una forma plasmata dall’uomo, con tutti i suoi limiti. Una forma che non soddisfa e per questo è causa di tutta l’infelicità che ci circonda.
A una coppia di atei servono i miei consigli sentimentali?
Per tutto ciò che ho detto fino ad ora, sono convinta che gli atei non esistano. Esistono invece persone che hanno smarrito l’idea di Dio. E vagano confuse, in un mondo che promette tante false risposte a un’unica vera ed inevitabile domanda: Perché siamo qui? Che ne sarà di noi? Finisce tutto con la morte, o c’è una speranza che ci sopravvive?
Per questo, quando qualcuno mi dice di essere ateo, io non gli credo praticamente mai. Invece, cerco di stimolarlo a continuare la sua ricerca. Lo invito ad ammettere il suo bisogno di Dio, che non è una debolezza, ma una grande dimostrazione di forza.
Queste persone smarrite hanno spesso matrimoni infelici, perché non affidano la loro promessa all’unico che potrebbe aiutarli a realizzarla davvero. All’unico che riempia la loro unione di senso. Senza questo passo essenziale, non c’è posta del cuore, consigli matrimoniali, mediazione familiare. Se non lasciamo che la grazia operi in noi, restiamo le creature imperfette, povere egoiste che siamo. Da soli non possiamo farcela. Se invece decidiamo di fidarci di Dio, la prospettiva della nostra unione cambia. E, a quel punto, si possono anche seguire i miei consigli di natura matrimoniale. Perché se il Signore ha teso la mano a me, allora c’è speranza per tutti.
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