Avete qualche segreto?
Avete mai avuto un segreto? Almeno uno? Perché tutti ne hanno. Inconfessabili e importanti. Oppure, al contrario, solo qualche piccolo segreto mai confidato a nessuno. Anche io ho 6 segreti di cui di norma evito di parlare. Ma oggi, che sono in vena di sincerità, ve li svelerò.
Primo Segreto: Non aprite quella porta!
A volte annuncio alla mia famiglia che devo andare in bagno. Con urgenza. Ad alta voce, ché mi sentano proprio tutti e a nessuno venga in mente di cercarmi. Poi mi chiudo in bagno. Abbasso il coperchio del water e mi sistemo lì. Bella comoda. Ma non ho assolutamente nessuna urgenza fisiologica. Se non quella di avere un po’ di privacy. Evitando che qualcuno chieda di me, per una manciata di minuti. Nessuno che voglia chiedermi se ho visto il suo zaino, la sua giacca, le sue chiavi di casa. Non un’anima che reclami un pasto caldo, uno snack, un panino per un pranzo al sacco di cui ignoravo la necessità.
In questa pace meravigliosa, mi metto a fissare un punto immaginario all’orizzonte. Un punto nel vuoto. E non penso a niente. Può una mente femminile rimanere ferma e non pensare a niente? No, vero? Infatti. Diciamo niente di importante. Niente di costruttivo. Una specie di interruzione del servizio, per motivi tecnici. Ci scusiamo per il disagio, ma neanche tanto. I miei neuroni sono in vacanza. Una vacanza di dieci minuti, vista piastrella quadrata quindici per quindici. Provare per credere.
Secondo segreto: lasciatemi qui
Io aderisco sempre volentieri a tutte le uscite e iniziative. All’inizio sono entusiasta. Ma, man mano che la data dell’evento si avvicina, l’idea comincia a rendermi inquieta. Il giorno stabilito, continuo a chiedermi chi me l’abbia fatta fare. Lancio al divano occhiate languide. Continuo a pensare alla meravigliosa serata tranquilla, tisana, libro e divano, che mi perderò uscendo. Ovviamente, mantengo il segreto con gli organizzatori della serata. Ma dento di me, un poco mi scoccia dover uscire. E, se per caso la serata salta, io fingo di essere molto dispiaciuta. E sì, certo, dico anche io che bisogna rifare, rifissare, trovare una nuova data. Perché gli imprevisti possono capitare, però bisogna recuperare. Recuperare al più presto. Invece, dentro di me, gongolo. Mi sembra di essere stata liberata da un impegno. Ma non ditelo alle mie amiche.
Il terzo: cos’è che stavamo dicendo?
Questo segreto è uno di quelli che faccio molta fatica a rivelare. A volte mi distraggo. Quando sono al telefono con qualcuno che la fa troppo lunga, dopo un po’, smetto di ascoltare. Invece penso se ho tutti gli ingredienti per lo spezzatino. Ci vogliono almeno cinque verdure per fare un battuto a regola d’arte. Lo sapevate? Oppure ripasso gli argomenti per la riunione del giorno dopo. O do un’occhiata al registro elettronico delle figlie. E così domani una delle due ha la verifica di scienze? E di questo sei in latino, come mai non sapevo nulla? Oppure prego. Intanto l’altra persona continua a parlare.
E io ogni tanto esclamo con convinzione: E già, certo! E hai fatto bene! Proprio così. Anche se non ho la più pallida idea di quello di cui sta parlando. L’ho un po’ imparato da mio marito, anche se lui è di un altro livello. E’ più di vent’anni che finge di sostenere regolari conversazioni con me, mentre riflette sulla formazione del Milan dell’ultima partita in casa. E io, il più delle volte, mi convinco pure che mi ascolti!
Quarto segreto: vorrei ma non posso
Se tentano di coinvolgermi nelle attività scolastiche dei figli, io accampo qualunque scusa per sottrarmi. Una prima e unica volta mi hanno incastrata, facendomi candidare a rappresentante di classe. La cosa mi ha fruttato un numero impressionante di riunioni di classe, interclasse, istituto, con relativi verbali. Ho dovuto moderare accesi dibattiti su WhatsApp, fra genitori niente affatto moderati. Ho raccolto soldi per: gite scolastiche, materiali scolastici, regali di Natale alle insegnanti, regali di fine anno agli insegnanti, regali di pensionamento ad alcuni insegnanti. In pratica, mi sentivo l’ufficio acquisti della scuola. Da allora, ho imparato la lezione.
Ogni volta che qualcuno mi propone di fare qualcosa di ufficiale o rappresentativo, in una delle classi delle figlie, mi defilo. E lo faccio con una certa maestria. Non per vantarmi, è proprio la verità, nel tempo ho affinato una serie di pretesti estremamente varia e ben articolata. Alcuni ai confini della realtà. Parlo del gatto che soffre di gelosia, appena mi allontano. Racconto che ho avuto un trasferimento che mi porterà a lavorare fuori città per metà del tempo. Dico che mi hanno diagnosticato una forma di sordità in rapido peggioramento.
Sarei pronta a giurare di essere allergica ai consigli di classe, se servisse. E ad affermare, mestamente: “eh, vorrei tanto, ma proprio non posso. Me ho detto il medico. Tutti quegli antipatici puntini viola sulla pelle mi compaiono solo quando mi trovo fra le quattro pareti della scuola, con un ordine del giorno e un blocco per prendere appunti. Forse è il gesso della lavagna, forse la formica dei banchi, forse la polvere del cancellino. Il mio medico sconsiglia di sostare in quell’ambiente per me poco salutare. Eh mi spiace, non posso fare la rappresentante o la consigliera o la delegata dell’associazione genitori. Che peccato, ci avrei tenuto tanto”. Sospiro (mentendo spudoratamente).
Quinto: ti sta bene tutto, anche se…
Se vi voglio bene, non chiedetemi pareri estetici. Sappiate che faccio molta fatica a essere obiettiva. Lo sa la mia amica Chiara. Le ho sempre detto che il suo Chanel lip gloss Rouge coco amuse bouche le stava benissimo. Capirai, lei ci teneva tanto e le piaceva da morire. Mica le potevo dire che non le stava bene per niente. Non so, forse non era in palette. Mi è sempre mancato il coraggio di dirle che, con quel colore lì, con quella consistenza lì, sembrava andasse in giro con le labbra sporche di marmellata di frutti rossi.
Per lo stesso motivo, non ho mai detto a Marina di eliminare i pantaloni a vita bassa. Cioè, una volta ci ho provato. Ci ho girato un po’ intorno, sondando il terreno. È che i pantaloni a vita bassa, non stanno bene quasi a nessuna. Bisogna avere un fisico da ventenne o una naturale inclinazione al masochismo, per indossarli sempre. E forse entrambe le cose. Però, converrete anche voi che non si può dire a un’amica: “metti via tutti questi pantaloni a vita bassa, non sei abbastanza masochista né abbastanza fisicata, per permetterteli”. Voi la fareste mai una cosa del genere a un’amica? Perché se la vostra risposta è sì, allora vi sto alla larga. Io preferisco mantenere il segreto. Nessuna è mai morta per un pantalone che le penalizza il punto vita, mentre tante sono rimaste tramortite da critiche al look che tanto amavano.
Sesto: Dulcis in fundo (il dolce viene alla fine)
Temo che questo segreto mi farà perdere parecchi punti, ai vostri occhi. Sappiate che compro quasi sempre i dolci per le cene in cui “ognuno porta qualcosa”. Io spero sempre che il dolce non tocchi a me, perché è una delle cose che in cucina mi riescono meno. Però talvolta, nella spartizione delle pietanze, mi assegnano il dolce. Allora io lo compro. Cerco di scegliere il dolce più anonimo: niente saint-honoré o profitterol, che sono dolci che in casa sanno fare solo le vere professioniste. Niente cheesecake. Lo sanno tutti che quella casalinga non viene mai tutta liscia e pari, come quella che si compra. Quando la fai da te, si affossa sempre al centro.
Per simulare un dolce fatto in casa, bisogna stare sul semplice: torta di mele o strudel oppure una crostata. Compro il dolce prescelto, butto via la sua bella confezione elegante e lo avvolgo in innocua carta da pacco marrone, oppure nella pellicola di alluminio. Se ha una forma troppo perfetta, lo ammacco o lo rifilo un po’ con il coltello da pane.
Se invece sono in vena di follie, compro i dischi di pan di spagna già cotti e li farcisco con la crema in brick e la panna spray. Ovviamente non dico di averlo fatto io. Quando qualche altra mamma mi chiede, con tono entusiastico, se lo abbia fatto io, mi limito a sorridere e a chiederle se le sia piaciuto. Poi cambio argomento. In questo modo mantengo il segreto sulla sua origine. Tranne oggi.
Ma vabbé, sto blog, chi volete che lo legga? Meno di quindici lettori, e con voi, ogni mio segreto è al sicuro!
Ecco rivelato, uno dopo l’altro, ogni mio segreto. Mi raccomando, non fatene parola con nessuno!
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