Lo smart working e il Purgatorio

Vai al blog

I miei articoli:

Lo smart working va in detrazione al purgatorio?

Secondo voi, lo smart working è detraibile dal purgatorio? Chiedo per un’amica che fa smart working. Sperimento con regolarità settimanale il triplo salto mortale carpiato con giravolta, senza rete di protezione. 

Ovvero, giornate infernali in smart working. Tu l’hai detto al tuo angelo custode. Deve negoziare ai piani alti. Con tutto sto smart working, te lo potranno pure abbuonare un po’ di purgatorio.

Perché il principale vantaggio del lavoro d’ufficio, anche nei momenti più infernali, è che almeno puoi stare seduta. Magari non comodamente, ma seduta. In smart working invece, vieni svegliata all’alba dalle urla disperate di una figlia, che non trova l’abbonamento dell’autobus e ha una verifica alla prima ora.

Il bello di lavorare da casa

Quando i tuoi due neuroni in avanzato stato di deterioramento si sono più o meno risvegliati e ti permettono di recuperare le coordinate base (sono ancora viva, oggi è mercoledì, mi serve un caffè) l’urlo lacerante dell’altra figlia, supera la barriera spaziale della parete di cartongesso. 

Tu accorri e scopri che ha trovato la sua maglietta preferita ancora da stirare. E quella è l’unica indossabile.

Ma come l’unica? E quella ennupla ordinata di magliette nei 56 milioni di colori degli schermi Amiga degli anni ottanta, non si possono usare? Nemmeno una?

No. Non c’è niente di adatto.

E stiriamo sta maglietta. 

L’unica cosa attinente al Mulino Bianco, che possa stare in questa casa

E l’altra figlia ti chiede se le fai il panino per il pranzo al sacco di oggi. E sono le 7 e 20 del mattino. Dove lo trovi qualcosa di commestibile, che stia dentro a un panino, alle 7 e 20 del mattino? E poi, il panino medesimo come te lo procuri? Vabbè, fai con quel pane a cassetta americano gommoso, che a loro piace tanto. Pane fresco non ce n’è, ieri notte ti sei dimenticata di impastarlo. Se anche l’avessi fatto, sarebbe tardi per cuocerlo. (spoiler: Comunque sto scherzando. Non impasto il pane in casa. L’ho fatto per un breve periodo. Dicevano fosse anti stress, ma a me faceva venire il nervoso).

Allora fai una frittata e la metti nel pane a cassetta. Anche stavolta ti aggiudichi il titolo mondiale di MadreSpregevole.

La figlia scuote la testa. Le mamme perfettine, quelle brave in tutto, impasterebbero due tipi di pane almeno. Uno coi cereali, il kamut, la soia e la segatura (ma bio) per metterci dentro solo un salame magro artigianale DOP. E del pane al latte, morbido e fragrante, come dessert, da farcire con marmellata fatta in casa, con frutta bio e senza zuccheri aggiunti. (Spoiler: non so a voi ma a me questa dicitura senzaZuccheriAggiunti intimidisce. Mi sembra tipo una minaccia. Che poi di che saprà mai una marmellata che non è piena di zucchero).

La figlia ti scruta con disapprovazione. Tu tenti la captatio benevolentiae, infilandole un pan goccioli nello zaino. È l’unica cosa del Mulino Bianco che possa stare in questa casa.

Il rischio dello smart working è l’abbruttimento

Una figlia vuole il caffellatte e l’altra il latte e Nesquick, ma nello stesso momento. E quando finalmente riesci a sbatterle ehm, ad accompagnarle amorevolmente all’uscio (e poi lo chiudi a chiave, caso mai cambino idea e provino a rientrare), tuo marito si ridesta felice e ti chiede un caffè. 

Per le otto e mezza il campo di battaglia è sgomberato. Ti sfili il pigiama, in favore di una più formale felpa (magari oggi senza il cappuccio) e ti dici che anche oggi ti trucchi domani. Perché uno dei rischi dello smart working è l’abbruttimento. A furia di lavorare da casa, di fronte allo schermo, diventi una specie mutante. Una che ha tradito il tacco a stiletto e il collant con gli antiscivolo e i leggins.

Almeno sei seduta

Ma almeno sei seduta. E parte il carosello della call. Che è come la barzelletta di quando eravamo ragazzi, ma in versione villaggio globale: un singaporiano, un malese, un danese, un venezuelano e ognuno che parla inglese a modo suo. La banda continua a saltare e le facce si freezano. Oppure l’audio si separa dal video e fa l’effetto pesce rosso nella boccia. Ma tanto ti dici che almeno sei seduta. Poi prendi la parola e spieghi tutto alla velocità della luce. E il singaporiano ti chiede se puoi parlare più piano e il danese ha un sacco di domande. Ma tu hai fretta di finire, perché vuoi spegnere il tuo microfono.

E hai un buon motivo. Perché essendo un rumore ambientale, gli altri non lo sentono. Loro no ma tu sì. E sai pure chi è. Anzi, saresti disposta a scommettere una cena per tutta la famiglia in uno stellato, che indovini.

La condomina del tuo palazzo sta suonando al campanello. Lei è così, ha come il senso di Smilla per la neve. Solo che lei ha il senso per le rotture di baaaaa… no, non lo devi dire. 

Il tuo angelo custode è un gran mediatore

Hai promesso al confessore che le parolacce non le dici più, ed era solo domenica. Te la vedi la faccia del tuo angelo custode? Scuote le spalle e ti rimbrotta: “e annamo, con tutto quello che sto a fa’ pe’ te, per farte sgrava’ de un po’ de purgatorio! So’ qua che chiedo una moratoria, un condono, una domanda di grazia alla piena de Grazia! Garda che io ce posso mette na bona parola, ma mica posso fa’ i miracoli. Già ce lo sai, che per quelli non sono competente io, c’è nantro ufficio. E dopo tutta sta fatica, tu poi fai così? Dici le parolacce a quella pora donna che vole solo un po’ de compagnia? Che c’hai da fare, te, privilegiata, che stai pure seduta tutto il giorno!”

(Spoiler: Quando è sconsolato, al tuo angelo gli parte il romanesco. E parla come Zerocalcare. Non ne sono sicura, ma credo gli spunti pure una felpa nera col cappuccio, coi fori per le ali. Perché se fosse milanese non ti darebbe tanto spago. Avrebbe già chiesto al suo legale di darti disdetta). Comunque non l’hai mica detto che la condomina ha il senso per le rotture… Forse l’hai pensato, ma fuggevolmente. E va bene, vale pure col pensiero, però questa si è appesa al campanello e da lì non si stacca.

La tua unica possibilità è finire il tuo intervento, spegnere il microfono e la telecamera, aprire la porta e liquidarla velocemente. Per quanto possibile.

No perché io sarei in smart working, che è come lavorare

Finalmente il supplizio finisce. Saluti, spegni tutto, ti fiondi alla porta. La spalanchi con veemenza e lei ha un contraccolpo. “Ah, temevo fossi rimasta attaccata al campanello… sai, tipo la scossa”. Lei ti guarda. Tu chiedi: “Io sarei in smart working. Che vuol dire che pare che stia in casa seduta a fare niente, ma invece lavoro. Perché fare smart working è come lavorare. Mi stai cercando per…?”

E lei: “No niente”. Ecco, questa è LA risposta sbagliata.

Perché tu hai rischiato il tic nervoso, la crisi isterica, un attacco di nervi e questa adesso non se la cava così. Proprio no. Adesso le dai dieci secondi per inventare un motivo plausibile per cui è venuta a scampanellare per cinque minuti consecutivi alla tua porta, alle undici del mattino.

Non provasse a fare la vaga, che tu inizi il conto alla rovescia. -10, -9, -8 eccetera eccetera

No sai, quelli del x piano dovrebbero essere in tre, ma arrivano sempre i cosiddetti parenti. Un viavai continuo. Perché l’acqua. E la spazzatura. Se pagano per tre poi non possono essere cinque, sette, nove.

Ah, ecco. Rivendicazioni di buon vicinato.

Ah, e… ?

Il che, lo capiamo tutti, alle undici del mattino, è davvero una priorità per le sorti del mondo. Specie per una che sta tentando di fare smart working, che, non è per sottilizzare, ma è come lavorare… 

Fai finta di niente, ma se ti potessero sottotitolare i pensieri, lei leggerebbe: Ricordami un attimo, perché me ne dovrebbe fregare qualcosa?

E lei: bé magari tuo marito… e guarda dietro di te, oltre la porta aperta. 

No, mio marito torna tardi. Tardissimo. Magari ti faccio chiamare. E chiudi la porta con sollievo.

E, anche se tecnicamente avresti vinto una cena in uno stellato per tutta la famiglia, siccome nessuno ha scommesso contro di te, non hai vinto nulla. Ti tocca cucinare anche stasera.

Torni a sederti un quarto d’ora. Poi suona il bip del fine ciclo dei colorati. Non di soli bianchi vive la donna. E bisogna sbattere tutto nell’asciugatrice e far partire un nuovo bucato.

E in questa casa vivono gli gnomi, che riempiono il cesto della tua lavatrice e ti svuotano il frigo. Altrimenti non si spiega. 

Il limite dello smart working si vede al momento della pausa pranzo

Ti risiedi. Altra call.

Alle 12.30 arriva una figlia.

Verso 13.00 un’altra 

Infine, alle 13.30 la terza.

È inutile chiedere loro com’è andata. Risponderanno sempre “bene”. In alternativa, se chiedi cosa sia successo a scuola, la risposta è “niente”. Come serial killer interrogati all’FBI. Tu, invece, la loro domanda non puoi eluderla.

Maaaa che si mangia?

E tu sudi freddo. Come i concorrenti dei quiz. Speri che la risposta sia esatta.

Pastaaaa… al sugo

Scuotono la testa

continui a rilanciare: Aglio e olio, Pesto. Tonno

Io col pesto

Io me la faccio in bianco 

tu sei incerta sulla strategia. Posso comprare una vocale? Gioco il bonus? E l’aiuto da casa? Ma voi siete già casa. E mica ti aiutano.

Si può avere pasta con la pancetta?

Io spaghetti

Anche io

No, io pasta corta.

E tu hai la padella coi due cestelli di alluminio. Puoi cuocere in contemporanea penne e spaghetti. Pensa che fortuna.

Il nonno non ha preferenze. Si adegua, ma non che la cosa sia semplice. Qualunque porzione gli prepari, lui ne mangia sempre e solo metà. Che siano tre etti di pasta, un etto o cinquanta grammi, lui ne mangia metà, e poi, con aria afflitta afferma. E basta, però, ne hai fatta troppa. Mica sono senza fondo!

Tempo di scodellare e sono le due meno dieci. Sei in piedi da più di un’ora. Sei digiuna e alle 14 hai una call. Cerchi qualcosa di pronto da mangiare al volo, ma non c’è niente. In tre minuti puoi giusto farti una frittata veloce, da trangugiare in piedi, intanto che sposti il pc dal tavolo da pranzo alla scrivania nello studio. Perché avoja che sei lavoratrice agile. Fai il salto del pasto e la corsa da una stanza all’altra, a seconda dell’ora del giorno. Comunque la frittata era buona. Sei o no Nostra Signora delle uova?

Afterhours

Ti tuffi in call, cercando di mimetizzare gli ultimi movimenti masticatori. Se sorridi, avrai sicuramente dei pezzetti di frittata fra gli incisivi. Ti chiudi a chiave, per evitare che figlie in pigiama o in accappatoio irrompano in studio, chiedendo cose a voce alta, mentre hai il microfono acceso. Il pomeriggio trascorrere sereno, al netto di urla selvagge, che ogni tanto squarciano il silenzio. Ti devi smazzare un file di numeri che ti fa perdere le pochissime diottrie che forse ti erano rimaste. But, hey baby, that’s bizness!

Alle 18.30 riemergi dalle profondità dello studio. E ti sommergono di richieste.

E dove sono le scarpe da tennis? Ti chiede una figlia.

Ma quali? Indossate solo scarpe da tennis, moltiplicate per tre paia di piedi, magari se riusciamo a essere più specifiche? Ah no, dimenticavo. Sono le sue preferite. Le cose che non si trovano, che sono a lavare o che non vanno più sono le uniche e insostituibili preferite. 

Hai visto il libretto delle assenze?

Libretto per le assenze? Ma sei stata assente oggi?

Ma, no, Maaaa! Il mese scorso. Oggi la prof si è arrabbiata, perché non ho ancora portato la giustificazione! E certo, che impaziente, la tua prof. E’ solo passato un mese. Forse speravi che finisse l’anno scolastico? Che l’assenza non giustificata cadesse in prescrizione? E comunque lo cerchiamo subito, il libretto. L’ultima volta che lo ha perso, per richiederlo ci è voluta una procedura che manco il visto per la Russia, negli anni della guerra fredda.

Guardi l’orologio. E lo sai. Sono le 18.50 e fra circa dieci minuti, scatterà nuovamente il tormentone quotidiano, del format: maaa che fai stasera per cena? Alle proposte di cena, a casa nostra, le figlie fanno come i paesi dell’ONU quando voltano le risoluzioni. Se la proposta non gli piace, si astengono. E tu devi raggiungere, non dico il quorum, ma almeno un’adesione a testa a una qualche opzione che proponi. Hai sì e no un’ora per realizzarle e forse non sempre tutti gli ingredienti. Quando qualcuno dei tuoi cavalli di battaglia (bistecca, petto di pollo, cotoletta, pastasciutta, omemette, risotto) viene accolta, ti metti a cucinare.

Beata te, che stai seduta tutto il giorno

Alle otto torna AmorevoleMarito che ti abbraccia. Si siede sul divano e assume il controllo del telecomando. E poi ti chiede. “com’è andata oggi? Sei riuscita a prendere un po’ d’aria o farti un giro, o sei rimasta seduta tutto il giorno?” e tu sei a mezzo millimetro, ma che dico, a un decimo di millimetro dallo sbrocco, quando l’angelo custode ti tocca gentilmente la spalla. “A cosa, epperò nun se fa così. Eddaje! T’ha fatto na domanda, mica t’ha insultato. Guarda che quasi quasi ce la stiamo facendo, nun mollà proprio adesso, che se vede il traguardo a pochi metri. Nun sbroccà dai, fai un bel respiro. Dì na decina che te calmi e poi me pare che oggi stiamo un po’ indietro sulla tabella de marcia.”

Il tuo angelo ha sempre ottimi argomenti. Forse ci dovevano mandare lui, all’ONU, durante le ultime crisi internazionali.

Alle 19.45 ti chiama un’amica. È in auto. Bloccata in tangenziale est. “beata te che adesso lavori da casa. Non sai che darei per risparmiarmi quest’ora e mezzo al giorno nel traffico.”

E tu pensi a lei. Nel traffico. In macchina. Senza figli, mariti, vicini di casa. Sola. Con la radio accesa o la possibilità di chiamare le amiche. Seduta. Ti scende la lacrimuccia. Speriamo solo che ti detraggano i giorni di smart working dal purgatorio.

seguimi sul blog: www.AnnaPorchetti.it.

il mio libro si trova qui: https://amzn.to/3VqM5nu