C’era una volta in America
Per quasi cinque anni sono stata responsabile a tempo pieno del business che una delle mie aziende precedenti aveva in America e in Canada. Da lì deriva tutto quello che ho imparato su questo strano,
grandioso e difficilissimo paese. La mia esperienza è che si tratta di una realtà troppo complessa, troppo diversa da noi, per poterla liquidare con un giudizio sintetico Ci sono cose, in America, che per noi sono inaccettabili. E altre che pagheremmo per avere.
Le differenze culturali sono forti
In quegli anni ho imparato che comunichiamo in un modo molto differente. Se un americano ti dice: good for you, questa espressione non ha niente a che vedere con il nostro buon per te, un modo appena appena urbano per dire a me che mi frega. Se un americano ti dice good for you, quel che intende è: mi fa molto piacere per te.
Ho anche imparato che, quando un americano vuole darti un consiglio, senza avere l’aria di mettersi in cattedra, ti dice: here my two cents on…, ovvero qui il mio piccolo contributo (due centesimi)
sull’argomento...
Ho scoperto che un loro: would you please? o would you like to? (vorresti per favore?) o ancora would you be so kind of (saresti così gentile da…) sono modi educati per darti un ordine, anche se sembrerebbe che sia tu a poter scegliere.
Ho capito che you’d better to (faresti meglio a) è molto più perentorio di please feel free to, anche se entrambe le espressioni contengono un forte suggerimento a fare qualcosa.
Se un americano sta per dire qualcosa che si presti a passare per un’accusa, un giudizio, una verità scomoda, generalmente la fa precedere da una specie di disclaimer. Cose come this will
hurt (questo farà male) oppure it is something probably difficult to swallow (è una cosa difficile da mandare giù), oppure this is something you will not like to hear (questo è qualcosa che non ti piacerà sentire).
Nessuna cultura è perfetta
Con questo non faccio alcun paragone né esprimo un giudizio. Non dico che quello sia il Paradiso Terrestre e noi siamo all’inferno. Ho ben presenti tante contraddizioni di quella società. Cose che per noi sono incomprensibili. Per esempio fatto che in stati come il Texas (e anche altri in America) non ci sia un limite di età per comprare un’arma da fuoco, ma ci sia un import ban (divieto di importazione) sulle sorpresine dentro gli ovetti Kinder, perché giudicate pericolose per i bambini. O ancora, perché, sempre per comperare un’arma non serva un documento di identità (in alcuni stati), mentre per ordinare una birra al bar si debba dimostrare di avere almeno 21 anni.
Il dibattito politico in America non è polarizzato ed estremizzato come da noi
Però ho riscontrato in America un modo di discutere e di confrontarsi più urbano, più rispettoso dell’altro e delle sue differenze. Durante la scorsa campagna elettorale, quella che ha contrapposto Hillary Clinton a Donald Trump, in Italia si era creata un’aspra contrapposizione fra i sostenitori dell’una o dell’altro. A sentire gli italiani, specie i media, ma non solo, sembrava che il bene fosse tutto polarizzato dalla parte dei democratici di Hillary e tutto il male dai repubblicani di Donald.
C‘era la percezione che gli elettori dell’una fossero la crema della società americana, gente istruita e ben inserita e che invece i sostenitori di Trump fossero tutti boscaioli del Midwest, con le camicie di flanella a quadri, la barba incolta e una istruzione sommaria. Oppure suprematisti bianchi, militanti fra le fila del Ku Klux Klan. In realtà in quel periodo ho avuto modo di verificare che molti elettori di Trump erano manager d’azienda, imprenditori, consiglieri di amministrazione. Persone che indossavano la giacca e avevano frequentato buone università. Gente che viveva in villette nei quartieri residenziali, col giardino e alla domenica caricava la famiglia sul minivan, per andare a pescare. Queste persone assolutamente normali, si sedevano a tavola o al tavolo di riunione con altri manager o imprenditori, altrettanto puliti, ben vestiti e istruiti, sostenitori della signora Clinton.
I due gruppi discutevano pacatamente dei pro e dei contro dei loro candidati, senza la necessità di saltarsi vicendevolmente al collo o insultarsi. Forse il livello dello scontro negli ambienti della politica era acceso, ma la gente comune sapeva confrontarsi senza trascendere. D’altro canto, senza voler entrare nel merito politico delle presidenziali, bisogna ammettere che gli americani che si sono sentiti rappresentati da Trump sono stati tutt’altro che un numero sparuto di individui ai margini della società, come si diceva di loro qui in Italia.
E non vale solo per la politica
Analogamente, né in tv, né fra la gente comune, nemmeno sui forum, ai dibattiti o sui social in America ho mai visto gli attacchi sguaiati e gratuiti che subisce un cattolico italiano, ogni volta che esprima le sue opinioni con persone che non condividono la sua fede. La regola a cui in America si attengono è di non essere judgemental, non essere giudicanti. Ovvero di non ritenere che la propria cultura, religione od opinione sia l’unica e vera e le altre tutte sbagliate e professate da ignoranti o dementi.
In Italia ogni discussione è una partita di tennis
In Italia invece, già da troppo tempo ogni dibattito è uno scontro fra tifoserie. Ciascuna delle due si sente depositaria di una verità universale. Nel dibattito, si punta solo a convincere l’altro. O, se non si riesce, ad annientarlo. Non ci sono altre opzioni. Non è contemplata la possibilità che ciascuno rimanga serenamente della propria opinione, rispettando quella dell’altro. In questo modo, le discussioni somigliano a partite di tennis, o a un derby calcistico. Non conta argomentare, ascoltare, capire e rispettare, pur nella diversità. Ciò che conta è segnare il punto. Avere ragione. Vincere. Ottenere l’ultima parola.
Dire qualcosa di cattolico oggi in Italia
Sapete cosa succede in Italia, se – parafrasando Nanni Moretti – dite pubblicamente qualcosa di cattolico? Sarete sommersi da una ostilità immotivata e gratuita. Come cattolica mi è capitato in tantissimi casi di venire attaccata sui social da perfetti estranei. Gente che, dall’alto di una licenza media inferiore o di un diploma professionale, conseguito ai tempi supplementari, dava a me della ignorante, medievale, arretrata, quando io l’università l’ho completata con profitto, parlo e scrivo fluentemente in diverse lingue, ho letto tanti libri e qualcosa so.
Dal pregiudizio non sono immuni nemmeno i cosiddetti professionisti.
Sarebbe comunque sbagliato pensare che sia solo un problema della gente comune. La verità è che nemmeno i cosiddetti professionisti sembrano capaci di ascolto senza giudizio e senza pregiudizi.
Tempo fa mi ha contattata una giornalista. Voleva recensire il mio libro per una rivista femminile. La signora non era ben informata. Probabilmente pensava che il mio fosse un manuale su come sedurre o manipolare un uomo. Quando ha scoperto che si trattava di un testo sul matrimonio sacramentale, ha bruscamente cambiato atteggiamento. È diventata aggressiva. Pur avendomi cercato lei, ha poi giurato e spergiurato che allora il mio libro non poteva essere adatto alla sua testata. Il suo giornale è rivolto a donne moderne, donne istruite, mi ha detto. Ha concluso: donne non cattoliche. Non so da dove abbia tratto queste certezze. Le mie cugine leggono abitualmente proprio quella rivista femminile. Eppure vanno Messa ogni domenica.
In questi tempi di magra per l’editoria, quale testata scoraggerebbe potenziali lettrici -ancorché cattoliche- perché le considera poco moderne e istruite? Messa in difficoltà, la giornalista ha dribblato. Mi ha detto che in fondo la trama del mio libro non la interessava particolarmente. Questo è curioso, i manuali normalmente non hanno una trama. (no, non c’è un assassino, e nemmeno un detective che lo smaschera).
In America il confronto non è così polarizzato
Una ostilità così gratuita e pregiudizievole non è diffusa in America. Quel paese accoglie persone provenienti da oltre duecento nazioni, gruppi etnici e religiosi differenti, usanze e culture difformi, ma tutte con pari diritto di cittadinanza. Una società con queste caratteristiche, deve accogliere la varietà per necessità.
In questo sta la differenza, ad esempio, rispetto al Regno Unito. In Gran Bretagna, se chiedi a un inglese di seconda o terza generazione di dove sia originario, il più delle volte, si irrita. Probabilmente ti risponderà che è british, perché si sente a tutti gli effetti un cittadino britannico. In America, invece, pur sentendosi tutti cittadini statunitensi, le persone amano parlare della propria ancestry, dell’eredità culturale e religiosa delle loro origini, di cui tentano di mantenere Il ricordo.
Ho conosciuto in America un sacco di figli e nipoti di immigrati italiani, che amano definirsi italo americani. Anche quando non hanno mai messo piede nel paese dei loro avi e non sanno una singola parola di italiano.
Ho conosciuto anche americani di origine irlandese, polacca, ucraina, vietnamita, cinese e filippina. Nessuno di loro si sentiva meno americano degli altri. Né mai avrebbe accettato che le sue opinioni valessero meno o fossero ritenute meno rispettabili di quelle di un altro.
La pluralità nell’unità è in America, la vera forza del paese
E’ questa unità nella pluralità, che rappresenta la forza vera del paese. E funziona nella misura in cui condanna ogni pregiudizio attacco alle persone singole o alle loro comunità di appartenenza. I pregiudizi sono nati con l’uomo ed esistono ovunque. Ci sono però società che li tollerano e altre che li reputano inaccettabili.
Da noi, da tempo non c’è spazio per la pluralità, né rispetto per l’altro, con il suo patrimonio di diversità.
In Italia c’è una lotta serrata di ciascuna corrente, gruppo, ideologia, partito, per prevalere sugli altri, tentando di sminuirli e screditarli a ogni costo. Qui c’è chi si sente più bravo, più intelligente, più italiano degli altri.
Provare per credere…
Per averne una prova, basta leggere su twitter i commenti sotto gli account ufficiali del Papa o di altre istituzioni religiose. Provate a guardare come si commenta negli account in inglese. Poi confrontateli con i messaggi che si trovano in calce ad account simili in Italia. Fatevi un giro, se non mi credete. Resterete sorpresi.
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