L’uomo medio in casa

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L’uomo medio in casa e la variante limone

Avete presente l’uomo medio in casa? Colui che maneggia con maestria tutte le mille mila funzioni dei suoi i-qualsiasi cosa, ma non sa far funzionare un elettrodomestico banale come una lavatrice. L’uomo di casa non ha mai capito esattamente a cosa serva quella scatola di alluminio che sta in cucina. Quella in cui sua moglie fa sparire la stragrande maggioranza dei piatti. Per di più, sistemandoli in verticale. E vogliamo parlare della macchina per il pane, il robot da cucina o friggitrice ad aria? Su questi elettrodomestici così complicati, gli concedo qualche attenuante generica. In verità neanche io li possiedo né so come usarli. Eppure, l’uomo medio ha poca dimestichezza anche con cose molto più terra terra. Ad esempio, il mocho vileda. Provate a mettere in mano un mocho a dieci uomini e osservate. Molti meno della metà riusciranno a capire come usarlo, senza allagare il pavimento.

Lo so cosa state per dirmi. Che vostro cugino, o il vicino di casa o vostro marito non è affatto così. Che stira le camicie in cinque minuti e mezzo, passa ogni giorno l’aspirapolvere e lucida il piano di acciaio che poi ci si può specchiare. Bravo lui e fortunata la donna che lo ha sposato! Si tratta però di eccezioni. Normalmente gli uomini non hanno gran feeling con le faccende domestiche. Per lo meno quelle che non riguardano trapano e cacciavite. Alcuni è vero, si dilettano in cucina. Magari sono più bravi di noi. Specie se lasciamo correre sul fatto che, dopo le loro imprese gastronomiche, lasciano montagne di pentole e una cucina che ha bisogno di una impresa di pulizie.

Metti un uomo medio un giorno, nelle faccende di casa…

Il bucato, la stiratura, la pulizia della casa sono per l’uomo attività misteriose. Non le conosce e non pare così ansioso di apprenderle.

La sua mancanza di interesse per tutto questo, fa sì che l’uomo di rado collabori in casa. Io credo che alla base del disinteresse maschile, ci sia il fatto che le incombenze domestiche sono ripetitive, spesso noiose e per nulla creative.

Per noi donne, la poca collaborazione del nostro uomo in casa è motivo di frustrazione. Talvolta persino di rabbia. Tu sei lì, con dieci metri cubi di vestiti da stirare. Sono soprattutto le sue camicie, perché tu da tempo hai adottato il sintetico (no stiro) e capi elasticizzati, che ti semplificano la vita. Ti toccherà stirare per le prossime ventiquattro ore consecutive e lui, invece di aiutarti, guarda la partita!

Oppure il pavimento della cucina ha urgente bisogno di essere lavato dopo ogni pasto o almeno una volta al giorno, visto che i bambini ancora fanno cadere una parte di quello che hanno nel piatto per terra. Ma lui, il marito, non ha mai lo slancio spontaneo di offrirsi per passare lo straccio. Per non parlare della polvere. Non so i vostri, ma mio marito da tempo sostiene che la fissazione femminile di spolverare così spesso, sia una fatica inutile. In fondo, subito dopo, la polvere ricomincia inesorabilmente ad appoggiarsi su ogni superficie.

Il bello addormentato in casa

Spesso l’uomo, in casa, sembra non accorgersi di nulla. Pare non vedere il disordine, i piatti sporchi nel lavandino, né gli schizzi di sugo sulle piastrelle di cucina. Non è neanche cattiveria, la sua. È cecità selettiva. Perché gli uomini hanno la capacità di vedere solo quello che stanno cercando e di cui hanno bisogno. Il resto è come fosse trasparente. Avete notato che, il più delle volte, non trovano mai nulla? Eppure, quando il marito è lì, sul divano, beatamente intento a leggere o a guardare la televisione, incurante della baraonda che lo circonda, a noi parte l’embolo.

Adesso, siate sincere. Quante volte in vita vostra, vi è capitato di pensare: “ma perché, invece di alzarsi e aiutarmi, se ne sta lì tranquillo e sembra non rendersi conto di tutto quello che c’è da fare?”

La mia storia

Confesso che, appena sposata, questo era l’argomento principale dei nostri litigi (l’altro era che non mi accompagnava mai all’IKEA o al centro commerciale la domenica). Io avevo l’aspettativa che mio marito guardasse la casa coi miei occhi. Credevo che notasse tutto quello che notavo io e agisse di conseguenza. Quindi, mi aspettavo di vederlo armarsi di vetril, panno in microfibra, ramazza e paletta e tutta l’artiglieria leggera domestica per rimediare. Nei miei sogni, quando tornavo molto tardi dal lavoro, immaginavo di trovare la casa riordinata, i pavimenti puliti, la tavola apparecchiata.

Si sa, i sogni sono desideri. E che delusione, nel notare che invece tutto era esattamente come lo avevo lasciato al mattino, quando ero uscita in fretta e furia, magari senza essere riuscita a lavare nemmeno la tazzina del caffè! Ne seguiva una lite furiosa, in cui io facevo la lista delle cento e una cosa che lui avrebbe dovuto sistemare nei venti o trenta minuti in cui mi aveva preceduta. E lui mi rivolgeva uno sguardo interrogativo e sbalordito. Poi si chiudeva nel mutismo più assoluto. Credete a me, non è un bel modo di ritrovarsi dopo una intera giornata in cui si è stati separati.

Quello che ho imparato sull’uomo medio in casa

Allora non lo capivo, ma adesso sì. Adesso so che il clima che troviamo al rientro a casa, vale più di mille aiuti domestici, più di mille vetri splendenti, di un parquet pulitissimo, di una casa che odora di lavanda. È un momento importante. Dovrebbe esserci spazio principalmente per l’accoglienza, l’ascolto, la gioia, magari il conforto. È meglio che la prima domanda sia: “come è andata oggi” o “come stai?” invece di: “hai fatto partire il ciclo per i colorati?”.

Ho anche capito che la rabbia è un mio problema. Non è vero né giusto dire che mio marito mi ha fatto arrabbiare. Anche se non ha fatto quello che mi aspettavo, non è lui responsabile della mia furia. Solo io sono interamente responsabile delle mie reazioni. Questa, in fondo, è un’ottima notizia. Se le mie emozioni dipendono da me, posso cercare di controllarle. Così riesco a evitare che una piccola incomprensione diventi un motivo di scontro.

Il modo migliore per disinnescare queste circostanze conflittuali è lavorare sulle proprie aspettative. Capire che ognuno dà quello che può. Ciò che conta è che ciascuno faccia del suo meglio. Misurare gli altri con il proprio metro è sbagliatissimo. Se ami, devi essere disposta ad abbandonare il giudizio e accettare che le persone vadano amate per quelle che sono, non per come vorremmo che fossero. L’amore vero è incondizionato e non pretende di plasmare l’altro secondo i propri sogni e bisogni. Un matrimonio vale questo e altro.

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