San Paolo, ovvero non è mai troppo tardi per cambiare vita.

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San Paolo, l’uomo che visse due volte

Adoro San Paolo. Dite che è troppo tardi per fondare il suo fan club? Certo, duemila anni non sono pochi, ma nel suo caso, non ne hanno affatto cancellato il ricordo. Anzi. San Paolo è davvero una figura eccezionale. Avete presente quel fil di Hitchcock? Credo si intitoli “la donna che visse due volte”. San Paolo ha una storia simile. Lui è l’uomo che visse due volte.

Oggi la Chiesa festeggia la sua conversione. E’ una festa molto speciale. San Paolo, nel calendario liturgico, è celebrato due volte. Si tratta di una condizione eccezionale, che lo differenzia dagli altri santi. Solo la Vergine e Gesù hanno un numero di ricorrenze maggiori. Gli altri santi sono solitamente festeggiati nel giorno della morte, che è il dies natalis, il giorno della nascita in cielo. Con pochissime eccezioni. A esempio, Sant’Ambrogio viene celebrato nel giorno della sua consacrazione a vescovo di Milano. In ogni caso, ciascun santo ha un’unica festa liturgica. Tranne lui, il santo che visse due volte.

L’eccezione di San Paolo

Nel caso di San Paolo, le date da tenere a mente sono due. La conversione si celebra il 25 gennaio, e l’anniversario della morte, che cade il 29 di giugno. La doppia ricorrenza è un privilegio ben meritato, da parte di colui che è ricordato come l’apostolo delle genti. Egli è uno dei principali responsabili della diffusione del cristianesimo fra i pagani dell’impero romano. San Paolo è stato il più grande divulgatore degli insegnamenti Cristo. La conversione è un aspetto chiave, nella sua vicenda umana. Così come la storia occidentale si divide in due grandi periodi: prima e dopo Cristo, nella vita di San Paolo c’è un prima e un dopo la conversione.

Un eroe del mondo globale

Sul termine “conversione” i puristi dell’agiografia storcono il naso. Forse non è il termine corretto, ma ormai è consolidato dalla tradizione popolare. In ogni caso, torneremo a parlarne fra un attimo.

Chi era Paolo? Un personaggio davvero complesso. Noi oggi ce la tiriamo tanto con questa storia dell’inclusione, della globalizzazione, della multiculturalità, come se fossero caratteristiche della nostra epoca moderna. In realtà, San Paolo, 2000 anni fa, già è tutto questo. E’ un cittadino romano, di religione ebraica, madrelingua greca e bilingue in ebraico.

Paolo è un giovane di buona famiglia. E’ stato educato secondo i principi della fede ebraica. Ha un buon lavoro, come commerciante di stoffa. È perfettamente inserito nella società di Tarso, la sua città. Una fiorente colonia orientale dell’Impero Romano.

Egli frequenta la sinagoga e rispetta la legge dei padri. Non ha grilli per la testa. La su vita e la sua pratica religiosa scorrono perfettamente nel solco della tradizione del suo popolo. Non vede di buon occhio questo nuovo movimento messianico, che fa capo alla persona di Gesù. I due non si incontreranno mai, pur essendo quasi contemporanei. O, meglio, non si incontreranno mai da vivi.

Paolo stesso racconterà di aver aderito, in gioventù, alle persecuzioni contro i cristiani. Addirittura, confesserà di essere stato presente alla lapidazione di Santo Stefano, occupandosi dei mantelli degli assassini. Poi, nella sua vita accade qualcosa.

La così detta conversione

Un giorno, mentre San Paolo cavalca sulla via per Damasco, All’ improvviso una luce l’avvolge col suo bagliore, accecandolo.

Gesù gli appare. Gli chiede conto delle sue persecuzioni contro i cristiani. E’ lì che San Paolo cambia la sua vita. Cambia vita, ma non religione. Per questo gli esperti dicono che il termine “conversione” non è quello giusto. Anche dopo l’apparizione di Gesù e la nuova direzione data alla sua vita, San Paolo continua a credere nel Dio unico di Israele. Lo stesso Dio in cui crede Gesù. L’unica differenza rispetto a prima, sta nel fatto che Paolo comincia a credere che Gesù sia il Messia. Per questo, parlare di conversione, come se San Paolo avesse cambiato religione o avesse abbandonato l’ateismo non è del tutto vero. Io non sono né colta né esperta, preferisco continuare a chiamarla “conversione di San Paolo”.

La seconda vita di San Paolo

Da lì in avanti, San Paolo diventa il punto di riferimento per le nascenti comunità cristiane, presso le colonie romane di lingua greca. Inizia la sua seconda vita, che egli spenderà interamente nella sua opera di evangelizzazione. Paolo viaggia incessantemente. Visita le comunità. Lì soggiorna, mantenendosi col suo lavoro e predicando. Quando riparte, mantiene rapporti con le comunità visitate. S’informa della loro situazione, dà consigli, rimprovera i comportamenti non adeguati, incoraggia. Le sue lettere sono strumenti essenziali per diffondere il messaggio di Cristo, oltre ad essere una grandiosa testimonianza per i suoi contemporanei e per noi. San Paolo abbraccia il suo ruolo di pastore e non si risparmia.

La rivoluzione di Paolo

A lui si deve un passo fondamentale, per la diffusione del cristianesimo: l’averlo sganciato dall’ebraismo. Paolo apre ai pagani. Intuisce che la fede non è più solo appannaggio dei giudei. Il vero popolo eletto, lo è per effetto della fede in DIo e in Gesù Cristo, non per appartenenza etnica o culturale.

È lui a spiegare che la legge giudaica non è la condizione per diventare parte del popolo eletto. Per Paolo, i fedeli non sono giustificati per mezzo dell’osservanza alla legge di Mosè, ma attraverso la fede In Cristo. Non serve dunque più essere circoncisi, né rispettare il sabato o le complesse prescrizioni alimentari dei giudei. I cristiani sono salvati per la Grazia e non dalla legge, scriverà San Paolo nella lettera ai Galati. In questo modo, San Paolo dà un fondamentale contributo alla diffusione del cristianesimo. Da religione orientale, a religione universale.

Purtroppo la grandiosa impresa di evangelizzazione di Paolo sarà bruscamente interrotta dal suo martirio, per decapitazione, il 29 giugno, assieme all’apostolo Pietro, per mano dei romani. Tutto questo però è ancora lontano. In questo 25 di gennaio, voglio pensare a San Paolo così come la Chiesa lo commemora, folgorato dall’illuminazione divina e arruolato alla causa di Cristo.

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