Che ne è dello spirito natalizio?
Avevo già parlato dello spirito natalizio e dell’essere tutti più buoni: https://annaporchetti.it/2022/12/04/a-natale-siamo-tutti-piu-buoni/
Charles Schultz, l’inventore del malinconico Charlie Brown, fa dire a Lucy, in una vignetta di tanti anni fa: “a Natale sono tutti più buoni, è il prima e dopo che mi preoccupa”. E naturalmente, ha ragione lei: adorabile, scorbutica e sincera. Certo, se fossi una persona un po’ più colta, un po’ più spiritualmente elevata, avrei citazioni migliori della protagonista di un fumetto. Sfoggerei un ricco repertorio di aforismi tratti dai Padri della Chiesa, dai Santi, dagli intellettuali – quelli veri. Magari in greco antico, in latino, in sanscrito… E invece no.
Invece dovete prendere quello che passa il convento: io al massimo posso aspirare al titolo di nostra signora dei meme. Al di là della modestia del mio bagaglio culturale (nemmeno un bagaglio a mano da volo low cost, al massimo un piccolo beauty case), bisogna ammettere che la cara vecchia Lucy ha colto nel segno. Anche se è una citazione degna dei peggiori bar di Milano est. Il problema del Natale è il dopo. E il prima. Che, in definitiva è la stessa cosa, perché ogni Natale è nel mezzo di un prima e di un dopo.
Lo spirito natalizio parla alla nostra anima, anche a chi pensa di non averla
Si è appena dissolta definitivamente quell’atmosfera natalizia che amo tanto. Quella in cui c’è nell’aria la consapevolezza che sta per succedere (o è appena successo) qualcosa di grande. Qualcosa in grado di cambiare le nostre vite e di renderci felici. Un’atmosfera che contagia anche chi -razionalmente – dice di non credere in Dio e di considerare Natale né più né meno che una festività come tutte le altre.
Questo succede perché la razionalità, tanto celebrata dal mondo moderno, non arriva sempre dappertutto. Ci sono cose che si avvertono con il cuore, con la sensibilità, con l’intuizione, o tanti altri fantasiosi nomi che usiamo per aggirare una parola estremamente impegnativa – anima, che è il vero soggetto dell’azione.
Perché con l’anima funziona così, che a lei non frega nulla che tu creda nella tua esistenza. L’anima lo sa di esistere. Sa che tu ce l’hai. Anche se non la senti, non la vedi, non la tocchi. Seppure ti ostini a negarla, lei comunque esiste e fa quel che deve. In primo luogo, riconnetterti con quel divino che con tanta cura cerchi di spostare al margine della tua vita. La frase “a Natale siamo tutti più buoni” non è solo uno slogan. Spiega, più di quanto non sembri, questa disposizione d’animo. Anzi, questa disposizione dell’anima. Perché qualunque cosa dicano in giro, l’anima esiste. Noi cattolici lo sappiamo, ci crediamo, senza bisogno di documenti di identità, garanzie o certificati di autenticità.
Ed è l’anima che a Natale fiorisce, si fa pronta ad attendere prima e ad accogliere poi, il divino che si fa uomo e che rappresenta il vero spirito del Natale. Lui, non certo le luminarie o le canzoncine. È questo il dono che il Natale fa all’umanità. Il vero dono, non certo il panettone o il pandoro. L’essenza del Natale è la speranza.
Il dono più grande
Se Dio si incarna e si fa uomo, e più tardi sacrificherà la sua vita, per salvare le nostre, non c’è più molto di cui avere paura. Che cosa possiamo avere da perdere, noi uomini? La vita? L’anima? Natale neutralizza entrambe queste tragiche circostanze. L’esistenza del Natale trasforma la morte terrena in una nascita al cielo. Il Dio che si fa uomo ci permette di salvarci l’anima. Dunque c’è qualcosa di assolutamente vero nel dire che l’atmosfera del Natale è fiabesca. Diceva Chesterton che:
Le fiabe non dicono ai bambini che i draghi esistono.
I bambini sanno già che i draghi esistono.
Le fiabe dicono ai bambini che i draghi possono essere uccisi.
Il Natale non ci spiega che il male esiste – purtroppo lo sappiamo – ma che può essere sconfitto. È questa la sua forza e il motivo per cui ci fa sentire più buoni, più lieti, più sereni. (Ecco, mi è venuta una citazione di Chesterton. Spero di essere risalita di qualche punticino nella vostra considerazione. Magari questo mi farà vivere di rendita, per le prossime due o tre metafore buzzurre!)
E il dopo?
Sfortunatamente, il beneficio che lo spirito natalizio ha sugli uomini, è temporaneo. Basta pochissimo tempo, perché i più tornino al punto di partenza. Ancora per qualche giorno, a gennaio, continuiamo ad farci gli auguri per l’anno nuovo. Poi neppure più quello. Verso la metà del primo mese dell’anno, è ormai chiaro a tutti che il mondo è tornato alle sue occupazioni e preoccupazioni abituali. E spesso anche ai difetti e agli errori di prima. Sembra proprio che lo spirito natalizio sia evaporato. Invece, sarebbe bellissimo se capitasse quello che auspicava Lucio Dalla, nel l’anno che verrà:
Ma la televisione ha detto che il nuovo anno
Porterà una trasformazione
E tutti quanti stiamo già aspettando
Sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno
Allora la vera domanda è, cosa resta in noi del Natale, passate le feste? Una volta messo via l’albero e smontato il presepe, ci ricordiamo ancora di aver festeggiato la nostra nascita di cristiani? Se l’arrivo del Natale ci cambia, aprendoci alla speranza, non c’è modo che questo cambiamento diventi duraturo? Che ci trasformi davvero, in modo permanente? Che lo spirito natalizio lasci un segno dentro di noi e non solo sul nostro conto corrente, intaccato compulsivamene durante lo shopping delle feste?
Come si fa a mantenere lo spirito della natività un po’ più a lungo nel cuore? E’ davvero possibile che sia più volte Natale e festa tutto il giorno?
Perché accada, bisogna coltivare la fiducia. Riconoscere che Dio è nato dentro di noi e non se ne andrà a Capodanno, dopo l’epidemia, alla fine di gennaio. Neanche ad Aprile o ad Agosto. Lui c’è, indipendentemente dalla data sul calendario. La sua presenza amorevole nella nostra vita, ci dà la forza necessaria ad affrontare tutti i draghi. E a sconfiggerli. Dobbiamo imparare a fidarci che Lui c’è, che non ci abbandona mai, neanche nei momenti di oscurità. Nemmeno nella disperazione.
Oltre a fidarci di Lui, dobbiamo praticare la gratitudine. Riconoscergli le molte grazie che opera nella nostra vita ogni giorno. Grazie a volte minuscole, quotidiane, ripetute con tanta costanza da farci abituare alla loro presenza. Grazie di cui finiamo col sottovalutare l’importanza, fino a che non vengono a mancare. Cose come l’avere una famiglia che ci vuole bene, non essere ogni giorno in pericolo di vita, avere di che mangiare a sufficienza, di che coprirci, un tetto saldo sulla testa e un lavoro dignitoso. Queste grazie ce le dona non perché le meritiamo, perché abbiamo fatto qualcosa di buono, o maturato un credito nei suoi confronti. Ce le dà perché ci ama. E non c’è felicità più grande che sapere che ti darà più di quanto puoi sperare.
Pieni di speranza, di fiducia e gratitudine siamo pronti per fronteggiare qualunque cosa ci riservi il futuro. Sapendo che non c’è più un prima e un dopo, dopo che c’è stato il Natale.
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