Siamo fatti l’uno per l’altra?
Siamo fatti l’uno per l’altra? Questa è la super domanda. Quella che contiene e riassume tutte le altre. Perché, se non siamo fatti l’uno per l’altra, che ci stiamo a fare qua? A pettinare le bambole? E, oltre a chiederlo a noi stesse a nastro, questa domanda la poniamo a chiunque ci ispiri un minimo di fiducia. All’amica del cuore. Alla collega, moglie di lungo corso. Alle compagne di yoga e pilates. All’estetista. Alla posta del cuore.
La posta del cuore, ovvero chiedi a questa blogger squinternata se siete fatti l’uno per l’altra
Se sei proprio disperata e non sai che pesci pigliare… scrivi a questa blogger squinternata e fingi che sia depositaria della verità. Qui scendo in campo io. Ma solo dopo che ho finito il riscaldamento neuronale. E non provate a mettermi fretta, che poi quei due sciagurati di neuroni che ho nel cervello non si svegliano bene e dicono scempiaggini. Ricevo una mail da Elena, trentenne fidanzata da cinque anni. Mi chiede come fare a capire se lei e il suo amato siano fatti l’uno per l’altra. (direi che sono stata abbastanza generica, va bene, Elena? Con tutte le Elena trentenni fidanzate che ci sono, né tua madre, né la suocera né il capo ufficio capiranno che sei tu).
Fino ad ora non si era posta il problema più di tanto. Loro due stanno bene insieme. Equa divisione delle faccende domestiche e dello spupazzamento del cane. Lavori sicuri e nessun problema economico immediato. Casetta in affitto, piccola ma semicentrale e ben arredata. Potrebbero andare avanti ancora così, magari per anni, ma…
C’è un ma. Elena, fra due settimane, compie trent’anni. Trenta spaccati. E lo sanno tutti, che le cifre tonde fanno sempre effetto. Ispirano bilanci. Allora, comincia a chiedersi se sono fatti l’uno per l’altra. Che, nella nostra lingua squisitamente femminile, equivale a: questa storia può diventare importante? Ci può dare qualcosa in più? Può durare parecchio? Elena sta attenta a non pronunciare l’espressione per sempre. Allora la dirò io. Per sempre. Finché morte non vi separi. Io ci ho scritto un libro. Perché ci credo.
Al di là della possibilità teorica e generale che un amore duri tutta la vita, qui la domanda è: questa specifica storia ha le carte in regole per farlo?
E come si fa a capirlo? Perché Elena vuole una ricetta, un metodo, una check list di criteri oggettivi, per valutare la durabilità del suo fidanzamento. Non credo di cavarmela dicendo che non ci sono ricette né metodi, perché l’amore non è una scienza esatta. Anche se è vero. E d’altro canto non ho alcuna voglia di sottrarmi all’appassionante ruolo di consulente sentimentale.
Vediamo cosa non serve per avere un matrimonio lungo e felice. Perché, cara la mia Elena, su questo non si transige. Basta con questi fidanzamenti che si trascinano una vita. Basta con queste storie che si incagliano in convivenze prematrimoniali che non approdano mai a nulla. Se vuoi che sia per sempre, tu per prima ci devi credere. E ci devi mettere la faccia. Con Nostro Signore. E giurare, davanti a Lui e alla Comunità dei credenti, che amerai e onorerai il tuo uomo ogni giorno della tua vita.
Chiarito questo punto essenziale, passiamo ai consigli. E partiamo dalle cose (apparentemente) più semplici. Ovvero da cosa non serve o non si deve fare, se si vuole essere felicemente sposati per sempre.
Scordiamoci la fiaba delle due metà fatte l’una per l’altra
Lo so, una volta un simpaticone di nome Platone ha raccontato, in una sua opera, che uomo e donna erano inizialmente una creatura sola. Poi Zeus, padre degli dei, invidioso, li ha divisi e da allora ciascuna metà cerca l’altra, per ricostituire l’intero. (ti prego di notare, Elena, che il nostro Dio Padre, che non è invidioso per nulla e ci ama, invece che separarci in due, ci permette di essere uno, nel sacramento del matrimonio. E infatti Dio batte qualunque divinità pagana, a mani basse). Intanto, Platone ci ha fregati tutti. Perché su questa fiaba delle due metà completamente e perfettamente complementari, da duemila cinquecento anni ci facciamo dei film. Invece non è vero niente. Possiamo amare un uomo e diventare una carne sola, ma questo non vuol dire assolutamente che siamo perfettamente complementari, totalmente compatibili, pieni di affinità.
Per amarsi non serve avere tante cose in comune
In realtà, per amarsi non serve avere tante cose in comune (alla faccia di Platone). Penso a mio marito. Lui è maniaco della puntualità. Io sono una ritardataria cronica. Lui è un metodico, io una casinista. Lui è tecnologico, io sono la donna di Neanderthal. Io sono multitasking, lui fa una cosa per volta. lui è super razionale, Io sono emotiva. Fosse per me, cercherei di fare tutto, ai limiti dell’impossibile. E’ lui che mi tiene coi piedi per terra, bocciando quasi tutte le mie proposte strampalate e persino alcune che a me sembrano sensatissime e destinate a un fulgido successo.
So per certo che mio marito non mi ascolta, se non di rado e comunque non parola per parola. Lui di solito ascolta le prime e le ultime tre, mentre ignora tutto quello che c’è in mezzo.
Io parlo moltissimo. Lui solo l’indispensabile. Spesso anche un po’ meno. Per questo motivo, le mie figlie ascoltano sempre con attenzione le quattro o cinque parole al giorno che lui pronuncia, mentre ignorano beatamente i miei lunghi monologhi. Se avessi dovuto basarmi sulle tanto decantate affinità, avrei dovuto scartarlo. Quindi no, essere simili non è una garanzia di felicità insieme.
Il colpo di fulmine è sopravvalutato!
Come ho capito che mio marito era quello giusto? Bé, ci ho messo un po’. Non è che sia sempre una folgorazione. Perché, Elena cara, anche questa storia del colpo di fulmine è una favola. Secondo me l’hanno inventata gli scrittori ed enfatizzata i registi cinematografici. Tutta gente che non voleva né poteva perdere giorni, settimane e mesi a descrivere i piccoli turbamenti quotidiani che alla fine portano alla consapevolezza di amarsi. Loro dovevano massimizzare il risultato. I lettori, i telespettatori altrimenti si annoiano.
Nella vita vera, capire l’altro più spesso richiede tempo, riflessione e decantazione. Mio marito ho scoperto di ammirarlo, prima ancora di amarlo. Di stimare, sotto quella scorza dura e poco gioviale, la serietà, l’onestà, l’integrità morale. Ecco, Elena, se vuoi il mio parere, un criterio abbastanza importante per capire se è l’uomo giusto, è sapere se, al di là delle emozioni, dell’innamoramento, dell’attrazione, tu questo uomo lo stimi, lo consideri una persona di valore. Perché altrimenti, esaurita l’attrazione, smorzato l’innamoramento, attenuate le emozioni, rischi di ritrovarti al fianco un perfetto sconosciuto. Uno che ti faccia chiedere a te stessa venti volte al giorno: ma che ci faccio con questo qui?
Cosa vuol dire davvero “ti voglio bene”?
E basta? No, un’altra cosa da chiedersi: ci vogliamo bene davvero? Che significa che tu vuoi il suo bene e non il tuo (e viceversa) Volere il bene dell’altro, non ha niente a che fare col batticuore, le farfalle nello stomaco, i languori. Amare non vuol dire che che stai bene tu, ma che ti preme che stia bene lui. E, quando sei certa che lui stia bene, che sia felice, quando riesci a prenderti cura della sua umanità, ti senti immensamente felice anche tu. Anche se non hai ancora fatto niente di preciso per te stessa.
E così mandiamo a farsi benedire tutta la retorica che se ti fa stare bene, se ti fa provare quel certo non so che, allora è amore. Capisci che è amore proprio se sei pronta anche a sacrificarti per il suo bene. Lo stesso vale per lui. Se ti ama, non ti usa per i suoi desideri. Invece, si mette in gioco per la tua felicità. Se l’unione diventa una gara virtuosa a chi più si spende per l’altro, allora è vero amore. E questa è forse la vera prova del nove. Quella che ti dà la certezza, se tutto il resto ti ha lasciato qualche dubbio.
Essere fatti l’uno per l’altra è uno slogan
Per tutti questi motivi, io raccomando a Elena di smettere di chiedersi se lei e il fidanzato siano fatti l’uno per l’altra. Invece, è bene che si chiedano se si amano davvero. Se la risposta è sì, allora conviene fissare la data delle nozze. Non serve altro, nemmeno la lista nozze. Ma per l’abito consiglio il taffettà avorio, ché il pizzo allarga e il bianco candido sbatte di brutto.
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