Perché lasciarsi andare non è una buona idea? Adesso ne parliamo.
Dopo un po’ troppi post su argomenti seri, vorrei tornare alla mia cifra esistenziale tipica. La frivolezza. Non voglio elevare troppo le aspettative dei miei amici e lettori. Potrebbero arrivare a credermi una persona seria. Ma chi io? Su, non scherziamo!
Per questo, vorrei affrontare subito una questione spinosa. L’imbruttimento. Se, come me, avete una certa età (diciamo che avete abbondantemente festeggiato la terza decade) siete una categoria a rischio. Non parlo del controllo della pressione o del colesterolo. Quelli, nel dubbio, fateli.
Il vero rischio, per noi persone di mezza età è quello di lasciarsi andare fisicamente ed esteticamente. Diciamo -a nostra difesa – che c’è qualche attenuante generica: una certa stabilità affettiva e di vita, il metabolismo che non è più quello dei vent’anni, i capelli che non sono più quelli dei vent’anni, la pelle che non è più quella dei vent’anni.
Insomma, ci siamo capiti, i vent’anni sono i vent’anni e vengono una volta sola nella vita. Quando se ne vanno, è inutile tentare di inseguirli. Non si può essere come a vent’anni. Inutile e patetico sperarlo. Sì, ma… questo non vuol dire gettare completamente la spugna. Credetemi, lasciarsi andare non è una grande idea.
Un obiettivo sano, ragionevole, alla nostra portata non è essere belli (in forma, magri, alla moda eccetera eccetera) come a vent’anni, ma essere dei begli ultra trentenni, quarantenni, cinquantenni, sessantenni eccetera eccetera. Insomma, essere belli, ordinati, piacevoli come si può esserlo, in base all’età e alle circostanze della vita. Ma non un millimetro sotto.
E lo so che, se mi guardo allo specchio in questo momento sembro la persona meno adatta a raccomandare il mantenimento di un certo standard estetico…
Per fortuna, lì, dall’altra parte dello schermo, non potete vedermi.
Altrimenti, vi chiedereste chi è quella babbiona senza trucco, coi capelli spettinatissimi e vestita in stile Zerocalcare (jeans sdruciti e felpa nera oversize col cappuccio), che vorrebbe dare consigli estetici sull’aspetto al prossimo.
Adesso vi mostro qualcosa di interessante. Ecco, in questo momento sto messa così perché:
Sono in borghese, tanto qui nel ripostiglio delle scope non mi vede nessuno.
Sono quasi le due del mattino e fra poco più di cinque ore ho la sveglia. Meglio se lo stucco lo stendo tutto assieme, prima di uscire.
Devo chiudere questo articolo e i neuroni non collaborano. Non ho tempo e nemmeno la lucidità necessaria a tenere in mano una matita. figuriamoci a fare un contouring da manuale alle mie guance paffute.
Sto più comoda così, col maglione di mio marito, di tre taglie più grande del mio.
Capito? Ci sarà sempre qualche buona scusa, una pia giustificazione, più di un valido motivo per lasciare indietro noi stessi. Ci saranno giorni, settimane, forse mesi, in cui potrà non sembrarci il momento di una bella acconciatura o di truccarsi con cura.
Perché non abbiamo tempo, c’è molto altro da fare, più urgente.
Oppure non ne abbiamo la forza, è da tempo che non dormiamo più una notte tutta intera.
Forse non ne abbiamo nemmeno voglia. Ci sono tante altre cose a cui pensare.
Anche se non sembra il momento buono, bisogna farlo lo stesso. Sforzarsi di avere un aspetto migliore. E questo, per due importanti ragioni. Mai lasciarsi andare.
La prima ragione è che il modo in cui ci vediamo, influenza inevitabilmente il nostro benessere emotivo. Guardarsi allo specchio e vedere una versione di noi stessi che non ci piace, è difficile da accettare. Rende infelici. Fa perdere la fiducia in sé stessi. Fa scattare l’autocommiserazione. Rende nervosi e irritabili. Tutti abbiamo bisogno di volerci bene. Di piacerci. Non di sentirci la più bella del reame o Mr Universo. Ma di avere una opinione positiva noi stessi.
Se non ci vogliamo bene, se ci vergogniamo del nostro aspetto, se non sopportiamo qualcosa di noi, difficilmente avremo la serenità che serve per stare bene con noi stessi e aprirci verso gli altri. L’amarezza, la delusione, diventano veleno per noi e per gli altri. Le persone scontente spesso mettono a dura prova chi vive accanto a loro.
E poi, c’è la persona che amiamo. Il marito o la moglie. Un’ottima seconda ragione. Qui è inutile mettere in campo il ricatto affettivo: se mi ama davvero, deve accettarmi per quella che sono. O, anche peggio: tanto sono bella dentro. Lui deve amare la mia anima.
L’amore non è una prova di sopravvivenza. Non è sano sottoporre l’amato (o l’amata) a prove sempre più ardue di abbruttimento, per misurarne la devozione. Rassegnarci alla sciatteria, perché pretendiamo di essere amati a prescindere. Il matrimonio non è un rogito. Le promesse fatte davanti al sacerdote e ai testimoni (e a qualche centinaio di amici e parenti, raccolti per l’occasione) non ci fa acquisire la proprietà dell’altro.
E’ vero, il consorte si è impegnato ad amarci e onorarci. Ma questo non ci autorizza a trovare sempre nuovi modi per rendergli il compito ogni giorno più difficile. E la nostra bellissima anima viaggia confezionata in questo pratico involucro che è il nostro corpo. Corpo di cui facciamo dono all’altro. Vogliamo davvero impacchettare la nostra meravigliosa interiorità in un vecchio foglio di carta di giornale, stropicciato e unto? Non ci meritiamo entrambi qualcosa di meglio?
Per questo, io consiglio di darsi delle regole. Parola d’ordine, vietato lasciarsi andare.
Serve abolire i pigiami da lungodegenza ospedaliera.
Meglio scegliere i vestiti in modo da evitare il trappolone del: invece che buttarlo, me lo metto in casa. Quegli abiti che sono vecchi, rovinati e brutti, buttiamoli.
Attenzione a non scivolare sulla buccia di banana del: prima di andare a letto, mi metto i bigodini e quell’unguento unto e puzzolente, ché tanto non mi vede nessuno.
È bene buttare mollette, mollettoni, forcine ed elastici. Un’amica saggia una volta mi ha detto che, se servono troppe forcine per tenere a posto i capelli, è segno che è ora di regolare il taglio. E per favore, teniamo d’occhio la ricrescita. Non chiedetemi perché, ma bastano pochi millimetri di riga grigia, che l’effetto vecchia zimarra è assicurato.
Non bisogna vestirsi e truccarsi bene, solo se c’è un’occasione particolare. Questo lancia al nostro amato un messaggio spiacevole. È come dire: tu non vali il mio lato migliore. Mi faccio bella solo per fare bella figura con gli altri. Per te, basta molto meno.
E, s’intende, questo vale anche per i mariti. Nemmeno per loro vale la scusa: tanto sto sul divano, mi metto comodo, con la tuta di ginnastica che ha quella sempiterna macchia ormai marmorizzata, che forse era sugo o forse chissà. Sfatiamo il mito che il vero uomo sia quello di Neanderthal: barba e baffi incolti e intensi afrori corporei.
Coraggio: anche l’abito fa il matrimonio felice!
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