La più grande cattiveria del reame

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La più grande cattiveria del reame. Gira da giorni su Linkedin.

Spesso, parliamo con noncuranza di “social media”. Come fossero tutti uguali.

Ma così non è. I social media hanno personalità, come i vini. Ciascuno di essi ha una mission. Ovvero una ragione di esistere. Ogni social ha un contesto, un pubblico di riferimento e un tone of voice ovvero uno stile comunicativo.

Tik tok è il più amato da ragazzi giovanissimi. Facebook è un social più gerontofilo: difficile trovarci qualcuno che abbia meno di trentacinque. Instagram è quello delle foto. Twitter quello degli intellettuali.

E da ultimo (quasi) viene Linkedin. Che è il più serio di tutti. Perché è un social dedicato al mondo del lavoro. Ai manager. Ai consulenti. A chiunque voglia accreditarsi come vero esperto nel suo contesto lavorativo. In un mondo del lavoro sempre più spietato e competitivo, tutti vogliono emergere, trovare nuovi incarichi e più clienti.

Qualcuno lo considera il social più interessante e prestigioso. Altri pensano che almeno serva a qualcosa. Non solo cazzeggio, intrattenimento, autocelebrazione. Chi pubblica su Linkedin lo fa con uno scopo preciso. Ovvero dire ai suoi clienti, al suo settore, al suo mercato: Nel mio campo, sono un figo pazzesco. Il meglio che possiate trovare.

Perché l’operazione riesca, è necessario mostrare di possedere un sapere utile. Un sapere fatto di dati, spunti, notizie. Tutto ciò che confermi l’idea che il professionista di turno sappia il fatto suo.

Creare contenuti utili con regolarità è praticamente un secondo lavoro. Per questo, si è diffusa l’abitudine di condividere il pensiero di persone conosciute, per fare colpo.

Ce n’è per tutti i gusti. Chi si stente mistico sceglie Gandhi, Confucio oppure Kahil Gibran. Chi si sente più razionalista e predilige Galileo o Einstein.

Sono popolari anche i tre evergreen della filosofia occidentale: Aristotele, Cicerone e Kant. Moltissimi li citano attribuendo loro anche frasi mai dette. Tanto il rischio di figuraccia è minimo. Questi autori hanno scritto così tanto, che quasi nessuno li ha davvero letti per intero.

E poi, quando scarseggiano le citazioni dei guru, dei filosofi antichi e moderni, degli scienziati, ci sono pur sempre atleti, cantanti e attori. Tutti, almeno una volta nella vita, possono aver detto qualcosa di spendibile.

Da qualche settimana, ricondivisa da questo o quel manager, gira la citazione di un noto volto televisivo. Non solo una frase, quasi un mezzo pippone su bellezza e bruttezza femminile. La trovate qua: https://liosite.com/citazioni/luciana-littizzetto-esistono-due-tipi-di-donne/

In sostanza dice che le donne o sono belle, ma stupide e vuote o sono brutte e allora sono piene di doti. Vorrebbe sembrare un’ironica rivincita delle bruttine sulle belle, della sostanza sulla forma, del contenuto sul contenitore. Una cosa intelligente, di rottura, piena di significato. Vorrebbe. Ma, a un esame più attento, così non è. E’ solo una grande cattiveria.

La bellezza è una colpa. Va compensata con mancanza di carattere, debolezza intellettuale e anaffettività. Menomale che sei bella, visto che hai altre magagne, intellettive o caratteriali. Se non sei almeno un po’ scema, un po’ rigida, un po’ antipatica, la tua irrimediabile bellezza non ti verrà perdonata.

Attenzione, non fatevi ingannare.

La bruttezza non se la passa molto meglio. Solo in apparenza è preferibile alla bellezza.

Anche la bruttezza è una colpa. Pure in questo caso, serve una compensazione. Menomale che sei intelligente, simpatica, hai un buon carattere, visto che sei brutta. Se non sei almeno brillante, la tua irrimediabile bruttezza non ti verrà perdonata.

Si chiama cattiveria. La più grande cattiveria del reame. E’ travestita da arguzia, da saggezza, da sincerità. Ma è una trappola. Vuol dire che non vai bene mai.

E’ la sindrome del “sì, ma”.

Bella sì, ma…

Intelligente sì, ma…

(e figuriamoci se non è né bella né intelligente!)

C’è comunque qualcosa di sbagliato in te, che ti rende inadeguata sempre. Non importa in quale categoria tu venga incasellata. Che tu sia la più bella o la più brutta del reame, ti manca sempre qualcosa.

Esiste cattiveria più grande far sentire le persone inadeguate?

Perché non possiamo semplicemente essere amate e volere bene a noi stesse, per quelle che siamo? Dobbiamo davvero sempre fare o subire paragoni, confronti, classifiche? Non siamo stufe di essere messe sempre in questa o quella categoria?

Ci serve davvero l’idea consolatoria che le altre sono più belle, ma noi siamo più intelligenti? O che le altre sono più intelligenti, ma guarda che cozze? Io vorrei davvero uscire da questa logica della rivendicazione tossica. Vorrei veder sparire questa grande cattiveria.

Tutti desideriamo essere accolti e amati senza essere giudicati, misurati, confrontati ad altri.

Solo l’amore ti permette quel privilegio immenso che è essere te stessa.

Una te stessa che non deve preoccuparsi di essere una verdura che dà sapore o un fiore che fa fare bella figura. Una te stessa che prima che bella o brutta, scialba o vivace, intelligente o tonta, è una persona, nella sua interezza. Nella sua straordinaria unicità.

Unicità e interezza di cui essere consapevole.

Dove trovi questa consapevolezza, se non in uno sguardo innamorato anche delle tue debolezze? Se sei guardata in questo modo, se sai di essere amata così, allora non ti sentirai mai inadeguata. Vali l’amore di un Padre misericordioso. Vali il sacrificio di suo Figlio. Che altro importa?

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