La lista dei buoni propositi

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La lista dei buoni propositi. Avete presente? Adesso, alzatevi in piedi se non l’avete fatta. Scommetto che siete ancora tutti seduti. Perché, a ogni inizio d’anno, la lista dei buoni propositi è d’obbligo. Simbolicamente il 31 dicembre il mondo finisce. E il primo gennaio ricomincia. E a ogni nuovo inizio, si vuole partire col piede giusto e le migliori intenzioni.

Credetemi, ne so qualcosa. Ho cinquant’anni e sono più di trentacinque che stilo regolari liste di buoni propositi. Questo fa di me quasi un’esperta.

In fatto di progetti di miglioramento, liste di buoni propositi e obiettivi personali sono una credente, ma non praticante. Nel senso che io ci credo davvero, alla storia del nuovo inizio. Del rinascere migliori ogni primo gennaio. Il problema è che poi non pratico.

Dopo la spinta iniziale, che dura da qualche giorno a qualche settimana, torno alle abitudini di prima. Sarà per quello, probabilmente, che non riesco mai a realizzarli. E allora li ripropongo, al Capodanno successivo. Ma non si realizzeranno, fino a che non mi darò davvero da fare.


Come per quelli che dicono: “eh, io in Dio ci credo. Massimo rispetto. Ma in chiesa non ci vado. Perché la domenica dormo fino a tardi. Faccio la pasta fresca, il pane, le lenticchie farcite. Ma tanto che importa? Basta crederci, mica bisogna per forza frequentare la Chiesa. Mica bisogna dimostrare qualcosa a qualcuno. Che poi, a chi?”

Ecco, i credenti non praticanti sono una costante di ogni comunità.

E’ gente che pensa che essere convinti di qualcosa, sapere come farla, avere le idee chiare sia sufficiente. Invece la differenza fra credere e praticare è fondamentale.

Finché una cosa non la concretizzi, non la raggiungi, non la fai davvero tua, è solo illusione. I buoni propositi, fintanto che non ti impegni per realizzarli, giorno dopo giorno, rimangono solo teoria.

Io compilo da anni la lista dei propositi in cui credo, ma che non metto mai in pratica. Ogni anno vorrei diventare una versione migliore di me.

Eppure, persino io ho capito che non basta desiderare di migliorare, per riuscirci. Non basta crederci.

Oggi c’è una gran retorica in proposito. Se credi in una cosa, la otterrai. Credici, ce la puoi fare. Lancia il cuore oltre l’ostacolo, il resto verrà da sé. Ma non è vero affatto.

È come dire: io ci credo, nell’alimentazione sana, eh. Lo so bene, bisogna mangiare almeno 5 porzioni di frutta e verdura, di cinque colori diversi, non meno di cinquecento grammi al giorno. E poi, zero grassi animali, quindi occhio al burro, allo strutto, alla sugna, eccetera eccetera. Zero zuccheri complessi, al massimo un cucchiaino di miele grezzo, se proprio non si può fare a meno di dolcificare. E poi, mai più farina bianca, saremo integralisti dell’integrale. Io tutte queste cose le so.

Ci credo davvero che facciano bene, ma poi preferisco strafogarmi nei fast food, facendo il pieno di schifezze. O comprare cibo precotto, da mettere nel microonde. In alternativa, saccheggiare il banco gastronomia del supermercato. Perché io credo nell’alimentazione sana, ma poi non la seguo per nulla.

Oppure: non mangio bene, ma posso cominciare a farlo quando voglio. Anche da domani. Ma anche no. Domani no. Magari un’altra volta.

Lo stesso vale anche per la fede. Non basta genericamente credere in Dio. Bisogna ascoltarne la parola. Metterla in atto. Pregare. Partecipare all’eucarestia. Se ci limitiamo a credere, con le nostre sole idee e opinioni, non siamo niente.

Quindi, ho deciso che quest’anno farò diversamente. Quest’anno voglio praticare, non solo credere. E quindi basta fare una lista chilometrica di buoni propositi regolarmente disattesi, da un anno all’altro. Quest’anno mi scelgo pochi obiettivi. Tre, al massimo quattro. E quelli lavoro per portarli avanti.

Proposito numero uno: voglio pregare di più. Non sempre e solo nei ritagli di tempo. Voglio fare come le nostre nonne, che misuravano il tempo in preghiere. E pregavano incessantemente. Mi ricordo la mia che diceva che per lessare i fagiolini ci voleva il tempo di una decina. Per cuocere le orecchiette, ci voleva il tempo di un rosario e via così. Voglio usare meglio il mio tempo.

Pregare, invece di perdere tempo su Facebook, a scrivere le mie sciocchezze. Recitare qualche Padre nostro, invece di ascoltare quei programmi demenziali in radio, mentre vado al lavoro. Pregare mentre corro e mi alleno, invece di mettere il cervello in modalità “scimmietta sull’altalena”

Proposito numero due: devo iniziare ad andare a letto a orari decenti. Quello che è fatto è fatto, a una certa ora si va a dormire. Tanto in questa casa c’è sempre qualcosa da riordinare o da pulire e a voler fare tutto, non si finirebbe mai. Invece io ho bisogno di dormire almeno cinque ore di fila. Già non ragiono quando sono in me, figuriamoci quando ho sonno. Poi mi capita di mettere il brick di passata nella scarpiera (come ieri) o far partire la lavastoviglie senza pastiglia (come oggi) o dimenticare di spegnare il forno (come stasera).

Proposito numero tre: bisogna che impari a truccarmi. Non dico tanto, almeno sbiadire le occhiaie blu cobalto sarebbe un bel passo avanti. E poi limare le unghie, che mi si spezzano sempre in modo inopportuno e sgraziato, e capire come dargli comunque una forma umana. E a voler esagerare, cominciare a farsi almeno uno scrub alla settimana. Così, giusto per togliersi dalla faccia il colorito giallo limone, che non sta bene quasi con niente.

E da ultimo, il gran finale: arrivare a Messa in orario. Sperimentare con regolarità la sensazione inebriante di varcare la soglia della mia parrocchia insieme agli altri, non sempre da sola e ultima. Entrare in tempo per cantare tutti gli inni di ingresso, invece che alla fine dell’ultima strofa. Magari guadagnare qualche fila, verso l’altare, ché i posti migliori finiscono subito. E io mi ritrovo a sedermi sempre i fondo.

Questa è la lista dei miei buoni propositi, per il 2023. Vediamo se ci riesco.

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