O la borsa o la vita? Tranquilli, non sono armata. Nemmeno di cattive intenzioni. E’ che Io una mia teoria.
C’è chi dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima. Sarà. Ma anche le borse non scherzano. Io credo che le donne siano mammiferi marsupiali. Come i canguri. Per lo meno, che ne abbiano la segreta vocazione. Bé, non così segreta. (avevo già confessato la mia passione per le borse qui: https://annaporchetti.it/2022/10/28/non-di-sola-borsa-vive-la-donna/)
Fateci caso. Per le donne la borsa è più di un accessorio. E’ davvero un nostro prolungamento. Una specie di organo extra, per immagazzinare cose essenziali. Al punto che, se ci chiedessero di scegliere fra la borsa e la vita, ci fermeremo almeno un istante a riflettere sul da farsi. Garantito al limone. Perché la nostra borsa è un po’ anche la nostra vita. Per lo meno, ne racchiude una gran parte.
Non ricordo, a memoria d’uomo, una donna senza borsa.
Gli uomini sì, loro possono farne a meno. Al punto che gli stilisti se lo sono proprio dovuto inventare, il borsello da uomo. Una fricchettoneria che non ha avuto chissà che presa. Perché, diciamoci la verità, nella vita di un uomo la borsa non serve. Gli abiti da uomo sono pieni di tasche capientissime. Idem giacconi e cappotti. E comunque, gli uomini viaggiano leggeri.
La loro dotazione standard prevede di solito: telefono, chiavi di casa, chiavi dell’auto, portafogli. Stop.
Mica come noi. No, noi no. Adesso vi faccio un elenco esemplificativo, ma non esaustivo, del contenuto base delle mie borse. Portafogli, portamonete, trousse per il trucco, sacchettino di stoffa con rosario, chiavi di casa, chiavi della macchina.
Poi fazzoletti, salviettine struccanti, penne, blocco per gli appunti (perché un blocco per gli appunti? mah, e metti che mi devo segnare proprio quella cosa lì, che poi senno me la scordo?). Assorbenti, cerotti, forbicine. Metti che mi ritrovo nella jungla metropolitana, con un’unghia rotta o a rischio di dissanguarmi? Praticamente ci portiamo dietro mezza parafarmacia
Ma pure mezza farmacia: l’antidolorifico per il mal di testa e l’antidolorifico per i dolori del ciclo, e i sali di magnesio per i dolori mestruali, e le vitamine del gruppo B, per il periodo premestruale (sì, il ciclo femminile è un pozzo senza fondo di business) e la barretta sostitutiva del pasto. E le capsule di fibra da prendere prima del pasto per farsi passare quel poco di fame che potrebbe essere sopravvissuta all’idea di nutrirti di una barretta.
Mini necessaire con ago e filo di un certo numero di colori. Perché metti che mi si stacchi un bottone della camicetta o che mi si disfi l’orlo dei pantaloni o che mi si faccia una piccola scucitura… metti che debba improvvisare delle piccole riparazioni sartoriali? E vale a poco l’argomentazione che non so cucire, non so fare gli orli, gli unici bottoni che attacco siano metaforici. Vuoi mai che mi trovi nell’emergenza e non abbia il caro vecchio ago e filo? Nel caso, potrei improvvisare, ché le donne hanno dentro un atavico istinto di tessitrici, se se ne presenta la necessità. Vi ricordate la cara vecchia Penelope? O no?
Pinzetta per le sopracciglia, perché metti che improvvisamente mi spunti un tenace, robusto, arrogantissimo pelo nero, nello spazio fra le sopracciglia o sul mento? Ma che, scherziamo?
Occhiali da sole (anche a ottobre) e spray per pulire gli occhiali (per evitare l’effetto nebbia anche ad agosto). Pettine, e anche qualche forcina (non importa che abbia i capelli corti da oltre un biennio, certe abitudini sono dure a morire).
Poi, calze di riserva. E se vi viene voglia di fare battute di spirito, è perché probabilmente non vi siete mai trovate con una vistosa smagliatura sulle calze, proprio in un momento in cui tutti potevano vederla. Perché le calze sono così. Sembra che sappiano dove siete. Con chi. Perché. Secondo me, hanno un sensore di pathos, che si attiva e le smaglia, tutte le volte che non volete fare figure di palta.
Perché altrimenti non si spiega perché le calze si smaglino sempre e solo quando state per salire sul palco, in presentazione plenaria, davanti allo stato maggiore della vostra azienda e a tutti i vostri colleghi. Oppure a un matrimonio molto sciccoso, pieno di gente ben vestita, che conoscete e con cui mai e poi mai vorreste trovarvi in imbarazzo. Oppure quando dovete andare a parlare con la prof di vostra figlia. Quella prof rigida e severissima, che probabilmente penserà che tutti i problemi della vostra prole dipendono dal fatto che abbia una madre sciroccata, che va in giro con le calze strappate.
E poi, la borraccia. Perché, da quando le bottigliette di plastica monouso sono diventate le most wanted, le ricercate da film western, tutti mi regalano borracce. La borraccia è il gadget del momento, come una volta le calcolatrici nel detersivo. E a furia di collezionare borracce sponsorizzate, ho cominciato a usarle. Vuoi mettere il vantaggio di poter sempre bere acqua calda e stangante, con un vago aroma di plastica?
Nelle borse poi, io ci metto due libri. Uno piccolo e uno più grosso. Oppure uno più scorrevole e uno un po’ più impegnativo. Perché io ho il terrore di annoiarmi. Di trovarmi in un momento di impasse, in cui non sono sommersa di cose da fare o da pensare, come succede di solito. Temo di dare una pausa troppo lunga ai miei neuroni. Quelli già lavorano poco, vuoi mai che perdano anche la scarsa capacità di pensare che hanno? Ovviamente, ciascun libro è corredato di due segnalibri. Lunghi e con una bella, voluminosa nappa a un estremo. Vuoi mica che perda istanti preziosi a ritrovare la pagina a cui mi ero fermata?
E l’agenda tascabile? voi non ce l’avete l’agenda tascabile sempre in borsa? Sennò come fate a ricordarvi gli onomastici? E le novene? E i compleanni degli amici che non sono su facebook? Perché la tecnologia non è tutto. Non arriva dappertutto. Per lo meno, non ancora. Anche se, “tascabile” è un concetto relativo. Io che sono orba, ne uso una grande quanto un quaderno. Un comodo A5, direbbero gli amanti degli articoli di cartoleria.
E poi la mia chicca. La rubrica. Proprio così, un reperto archeologico. Degno di essere esposto al British Museum. Fra le mummie egiziane. Lo so, la rubrica oramai non serve. Ci sono i cellulari. Si, ma… e se si esaurisce la batteria? e se finisco in un cono d’ombra, dove il cellulare non prende? come faccio, io che mi ricordo a memoria solo il cellulare di mio marito, ma unicamente perché non è mai cambiato, dal 1998 a oggi?
Questa storia della borsa ci accomuna un sacco, a noi donne. E un po’ ci rappresenta. Dimostra che la donna ha l’istinto della conservazione, si premunisce, provvede alla sopravvivenza, al piano B, C, D fino alla zeta e oltre. La donna progetta l’accoglienza, fatta di piccoli e grandi comfort, per sé stessa e per chi la circonda. Cerca sempre di riprodurre il nido, se lo porta dietro. La donna vuole minimizzare l’imprevisto, il disagio fuori programma, riprodurre ovunque un ambiente protetto. Per noi la borsa è una metafora della vita.
L’uomo è più proiettato all’esterno, alla conquista. Si porta dietro solo l’indispensabile. E’ raro che abbia paura di non avere quello che gli serve. Non teme mai di trovarsi nel deserto dei tartari, come capita a noi donne. Lui ha l’istinto del cacciatore, quello che gli manca, se lo procura nel momento del bisogno. Altrimenti, ne fa a meno.
Siamo diversi, con buona pace di chi predicherebbe l’omologazione e l’interscambiabilità dei generi.
Uomini e donna Dio li creò. E si vede in tutto. A partire dalla borsa.
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