Sant’Ambrogio

Vai al blog

I miei articoli:

Sant’Ambrogio è il Patrono di Milano, uno dei quattro dottori della chiesa latina, ma soprattutto un self made saint…

Un santo che si è fatto da solo! Un uomo che ha costruito la sua santità giorno per giorno, con la tenacia laboriosa che da sempre piace ai milanesi.

Oggi, 7 dicembre, Milano festeggia il suo santo più famoso e carismatico.

Fino al giorno della sua ordinazione, il 7 dicembre del 374, Sant’Ambrogio non è ancora ciò per cui è amato e ricordato. Non è ancora santo, né vescovo. Non è neanche battezzato. Tutte queste cose e molte altre, le farà dopo. Per questo dico che è stato un self made saint.

Al momento della sua ordinazione, Ambrogio ha circa quarant’anni. E’ nel pieno della maturità e all’apice del successo professionale.

Ambrogio appartiene a una famiglia di prestigio, originaria dell’odierna Treviri. Il padre è magistrato romano in Gallia. La sua famiglia è cattolica. Pare che una sua antenata sia stata martire. La sorella di Ambrogio, Marcellina, si consacrerà al signore, prendendo il velo delle vergini.

Quando Ambrogio arriva a Milano, ha circa trentacinque anni. Non è ancora battezzato. Non si tratta di una stranezza. All’epoca era molto comune che i cristiani decidessero di ricevere il battesimo da adulti, talvolta persino in tarda età. Lo stesso imperatore Costantino si era fatto battezzare sul letto di morte.

Il giovane Ambrogio riceve un’ottima istruzione e intraprende la carriera di magistrato, che lo porterà a Milano, col ruolo di governatore.

Milano è una città prospera, sede di intensi traffici commerciali e turbolenta. Ambrogio non la teme, si è meritato fama di intelligenza, saggezza ed equilibrio. Sarà proprio la sua reputazione di giusto e integerrimo che convincerà i milanesi a sceglierlo.

La Milano in cui Ambrogio approda, si trova in un periodo politicamente e spiritualmente travagliato. L’editto di Costantino ha da pochi decenni legittimato il culto pubblico del cristianesimo, mettendo fine alle persecuzioni dei fedeli. Però un’altra piaga si è abbattuta sulla giovane religione messianica: l’eresia ariana.

Ario è un sacerdote orientale che ha dato vita a un movimento che nega la divinità di Cristo. Ha raccolto attorno a sé molti seguaci, anche persone potenti. Il motivo del suo successo, presso le classi elevate e alcuni imperatori, dipende da ragioni anche politiche. Infatti, rifiutare la natura divina di Cristo, ridimensiona di molto il carattere rivoluzionario del cristianesimo. Negare l’incarnazione di Dio, riduce l’autorità della Chiesa come sposa di Cristo.

All’epoca, si riteneva che i re e gli imperatori derivassero il loro potere direttamente da Dio e l’arianesimo legittimava l’idea che l’imperatore fosse al di sopra della Chiesa, in quanto istituzione umana.

Per questo, l’imperatore d’oriente Costanzo II appoggia l’arianesimo. Egli impone vescovi ariani in quasi tutte le sedi episcopali del suo regno.

L’arianesimo in oriente appare una minaccia lontana, fino alla morte dell’imperatore d’occidente Costante. A quel punto, anche l’impero di occidente ricade sotto il potere di Costanzo II, che inizia a operare secondo i suoi scopi. A Milano, viene nominato un vescovo ariano, Aussenzio. Nel 374, Aussenzio muore. Chi potrebbe prendere il suo posto? I cattolici milanesi vedono una occasione per recuperare il controllo della sede episcopale. Vogliono nominare un vescovo fedele alla dottrina originale.

La scelta del clero e del popolo cade su Ambrogio, eletto per acclamazione popolare. Egli tenta di resistere, addirittura con la fuga. Fa di tutto, per far cambiare idea ai milanesi. Arriva persino a far entrare in casa propria delle prostitute, sperando di sollevare lo sdegno dell’opinione pubblica. Alla fine deve accettare la volontà del popolo e del clero.

Ambrogio viene battezzato il 30 novembre del 374. Poi si procede, più speditamente possibile, alla sua ordinazione, quel 7 dicembre, in cui viene commemorato. (di solito, la commemorazione dei santi avviene nel giorno della morte).

Ambrogio accoglie con piena responsabilità il suo ruolo e si mette a studiare. La buona conoscenza del greco gli permette di leggere le opere dei cristiani d’oriente. Legge e studia incessantemente, alternando questa attività ai doveri di vescovo.

Comincia a comporre opere di dottrina e tiene sermoni bellissimi davanti al popolo. Più che mai si conferma un self made saint.

Nella predicazione unisce tutti i suoi talenti: la cultura, la fede, l’abilità oratoria che gli deriva dalla carriera di magistrato, dando vita a discorsi memorabili. Ad alcuni di questi discorsi assisterà un giovane e brillante retore di origine africana. Si tratta di Sant’Agostino di Ippona, che ne scriverà nelle sue Confessioni. All’epoca Agostino non è ancora interessato al cristianesimo, ma già ammette il fascino esercitato su di lui dalle parole di Ambrogio.  

Nel 386 si crea una situazione spinosa. Giustina, madre del giovane imperatore in carica, Valentiniano II, è di fede ariana e cerca di promuoverla, a discapito del cattolicesimo. Il suo piano è destituire Ambrogio e sostituirlo con Mercurino Aussenzio. Vuole trascinare Ambrogio davanti a una commissione, incaricata di giudicarlo.

Ambrogio procede con fermezza: non apparirà di fronte a una giuria imperiale, perché delle cose divine non possono giudicare i laici. Non consegnerà nemmeno una delle basiliche della città, per il culto ariano. Coi milanesi, si barrica nella basilica Portiana, occupando anche la basilica nova (Santa Tecla, poi conglobata nell’attuale Duomo). Qui resiste all’assalto delle truppe imperiali.

L’opposizione promossa da Ambrogio è pacifica e allietata dai canti. Ambrogio per primo li introduce, mutuandoli dal rituale orientale. Se ne serve per mantenere alto il morale degli assediati. Da quel momento, gli inni sacri diventano parte della liturgia latina.

Ambrogio fa sapere all’imperatore che le cose divine, come le basiliche, non sono sotto l’autorità imperiale, che non può disporne. Il momento di massima tensione si raggiunge durante la settimana santa del 386. Il giovedì santo, 2 aprile, l’imperatore cede alle argomentazioni di Ambrogio e ordina di togliere l’assedio.

Ambrogio ha vinto, ma soprattutto ha vinto la sua tesi: quella che nessun uomo, nemmeno l’imperatore, sia al di sopra di Dio.

Pochi anni dopo, nel 390, il vescovo di Milano riaffermerà questa posizione, in una situazione differente. Teodosio, imperatore cattolico, si rende colpevole di un grave strage. A Salonicco, durante una sommossa popolare, la folla uccide un comandante romano. Teodosio permette alle truppe una rappresaglia sui cittadini inermi. Secondo le cronache del tempo, muoiono settemila persone.

Quando Teodosio torna a Milano, Ambrogio lascia la città. Invece del vescovo, l’imperatore trova ad attenderlo una sua lettera. Ambrogio lo invita a fare penitenza, per il grave peccato di cui si è macchiato. Teodosio rimane sbalordito, ma alla fine accetta.

Farà penitenza pubblica, assistendo alla Messa in disparte, insieme agli altri penitenti, digiunando e astenendosi dall’eucarestia, per circa sei mesi. Questa umiltà dell’imperatore commuove tanti fedeli e lo stesso Ambrogio.

Quando Teodosio morirà, precedendo Ambrogio di soli due anni, il vescovo di Milano reciterà il suo elogio funebre, ricordando che l’imperatore preferiva chi lo rimproverava a chi lo adulava.

Poco dopo, anche Ambrogio si prepara a morire, pregando. L’agonia inizia il venerdì santo del 397, nel pomeriggio. Il vescovo di Milano renderà la sua anima il sabato santo, il 4 aprile. Resterà il primo self made saint di Milano.

seguimi sul blog: www.AnnaPorchetti.it.

il mio libro si trova qui: https://amzn.to/3VqM5nu