Le dimensioni contano?

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Le dimensioni contano?

Quando parliamo della libertà di espressione e della professione di fede, dobbiamo prendere le misure? Qualche giorno fa è scoppiata una polemica social. Protagonista una giornalista del Tg.

https://www.fanpage.it/spettacolo/programmi-tv/marina-nalesso-conduce-di-nuovo-il-tg2-con-il-rosario-al-collo-sui-social-scatta-la-polemica/

Cosa ha fatto? 

Spaccia droga?

Collabora con la criminalità organizzata?

Lucra sulla pedopornografia?

Traffica in armi?

Ha ucciso qualcuno a sangue freddo?

No. Peggio.

In una edizione del TG, è andata in onda con un rosario al collo.

Il che, in Arabia Saudita, è un grave reato. 

Ma la giornalista di cui parliamo, non è corrispondente per il medio oriente 

Non vive a Jedda o a Riyad.

No. Lei vive in Italia. 

Nella democratica, tollerante, inclusiva Italia. Un paese che tutela la libertà religiosa nella Costituzione. Fra i diritti essenziali dell’uomo.

Eppure, c’è chi ha chiesto che fosse sospesa dal suo incarico.

Perché? 

Qualcuno sostiene che la televisione è di tutti.

Il che, per lo meno nella lingua dei laicisti, significa che le persone che ci lavorano non possono mostrare di avere un credo religioso, visto che non tutti i telespettatori lo hanno.

Lo trovo uno spunto interessante 

Secondo questa logica, siccome non tutti i telespettatori hanno le stesse idee politiche e la TV è di tutti, nemmeno i giornalisti dovrebbero avere le loro.

Credo che, se si dovessero sospendere tutti i giornalisti che hanno mostrato un’appartenenza politica, il telegiornale lo condurrebbero -forse- i presentatori del servizio meteo. O i giornalisti di moda e costume.

E forse nemmeno (che ne sappiamo che non abbiano palesato una qualche convinzione ideologica?).

Che succede se il giornalista è ricciuto? E se la giornalista è bionda? Si potrà accettare? Visto che la televisione è di tutti, come la prenderanno i telespettatori calvi? E le telespettatrici more? Nel dubbio, sospendiamo i giornalisti tricologicamente divisivi?

È complicato, lo so. Facciamo che il primo che capisce, telefona agli altri e glielo spiega. Come al liceo, coi problemi di matematica.

Qualcuno, più magnanimo, ha detto che la sospensione è una misura eccessiva. La giornalista potrebbe rimanere al suo posto. A patto che si tolga il rosario dal collo. Perché la televisione è di tutti. E siccome non tutti sono cattolici, allora nemmeno i cattolici possono essere cattolici.

Non fa una grinza, vero?

Esiste poi il terzo partito. Quello di coloro che pensano che il rosario potrebbe al limite anche tenerlo. Ma più piccolo. Perché se è piccolo, allora ok. Ma se è grande, no.

Già me li vedo, i fautori del politicamente corretto, a disquisire della dimensione ideale della croce o dei grani del rosario o della medaglietta della Madonna.

Sopra certe dimensioni, si rischia la multa, per occupazione del suolo televisivo pubblico. Con l’aggravante degli abietti scopi religiosi. Perché diventa ostentazione. Le dimensioni contano!

Ve li immaginate, dei fantomatici vigili della brigata del politically correct? Sarebbero la versione laica della polizia religiosa iraniana. Solo che, invece di controllare se il velo sia indossato correttamente, i vigili de noartri starebbero, centimetro alla mano, a misurare i simboli religiosi, indossati dai giornalisti televisivi.  

“La croce fa due centimetri e un millimetro. Che fa, concilia?”.

“Il rosario ha i grani un decimo di millimetro più grandi della misura regolamentare, che faccio, lascio?”

Come dal salumiere.

E se il politically correct è universale, allora dovrebbe valere anche per gli altri. Perché se le dimensioni contano, allora contano per tutti!

Quanto può essere lungo un hijab, perché non sia considerato ostentazione?

Va bene fino alle spalle? O fino al torace? Sopra o sotto il punto vita?

“Signora, scusi, se va a lavorare in TV, potrebbe coprirsi un po’ meno? Mettersi in testa un foulard un po’ più piccolo? Un formato bandana. Perché sa, la Tv è di tutti”

“Lei che è ebreo, a casa sua fa come vuole. Ma se fa il giornalista del TG, ‘sta kippah non può farsela fare con un diametro più ridotto? Non gli può fare l’orlo, alla kippha? Come coi pantaloni. Sa, la TV è di tutti”

E anche i preti, se vanno a condurre una trasmissione in TV, anche fosse una trasmissione religiosa, mica vorremo che ostentino il fatto che sono preti cattolici? Davvero la tonaca gli deve arrivare alle caviglie? Non basta che copra le ginocchia, i polpacci, gli stinchi? Non sarà ostentazione?

I laici, non avendo sentimento religioso, non capiscono il bisogno che avremmo noi cattolici di indossare un rosario, anziché nasconderlo. Si fanno beffe o si sentono offesi da questa strana abitudine di voler manifestare in modo esplicito, la propria appartenenza alla comunità dei credenti.

Ma il vero problema non è capire o non capire.

Qualcuno spieghi agli alfieri del politicamente corretto che non è necessario capire sempre tutto.

È sufficiente rispettare. Anche se non si capisce.

Il credo religioso, come l’etnia o l’orientamento sessuale, sono elementi della nostra identità. Non sono accessori che puoi parcheggiare in un armadietto, come faccio con la borsa, prima di passare nel metal detector della banca. L’identità ha a che fare con quello che sei.

L’identità ha a che fare col modo in cui ti esprimi e appari.  

Sarebbe come dire a un giornalista, un attore, un cantante nero: “Scusi, quando lavora per un’azienda pubblica, potrebbe evitare di avere la pelle nera? Chi non la ha, potrebbe sentirsi disturbato dal fatto che lei ostenti la sua etnia. In fondo, la TV è di tutti”

E già che ci siamo, farei una mozione per quelle presentatrici e attrici e veline che sono così belle, alte, magre e slanciate. Potremmo chiedere loro, quando vanno in onda, di essere un po’ meno belle, un po’ meno alte, magre e slanciate? Ché la televisione è anche di noialtre normali. Noi che superiamo di poco il metro e sessanta e abbiamo la coscia importante. A noi, tutta questa ostentazione di bellezza e forma fisica, un poco ci scoccia.

Il rosario non è un ornamento. Non è una collanina, che coordini con l’outfit. La croce non è un ciondolo come un altro, legato alla moda. I segni religiosi sono parte dell’identità di chi li porta.

Non so voi, a me la situazione sembra ridicola. 

Se non fosse una tragica ostentazione di stupidità. 

Chissà se la stupidità ci rappresenta tutti o è divisiva? Chissà se si può chiedere agli stupidi, quando lavorano per la TV pubblica, di essere meno stupidi?

Per essere politicamente corretti, rispetto ai simboli religiosi, le dimensioni contano.

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