Aggiungere un’ora alla vita?

Vai al blog

I miei articoli:

Aggiungere un’ora alla vita? Che meraviglia. Ma che dico un’ora. Anche solo venti minuti. Il tempo necessario ad arrivare in ufficio (ho da poco cambiato lavoro). O dieci minuti, il tempo minimo indispensabile ad arrangiare una cena in extremis (seguitemi per altri consigli di gestione domestica scellerata). Vi vedo, che sorridete all’idea. Magari si potesse aggiungere tempo a quello che abbiamo. Moltiplicarlo. Dilatarlo.

Ho da sempre un rapporto difficile col tempo. Come tutti. Quasi tutti. Mio marito no.

Mio marito è nato in anticipo. Le fonti storiche tramandano che la sua data presunta di nascita fosse a metà giugno. Lui però, nacque due settimane prima, a fine maggio. Quando nessuno era ancora pronto all’idea di vederlo saltare fuori, sulla terra.

Da allora, non ha mai smesso di essere in anticipo. Non in orario, cosa bella e doverosa. No, lui arriva sistematicamente prima dell’orario concordato. E non in misura trascurabile. Non cinque minuti, un anticipo minimo e quasi fortuito. Di quelli che ti capitano se ci metti meno del previsto a trovare parcheggio o in strada non c’era traffico.

No, il suo arrivare prima si misura in multipli del quarto d’ora. Un vero e proprio lusso, in un modo come il nostro, dove ogni secondo vale moltissimo.

Io, ad esempio, preferisco scusarmi contritamente di un ritardo, che arrivare in anticipo.

E non mettetemela giù dura anche voi, come sento fare a tanti. Ci sono quelli che dicono che la puntualità è una questione di rispetto, e che chi non è puntuale non è serio, eccetera eccetera.

In realtà, se sei una mono moglie pluri-mamma con un lavoro impegnativo, arrivi in ritardo, perché quei minuti ti servivano proprio. Di solito erano proprio quelli indispensabili a completare un qualche ciclo essenziale, nell’economia della tua giornata.

Tipo, mancano sette minuti giusti giusti per la fine del ciclo della lavatrice. Attesi i quali, puoi mettere il bucato nell’asciugatrice. Così, il ciclo di asciugatura sarà completo al tuo rientro.

Oppure, ti occorrono nove minuti e mezzo per riempire la lavastoviglie e farla andare, in modo da poter poi riporre piatti e bicchieri puliti a fine serata. Pronti per il giorno successivo. E non chiedetemi perché, ma in questa casa mancano sempre stoviglie e bicchieri. Continuo a comprarne e non abbiamo mai 5 bicchieri puliti contemporaneamente. Sospetto che in casa nostra vivano delle gnome in età da marito, che si stanno mettendo da parte il servizio di bicchieri per la dote, a spese mie.

Avere un’ora in più nella vita, per me è l’oggetto del desiderio (appena dopo una Cassandre matelassé di YSL e gli stivali sr Alicia di Sergio Rossi).

Tutte queste sono cose che mio marito non ha mai vissuto. Lui, con l’eleganza, la nonchalance e la prodigalità che lo caratterizzano, si prepara con largo anticipo, si muove un secolo prima e arriva, anche al netto di eventuali imprevisti, sempre parecchio in anticipo al suo appuntamento, all’apertura di qualunque ufficio, sportello, negozio, gate aeroportuale.

Lui non ha mai provato il misto di panico e senso di colpa di arrivare all’aereo mentre l’altoparlante annuncia l’ultima chiamata per il volo. Né è mai saltato su treni praticamente in corsa. È immune dalla fissazione collettiva per la gestione del tempo che abbiamo noialtri, nel mondo reale.

Perché il tempo è davvero un oggetto misterioso. Ci ingegniamo di misurarlo, contarlo, organizzarlo. Cerchiamo di sfruttarlo al massimo. In questo -modestamente- io sono maestra, sono la regina incontrastata dell’intanto che aspetto questo, faccio quest’altro. Se fosse uno sport agonistico, vincerei qualche medaglia.

Ciononostante, il tempo, continua a sfuggirci. A scorrere secondo il suo immutabile corso, che a noi sembra sempre troppo veloce, per farci stare dentro tutto quello che vogliamo. Una cosa inutile e frustrante, perché, come ricorda Gesù: “chi di voi, per quanto si dia da fare, potrà aggiungere un’ora sola alla sua vita?”. Proprio perché non possiamo controllarlo, il tempo controlla noi e trasforma le nostre vite in una perenne corsa verso qualcosa.

Qualche tempo fa ho visto un video di Scifoni sugli arcangeli (il video lo trovate qui https://www.youtube.com/watch?v=UAsjy3MO_uk).

Lì il comico cercava di capire cosa ci fosse si speciale nel contemplare per l’eternità il volto del Signore. E si chiedeva: “Ma ‘sti arcangeli, a una certa, non si annoiano?”

Effettivamente, a vedere la cosa con il metro umano, è proprio così. Sai quante cose potresti fare avendo tutta l’eternità davanti? E invece ne fai una sola, sempre la stessa e ne sei pure felice. Com’è possibile?

Per noi è incomprensibile, perché siamo schiavi del tempo, del bisogno di riempirlo di attività, prima che passi del tutto e ci consegni alla morte. Ma se eliminiamo la morte, se ci sbarazziamo della durata limitata della vita terrena e invece riportiamo tutto all’esperienza ultraterrena del paradiso, allora il tempo non ha più importanza.

Non va più organizzato, ottimizzato, sfruttato al massimo. Né c’è più la paura di perderne, di non averne a sufficienza, di esaurirlo. Non si vive più cercando di prepararsi a quello che verrà dopo. Il dopo è già arrivato e non ci sono altri traguardi da raggiungere. Non esiste più il passato e non esiste un futuro. Tutto è immerso in un presente eterno in cui ci si può dedicare a una attività sola, in continuo, la contemplazione del volto di Dio.

A me, che da una vita lotto, guardando l’orologio e contando i minuti, sembra una bella notizia.

Speriamo però di non arrivarci con troppo anticipo.

seguimi sul blog: www.AnnaPorchetti.it.

il mio libro si trova qui: https://amzn.to/3VqM5nu

un'ora vita unora vita