Di nuovo venerdì… finalmente!

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I miei articoli:

Venerdì! E’ di nuovo venerdì, finalmente! La settimana è stata pesante. Tutte le persone che conosco hanno fatto il ponte dei santi.

Tranne me.

Perché, sappiatelo, è sempre così. È vent’anni che lavoro con l’estero e ho potuto riscontrare che le nostre feste comandate non coincidono mai con quelle degli altri.

Con le feste dei nostri clienti.

Dei nostri colleghi di altre filiali.

Col calendario delle fiere, dei congressi, degli eventi.

Ho lavorato di venticinque aprile, di due giugno, di sette dicembre. Ho lavorato persino il primo maggio, che è la Festa dei Lavoratori, ma solo al di qua dell’oceano. Gli americani, ad esempio, se ne sono fatta una tutta loro, si festeggia a settembre e ovviamente non si tocca.

Anche quest’anno, immancabilmente, la fiera più importante dell’intera galassia cadeva proprio nel ponte di Ognissanti. E quindi ho preso l’aereo all’alba e ho pattugliato la fiera per la sua intera durata. Da quando hanno aperto i cancelli a quando ci hanno gentilmente invitati ad andarcene, perché dovevano chiudere.

Le fiere sono una delle attività più faticose che esistano. Per lo meno nel mio campo (sì, immagino che chi lavora in miniera, abbia una idea diversa di cosa sia la fatica).

Gli eventi come questi somigliano a gigantesche fiere degli Obei Obei (mercatino natalizio milanese, che si tiene ogni anno fra il 7 e l’8 dicembre).

Come in tutti i mercatini di Natale, si gira per i padiglioni.

Di solito si va mirati a specifiche bancarelle, individuate e selezionate con attenzione, giorni o settimane prima.

Senza perdere d’occhio tutte le altre, ché a volte le occasioni migliori si trovano quando non le cerchi.

Così facendo, si arriva a camminare per dieci, dodici chilometri. Pur rimanendo entro i pochi metri quadrati del padiglione fieristico.

Per questo, se già il venerdì è la giornata più attesa in condizioni normali, potete ben immaginare come lo sia questa volta. Non vedo l’ora di svenire sul divano, ma solo dopo aver letto un numero esorbitante di pagine di un buon libro.

La mia lettura consigliata del venerdì è un libro di Livia Carandente, scrittrice e giornalista, che ho conosciuto da pochissimo. Il titolo è: “Quanti figli hai?”

Sono obbligata a darvi un’avvertenza: cominciatelo se avete un po’ di tempo libero, perché non riuscirete facilmente a mollarlo. Io l’ho letto praticamente d’un fiato.

Si tratta di una storia autobiografica. L’autrice consegna in quelle righe il racconto della sua maternità a lungo mancata: dell’attesa, della delusione, del dolore fisico e psicologico, delle battute inopportune di amici e parenti. Con un ritmo incalzante, Livia ci racconta tutte le peripezie affrontate, tutti i pensieri e gli stati d’animo sperimentati.

Il tutto con profondità e sguardo di fede, e condito da momenti di humor.

Perché, anche nelle situazioni più difficili, questa futura mamma meravigliosa non perde mai comunque quell’ironia, che contraddistingue il suo stile.

Il libro parla di una donna che, quando rischierebbe di perdersi nell’amarezza, in realtà trova sé stessa, riesce, prima che a diventare madre nella carne, a farsi madre nello spirito e quindi accogliente, premurosa, pronta a farsi piccola, per fare posto agli altri.

Livia dimostra, con la sua storia, che soffrire è inevitabile, ma si può trasformare il dolore in grandiosa opportunità di amare, perché se la sofferenza rende solo infelici, vuol dire che l’abbiamo sprecata.

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