“Non devo farlo più”.
Dovrei scriverlo a caratteri cubitali su un post it (per quanto cubitali possano essere i caratteri che stanno su un quadratino di carta) e appendermelo bene in vista. Per esempio, sullo schermo del computer portatile, che troneggia sulla scrivania dello studio. Perennemente spento. Così, almeno mi servirebbe a qualcosa, visto che non ho mai imparato a collegarlo.
Oppure sullo sportello del frigo. Stando ben attenta a non seppellirlo fra le bollette, il calendario scolastico o le ricevute della tintoria. Perché lo sportello del mio frigo non è per niente ordinato. Non somiglia a quelli dei telefilm americani. Sembra il fondo disordinato di uno dei miei cassetti. L’unica differenza è che le cose sono disordinate in verticale.
Oppure, potrei tatuami la frase in qualche zona ben visibile del corpo. Tipo sul dorso di una mano, così poterei leggerla più volte al giorno. E non dimenticarla. Se non fosse che odio i tatuaggi.
Dovrei trovare un metodo per avere questa frase sott’occhi praticamente sempre. E resistere alla tentazione.
Non devo farlo più. Devo resistere alla tentazione di appioppare a ogni scapolo che incontro un’amica ancora nubile.
Basta combinare appuntamenti al buio.
E’ ora di smetterla di disseminare i miei discorsi di allusioni, apparentemente casuali, a quella bella persona che ho appena conosciuto e che non vedo l’ora di presentarti!
Non devo farlo più. Anche se mi piace da morire. E’ il mio hobby principale.
Il fatto è che io amo, non dico combinare matrimoni (non esageriamo) ma provare, con tutte le mie forze, ad accoppiare gli amici. Studio con estrema attenzione i loro caratteri, i gusti, la personalità, per concludere un abbinamento perfetto. Quasi perfetto.
Il problema è che non ci azzecco mai. Sono sempre convinta che i due si piaceranno.
E si innamoreranno.
Magari un giorno racconteranno ad amici, parenti, genitori, persino ai figli e nipoti che è tutto merito mio. Diranno che tutto è iniziato sul divano rosso ciliegia della mia sala, quello con una patacca grigia, di ignota origine e resistente ai miei tentativi di smacchiatura.
I due magari si piacciono. Si vedono anche dopo. Vanno al cinema, al ristorante, fanno una gita sul lago oppure al mare. Ma poi l’idillio finisce. Si esaurisce nel giro di qualche appuntamento. Il tempo che l’emozione vada scemando, non sostituita da sentimenti più profondi.
Visto che ci metto tutto questo impegno a combinare le coppie, com’è che non funzionano mai?
La verità è che non basta piacersi. Non basta incontrare un abile conversatore, una ragazza simpatica, una bella persona. Perché da un incontro nasca una unione, ci vuole molto di più che suscitare un’emozione. Per questo, ogni giorno, storie d’amore nate benissimo, finiscono. Le emozioni sono belle, importanti, ma non sono tutto. Il loro contributo alla riuscita di una relazione è limitato. E sopravvalutato.
Al fondo della questione c’è che le emozioni sono segnali prodotti dalla pancia e dal cuore.
E non si ama solo con la pancia o con il cuore. Si ama con la testa. Soprattutto con la testa, se si tratta di ragionare a lungo termine. L’amore della vita è una libera scelta. Non va scambiato con l’appetito. Perché l’appetito finisce, si sazia, potrebbe incuriosirsi di nuovi sapori e nuove esperienze gastronomiche.
Più che condividere sole emozioni, batticuore e farfalle nello stomaco, abbiamo bisogno di avere in comune la concezione della vita, di quello che conta e ciò in cui crediamo. E fra quello in cui crediamo, includo il matrimonio. Sacro. Indissolubile. Valido finché morte non ci separi.
Una unione che non è un patto fra due esseri umani. Una promessa solenne fatta davanti a Dio, una relazione permeata di Spirito Santo. Un matrimonio che ci trasformi da due persone sole a una sola persona in due. Non accontentiamoci di niente di meno di questo. Altrimenti è difficile che funzioni e sia bello sempre e per sempre.
Bisogna che mi scriva anche questo. Su un altro post it. O magari sullo screensaver del telefono. Devo solo capire come si fa.
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