Non di sola borsa vive la donna!

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Non di sola borsa vive la donna. Per quanto…

Avete idea di quanto possa essere bella una borsa matelassé di Prada?

Incrocio una conoscente, che mi riversa addosso una serie di lagnanze. Il fidanzato latita. Il cane si è intristito. Il capo non lo regge più. La tinta non è venuta bene. Lei è ingrassata e sti due chili in più non riesce proprio a perderli…

Intanto cerco una scusa, per sottrarmi a questo diluvio di pesantezza, qualcosa tipo:

Mi spiace cara, devo proprio andare. La mia auto ha un dispositivo di auto-distruzione, che posso disattivare solo entro i prossimi due minuti.

Ci conviene darci alla fuga, il Meteo dice che è prevista la caduta di un asteroide fra poco, precisamente in questo punto.

Resterei qui ad ascoltarti per ore. Purtroppo mi chiude la farmacia e se resto senza cerotti è una tragedia.

No, scusami proprio, ma mi sono appena ricordata di aver lasciato aperto un rubinetto, a quest’ora viale Monza sarà come il Canal grande.

Poi mi scivola l’occhio.

Su di lei. Essa. Quella lì. La Prada matellassé.

Nera. A tracolla. Cuoio spazzolato. Bella da paura.

Una borsa che farebbe innamorare la più schizzinosa, incontentabile fashion victim. Figurarsi che effetto può fare su di me, una normodotata che non riesce a resistere al fascino di una nappa morbida o di un cuoio spazzolato.

Intanto che la tizia mi parla (non ci sono più le mezze stagioni, aumenta il prezzo della benzina, la verdura di Serra non sa di niente), io mi lambicco il cervello con alcune questioni di vitale importanza.

Cose come: ma è una collezione nuova o è una borsa di repertorio?

Però, per essere vintage, sembra praticamente nuova.

In principio ci fu la storica 2.55 di Chanel, la borsa a tracolla lanciata da Mademoiselle nel 1955 (gran parte di noi non erano ancora nate), che da sempre fa tendenza. A parte lei, ultimamente il matelassé è tornato.

L’aveva azzardato persino Furla Lasempiterna, in un modello di tre anni fa (andato subito esaurito, un esemplare finirà al Guggenheim fra vent’anni).

No, dico: Furla. Una marca così conservatrice, che la borsa di Furla sfoggiata sei mesi fa dalla regina Elisabetta, potrebbe essere del 1956 e nessuno se ne accorgerebbe (scherzo: la regina Elisabetta non ha mai sfoggiato borse di Furla).

Ma non divaghiamo.

Il secondo quesito è: questo magnifico, scenografico, spettacolare esemplare di borsetta, sarà autentico o no?

Perché, se è vero che il Pampero si beve nei peggiori bar di Caracas, è vero anche che Prada si vende molto nelle migliori spiagge del Salento. E non solo.

Reprimo a stento il desiderio di tirare fuori il cellulare e googlare “borsa Prada nera matelassé” per togliermi il dubbio e capire di che collezione sia. Non sarebbe carino, nei confronti della mia simpatica amica mitomane, che mi sta di fronte e continua a darmi il puntuale elenco delle sue disgrazie.

Perché è vero, puoi possedere anche la borsa più bella di sempre, anche in più esemplari, anche in colori diversi. Ma se hai il cuore pieno di amarezza, non sarà questo a fare la differenza.

Lo sapeva bene Gesù, quando il demonio provò a tentarlo nel deserto. Lui era a digiuno da quaranta giorni. No, dico: a-digiuno-da-quaranta-giorni. Altro che dieta zero carboidrati. Non so voi, ma io, già al primo pasto saltato, comincio a soffire di allucinazioni (cose come: tuffare la faccia in una cofana di pastasciutta o spazzolarmi da sola una teglia di lasagne o mangiare una sacher affogata di panna montata).

Il demonio vuole tentarlo, sventolandogli di fronte la prospettiva di mangiare (o, nel nostro caso, di una bella borsetta dal design splendido).

Ma Gesù sa che non è il pane, quello di cui ha veramente, profondamente bisogno. Perché non di solo pane vive l’uomo. Ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.

E lo stesso vale per noi. Non di sola borsa vive la donna. Una borsa non ti riempie il cuore. Nemmeno se è bellissima. Nemmeno se è originale. Non basta. Non parla alla nostra anima. Al massimo ai nostri sensi. Alla nostra vanità. Al nostro bisogno di illusioni e conferme.

La nostra fame di Dio, di amore, di trascendenza, di misericordia, di infinito, non si sazia con oggetti di questo mondo, ma con l’esperienza del divino, con la preghiera, con l’ascolto della parola.

Però, senza offesa per nessuno, era un gran bella borsa.

non di sola borsa vive la donna

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